Unico film di mafia per l’ex specialista in western Demofilo Fidani (che si ferma Nedo La Fida), il quale dal lontano West (si fa per dire) si porta dietro l'eroico Jeff Cameron. LA LEGGE DELLA CAMORRA è un confuso concentrato di onore e sangue in cui la parte del leone la fanno le lunghe sparatorie (più qualche scazzottata), per le quali Fidani cerca di ricreare lo stesso tipo di “coreografie” spettacolari usate nei western. In parte va detto anche che vi riesce e non sono affatto disprezzabili alcune inquadrature particolari, pur se a volte un po' forzate. In una storia divisa tra la Sicilia (il presente) e New York (attraverso lunghi flashback che costituiscono l'ossatura principale del film),...Leggi tutto Fidani cerca di ricreare alla bell'e meglio (ma con uno stile personale) il mondo di Coppola e Scorsese, abusando delle brutte musiche “swingate” di Lallo Gori. Montato in modo approssimativo, recitato senza particolare convinzione ma senza nemmeno demeritare, LA LEGGE DELLA CAMORRA non si discosta come idee di fondo dai tanti prodotti nostrani del periodo: sempre vecchie vicende legate al traffico della droga e alla sua difficile gestione da parte dei “padrini”, sempre un “cane sciolto” che per motivi suoi e contingenti finisce per impazzire uccidendo tutti quelli che gli capitano a tiro. Eppure, nonostante la palese povertà di mezzi, gli evidenti limiti del cast e altri inevitabili difetti riscontrabili in gran parte dei B-movies italiani, Fidani offre un film se non altro scorrevole e bizzarro, fotografato bene e, per gli aficionados, godibile. E viene in mente Carosone: "Tu vuò fa' l'americano, mericano...".
Fidani apre una parentesi nella sua carriera western e prova a cimentarsi nel noir. I risultati sono assai deludenti: trama confusa e appesantita da continui flashbacks e scene d'azione girate in modo grossolano (soprattutto le scazzottate). Nei ruoli principali compaiono i soliti Dino Strano e Jeff Cameron, oltre a Simonetta Vitelli - qui accreditata come "Mariangela Matania" - il cui volto risplende in numerosi primi piani e vale da sè tutto il film.
MEMORABILE: Il taglio delle orecchie, poi inviate in una scatola di latta di biscotti Pavesi.
Soporifero. Di solito questo tipo di sottogenere non mi annoia mai, per quanto povero o grottesco possa essere, ma qui andiamo decisamente oltre la soglia del sopportabile. Fidani firma una sceneggiatura poco chiara e con numerosi flashback che finiscono coll'irritare lo spettatore, anche perché a livello scenografico la differenza tra i due piani temporali è minima se non inesistente. Insomma, un film malriuscito al di là della pochezza produttiva.
Dispiace ma a volte occorre; dispiace criticare un'opera del mitico Demofilo Fidani, regista di stra-cult inossidabili del nostro cinema di genere: (Giù la Testa Hombre!, Per una bara piena di dollari, Quel maledetto giorno... per citarne alcuni). Non si tratta assolutamente né di criticare la regia né l'ambientazione, tantomeno gli attori. Quello che a mio giudizio non funziona come deve è la storia in sè: ci sono molti tempi morti e il film alla lunga finisce con il perdersi. Eppure per Fidani le pistole non hanno mai discusso...
MEMORABILE: I momenti memorabili sono quelli in cui appare lo stupendo viso di Simone Blondell...
A livello narrativo è il film più ingarbugliato che abbia mai visto in vita mia. Troppi personaggi, abuso del flashback, storia incasinata. Peccato, perché si vede che Fidani ci sa fare con la macchina da presa. Strano anche il titolo, in una pellicola in cui più che di camorra si parla di mafia. Non riuscito.
Film confuso, caotico e in buona parte anche noioso. Il regista Demofilo Fidani, ottimo nel suo campo, qui si avventura in un territorio nuovo. Il cast è composto da validi caratteristi degli anni Settanta. Nel film si vedono continui flashback tra una location e l'altra (sempre a Roma). Visto una volta difficilmente torna la voglia di rivederlo... Dimenticabile.
