Uno sguardo ellittico sulla vita, sulla famiglia, sulle cose materiali e i valori che la cavalcano. La freschezza e la pudicizia del racconto proposti da Assayas gli permettono di avvicinarsi allo spettatore parlando direttamente a cuore e mente. La solitudine si aggrappa agli oggetti e il sentimento diviene materiale; la sfuggente tensione tra fratelli implode nel minimalismo e nella disgregazione, nell'elaborazione del lutto e nella mera condivisione/suddivisione. E guai a fermarsi, guai a riflettere di ciò che sarà. Intimo e sentito.
I film di Assayas durano solo 90 minuti. Sono sobri, lineari, limpidissimi; hanno nondimeno una potenza evocativa che spalanca la mente e parla al cuore. In queste ore d'estate si susseguono tre generazioni, il languore s'infrange nel trapasso culturale, nella rimozione asciutta, senza lacrime, del passato. Gli oggetti sono arte e storia, bene pubblico e privato. Edith Scob è sospesa sulle immagini come spettro della memoria. Inedita Juliette Binoche: dimessa, mediocre, bravissima. La camera a mano - acrobatica, agile, invisibile - insegue i personaggi con assidui pianosequenza emozionali.
Come in molti film di Assayas, sia pur in maniera meno compiuta e riuscita di opere più recenti, una riflessione originale (guastata certo da un intellettualismo pertinente ma non per questo meno indigesto a tratti) sui rapporti tra esistenza personale e culturale. Qui la vicenda decisamente "esemplare" del parallelo tra la casa-museo di Hèlene (col suo compendio di arte e vita vissuta) e i percorsi di allontanamento dei figli (con la decisione sofferta ma naturale di abbandonarla) segna un rimpianto sofferto ma inevitabilmente naturale. Tra Caccia alle farfalle e Milou a maggio.
MEMORABILE: La visita dell'anziana domestica che prende un vaso dalla casa della padrona come ricordo.
Ritratto di famiglia altoborghese in cui, venuta meno la madre, i tre figli devono prendere in carico l'eredità di una bellissima villa piena di opere d'arte e arredi importanti. Dopo una qualche tensione, si mettono d'accordo per alienare la proprietà nel modo meno traumatico possibile. Più bella e interessante la prima parte, psicologicamente giusta, mentre il resto si dilunga troppo nelle fasi dell'eredità, della valutazione e destinazione dei vari pezzi con in più qualche divagazione che non porta a nulla, compreso un epilogo che chiude in qualche modo il cerchio generazionale.
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