Quattro avvincenti puntate in odore di Stargate per un'avventura targata Salgari, incentrata sulla storia di un archeologo statunitense alle prese con un mistero ancestrale nel deserto africano: quello della montagna parlante, custode dela chiave primordiale dell'umanità. Misterioso, coinvolgente, con sequenze altamente suggestive, musicate con un particolare score dal maestro Morricone. Ha un incedere calibrato in grado di far calare lo spettatore in una catarsi emozionale. Misterioso e subliminale.
Miniserie prodotta in Italia con l'ausilio di un cast internazionale (se ne fece anche una versione che uscì al cinema ma con scarso successo). Basata sul misterio di una montagna parlante, la storia non è particolarmente originale e la produzione ha messo in piedi un'opera di cui sono chiari i rimandi ai film di Indiana Jones e ai romanzi dello scrittore africano Wilbur Smith. Detto questo la serie si lascia vedere e regale qualche momento di pura evasione.
Sceneggiato Rai composto da un ricco cast di grandi volti del cinema, del teatro e dello spettacolo qui riuniti in una vicenda dal sapore salgariano. Ritmi ancorati alle regole del teleromanzo d'antan, ma resta un esercizio di stile che la nostrana televisione riusciva a imporre ancora, concorrendo con le produzioni estere (se si pensa alla mediocrità delle "moderne" fiction, c'è da riflettere).
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"Dalla televisione al cinema. Comincia a succedere e, a quanto mi dicono, succederà sempre di più, per una nuova formula produttiva che certi prodotti preferisce ormai sottoporli prima al pubblico televisivo e poi a quello cinematografico. Di questo 'Segreto del Sahara', quando è stato proiettato l'inverno scorso a puntate su Raiuno, vi ho già detto. Adesso lo hanno condensato, sveltito e forse, dal punto di vista delle cadenze narrative, migliorato. Anche se lo schema resta macchinoso e, pur dicendosi derivato dal romanzi africani, di Emilio Salgari, rivela soprattutto un tentativo scoperto di imitare i più recenti film avventurosi hollywoodiani, primi fra tutti quelli di Spielberg per Indiana Jones."
(Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 30 Maggio 1988)