Il ricatto più vile - Film (1956)

Alcuni balordi rapiscono il figlio di un ricco industriale chiedendo una cospicua somma per liberarlo. Il padre, inizialmente propenso a pagarli, deciderà in séguito di cambiare strategia. Film che non decolla mai a causa di una regia eccessivamente statica che va a depotenziare un ritmo fin troppo blando. Segal sceglie un approccio più intimista, infischiandosene di arrivare a scene portatrici di suspense, preferendo soffermarsi su tematiche quali lo sciacallaggio giornalistico e il potere mediatico della televisione. Meglio l'agile remake.

Il film affronta il dilemma morale del ricco industriale David Stannard: pagare o meno la somma del riscatto, per la liberazione del figlio di 8 anni, ai criminali che l’hanno rapito? Il regista Alex Segal sceglie una cifra espressiva tra il teatrale e il melodramma, tiene bassi i toni, rifugge dall'enfatico e dal gridato, evita le ansie e le tensioni del thrilling ma cuce ugualmente addosso al personaggio stoico dell’industriale un film ricco di sussulti intimi e di palpitazioni segrete. Peccato per il ritmo un po' lasco. Moderatamente convincente.

Un bel potenziale sfruttato solo in parte: pur relegando la componente poliziesca/thriller sullo sfondo, il regista nella prima parte crea comunque un'efficace tensione e anche il dilemma del protagonista sul pagare o meno il riscatto viene risolto in maniera piuttosto originale. Ma il moralismo tipicamente americano che permea la vicenda (il giornalista dapprima cinico ma poi devoto alla causa, il conforto nella fede in Dio) risulta abbastanza stucchevole, e anche il finale non è all'altezza delle aspettative. Bravo come al solito Ford, Nielsen era ancora in veste seria.

Quando il figlio di otto anni viene rapito, in un primo momento un ricco imprenditore acconsente al pagamento del riscatto ma poi cambia atteggiamento, anche se così facendo entra in contrasto con la moglie... Rispetto al buon remake diretto da Ron Howard, un thriller meno spettacolare, anzi piuttosto statico e verboso in quanto basato interamente sui dialoghi, ma reso comunque interessante sia dalla svolta nel plot che dall'interpretazione convincente di Ford, protagonista che, a differenza di Mel Gidson, non nasconde scheletri nell'armadio. Funzionale il resto del cast.

Una famiglia americana modello, un figlio rapito, un giornalista senza scrupoli e i media che vorrebbero vendere questo fatto di cronaca come un detersivo. Film che ritaglia gli eventi in modo monodimensionale, come a voler prima creare una riconoscibile base d’appoggio sulla quale poi stendere le proprie teorie riguardanti il blocco dei beni in caso di sequestro. Quasi un esperimento sociologico a ipotizzare le reazioni pubbliche e mediatiche riguardo a quella che sembrerebbe una strategia illogica e disumana. L’idea sarebbe anche interessante, ma la sua esposizione è confusa.