Intimità proibita di una giovane sposa - Film (1970)

Spiace vedere il grande Rossano Brazzi in un film del fratello di livello basso come questo. Incomincio dicendo che il finale è "interminabile" e fa innervosire il già povero spettatore. Altre scene non sono da meno, come Brazzi che gioca a scacchi da solo o la Rodi che farnetica continuamente con frasi polselliane (eh sì, la sceneggiatura e non solo è anche sua), mentre il secondo tempo è molto noioso e di nudità ce n'è veramente poche (i titoli di testa facevano ben sperare...). Da salvare solo le musiche poetiche di Cipriani.

Va bene che il soggetto è di Renato, ma Brazzi ce la mette proprio tutta ad impiegare un ritmo da era geologica; tanto che se alla fine arriverà l'ormai famoso bluff spazio-tempo del Gran Maestro, ormai sarà già game over e non inciderà più né sull'inerzia né sul risultato. Meglio che ognuno si tenga il suo, per la condivisione: nel Giorno del Giudizio ci sarà Internet, ma per quest'opera c'è solo delusione e tanta. Tre attori egregi in Coralba sono pessimi, in questo film (Brazzi, Petretto e Lagrange).

Mattonata non da poco, questo feuilleton in costume (tratto da una novella di Balzac: quale?) con protagonista un poco ispirato Rossano Brazzi attorniato da varie attrici tedesche (il film è una coproduzione). Insostenibile, con lunghi vagheggiamenti da parte dei personaggi coinvolti nel triangolo amoroso. Involontariamente ridicolo il giardiniere che al giorno del matrimonio del suo padrone si arrabbia in cucina (vedere per credere!). Insostenibile anche perché il titolo prometteva qualcosa di erotico, mentre invece si tratta della solita polsellata.

Se il film deriva da un racconto (Balzac), Oscar Brazzi non fa che ribadirlo. aumentando a dismisura l'ingombro della lettararietà con vezzi autoriali - abuso di ralenti e flashback, colonna sonora con note pianistiche e vocalizzi femminili languidi e reiterati, l'accavallarsi dei finali - e dilungandosi nelle ambasce e nei sospiri degli amanti e brevi dialoghi da feuilleton. Dopo la promettente corsa bucolica della Lagrange nuda durante i titoli di testa, l'erotismo si fa quanto mai asettico. Rossano Brazzi presiede un cast di scialbissimi colleghi.

L'inizio silvestre-hamiltoniano sulle splendide note di Cipriani introduce la simbologia spirituale e verginale di Dafne e del suo uguale e contrario "buon selvaggio" profetico e istintivo. Entrambi si elevano sul farraginoso eros in alchemica simbiosi con il concepimento, la gestazione, il parto, il senso di colpa e la morte. Reinterpretando Malombra (come farà Gaburro) e la Rebecca hitchcockiana, il film introduce la tragedia greca (la sposa si chiama, non a caso, Elettra) nel feuilleton, reso gradevole anche se non eccelso, da un Polselli di riflesso.