Due minatori sono amici per la pelle, ma una donna turba il loro rapporto. Un giorno scoppia un incendio nella miniera in cui lavorano. Melodrammone di dodici minuti in cui Perret racconta una storia che potremmo definire classica e, pur nella sua brevità, di buon respiro. Nulla viene risparmiato allo spettatore, compreso il finale tragico. Peccato che la drammaticità del tutto sia smorzata da una recitazione eccessivamente teatrale - ma non è una novità per l'epoca - che qui provoca effetti di ridicolo involontario e da una certa prevedibilità degli sviluppi narrativi. Modesto.
Due amici minatori, nonostante il matrimonio di uno per la ragazza amata anche dall’altro; e poi l’incendio. Sono passati appena cinque anni dal più grande disastro minerario della storia europea, a Courrières con 1.099 morti (e sei anni dal film Au pays noir) e Perret porta sullo schermo il dolore di un’intera nazione attraverso le immagini quasi documentarie della tragedia, calandola nella normalità quotidiana e umile di un amore, per concludere sulla potente immagine della madre in lutto. Una pellicola quasi catartica, comunque impressionante.
Molto particolare è il finale, con la madre del minatore scomparso che resta lì, al lato sinistro dello schermo, nel suo dolore. Posizione scelta, la sua, si può presumere per dare naturalezza alla cosa, senza quindi cambiare inquadratura e spostarla al centro del quadro. Film che parla di amicizia, di eroismo, di morte. La parte più interessante è quella con il fumo che fuoriesce dal pozzo minerario e del terrore che pervade tutti, testimononianza di fatti non rari, all'epoca. Perret già qui fa notare il suo interesse per la direzione delle masse, che metterà a frutto in futuro.