Delirante “padrino” d’imitazione, assurdo nella trama, zeppo di grotteschi anacronismi, penoso nella recitazione, privo di qualunque traccia di regia e di montaggio, il film – se tale si può chiamare questa informe e insensata successione di immagini che farebbero arrossire il più scalcinato dei cineamatori – rientra a pieno titolo nella gloriosa tradizione ultratrash dell’instancabile Fidani, coadiuvato come sempre da moglie e figlia nei sedicenti ruoli di sceneggiatrice - scenografa e attrice.
Ben al di sotto della sufficienza! Ok pestaggi, sparatorie, gangster, azione, che certo non mancano, ma non si aggiunge niente di nuovo quando un massacro continuo porta un boss in fin di vita a redimersi e ad ammettere che i legami di mafia e camorra, considerati sacri per una vita intera, sono in realtà marci, mentre gli unici legami veri sono solo con Colui che tutto vede e sa e che un giorno ci giudicherà. Un po' pochino, eh?
Cultissimo noir Fidaniano! Sembra di assistere ad un western del nostro regista, quello che fa la differenza sono le auto al posto dei cavalli e l'abbigliamento diverso. Il film è abbstanza godibile e movimentato come i canoni del genere ma l'unica cosa forse che si nota è la non differenza di tempo tra il passato ed il presente (ma alla fine che vogliamo di più se il budget è quello che è). Le facce di Cameron, di Stratford, di Pacifico e soprattutto della splendida Simonetta Vitelli a noi sono sempre piaciute. Stracult.
MEMORABILE: Benito Pacifico resuscita non so quante volte ed appare con e senza baffi ma sempre con il grilletto facile in diverse scene.
Conoscendo buona parte della filmografia del regista, non lo si può neppure definire "incredibile". Il meccanismo a flashback, che comporta anacronismi, aumenta la difficoltà nel capirci qualcosa. Fra il poco che si comprende c'è il fatto che la presunta New York è Roma (pini marittimi a volontà, ma perfino il laghetto dell'EUR...). L'unico a recitare per davvero è Marco Guglielmi. Si salvano, con lode, gli occhi della Vitelli. Troppo poco.
Uno dei punti infimi del cinema dei Settanta, tanto da assurgere a piccola Bibbia della sua negazione. Trama, dialoghi, musiche, costumi, ambientazioni, sfidano, da subito ogni credibilità e logica deragliando nei territori di un ridicolo talmente crasso che si stenta persino a credervi. Dopo la prima mezz'ora è quasi insostenibile e sublima (almeno per i cinefili) in dura prova di resistenza fisica e psicologica.
Difficile trovare qualcosa di salvabile in questo guazzabuglio incomprensibile. Trattasi di un gangster movie nostrano con un budget così basso che New York viene trasferita a Roma. Ma questo non è il peggio, perché la cosa più assurda è la storia: dovrebbe essere una specie di saga familiare mafiosa ma non si capisce proprio nulla dei rapporti tra i vari personaggi, anche per i continui salti temporali dal passato al presente. Il montaggio getta lo spettatore ancora più in confusione. Non è noioso, ma troppi sono i difetti. Cameo per Piero Del Papa.
Storia di gangster del passato raccontata tra un caffè e una sigaretta che avrà poi un finale nel presente, forse più o meno razionale. Perché la vicenda è raccontata in modo raffazzonato e il film è una composizione di scene, a volte poco legate tra loro, consistenti in scazzottate e sparatorie. La violenza tosta latita e il fascino dei 70s soccombe alla mancanza di una sceneggiatura solida, oltre che di mezzi economici. La regia non riesce ad addomesticare tutto il caos sottostante e il film deraglia inevitabilmente, risultando davvero evitabile anche per gli specialisti del genere.
MEMORABILE: Lui in crisi di astinenza, ma ancora infallibile con la pistola!
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