Un castello misterioso, uno strano testamento, tanti eredi e, ovviamente, svariati omicidi. Tutto farebbe pensare al più classico dei gialli. E invece, non si sa perché, il regista riempie la pellicola (ispirata al solito giallo di Wallace) di innesti umoristici che c'entrano come il cavolo a merenda e che uccidono la già pallida tensione che è abbastanza impalpabile. Solo per amanti inguaribili del genere.
L'enorme testone di Beethoven già dalla prima inquadratura denuncia l'intenzione di buttarla in farsa. Tuttavia fra gli ingredienti di una buona commedia macabra - specialità inglese - che lo specialista del krimi Vohrer prova a mescolare ne manca uno fondamentale: gli attori inglesi. Ci sono invece il monoespressivo Drache, il sovraespressivo Kinski e altri mestieranti, a recitare battute che si vorrebbero british ma sono, per lo più, crucche. Probabilmente piacerebbe a Monti.
L'abbiamo ormai capito: l'ibridazione tra macabro e umoristico è la cifra stilistica di Vohrer, e i risultati sono alterni, mediocri come ne La porta dalle 7 chiavi, brillanti come ne Il fantasma di Londra, accettabili come in questo caso: un tradizionale e serioso mistery alla Dieci piccoli indiani viene spinto sull'orlo di una piacevole demenzialità dalla deformazione in chiave comica dei personaggi (tutti semi-invasati, a cominciare dalla "pecora nera" Klaus Kinski). Mancano understatement e un po' di finesse, ma lo svago è assicurato.
MEMORABILE: Il pappagallo che gracchia "Assassino!"; la vedova nera; i nove cadaveri allineati nella cappella del maniero.
Krimi stile "Dieci piccole indiani", con suggestioni da giallo argentiano (i guanti neri), nonostante i numerosi tocchi ironici che allentano il clima thriller, il film risulta gradevole, anche per merito di un discreto cast: abbiamo Kinski artista, la notevole Elisabeth Flickenschildt nel ruolo della vedova e Drache, già visto in alcuni film italiani. Gli omicidi con sciarpa sono ben realizzati, il ritmo c'è e il pre-finale è riuscito, quasi poetico. Peccato per l'orrido finale stile barzelletta.
Come trama offre non più dei soliti clichés del giallo di matrice ereditaria e nonostante qualche richiamo al gotico (la vedova nera, i macabri sotterranei, i passaggi segreti) fa breccia essenzialmente per l’umorismo che lo pervade: dagli omaggi a Edgar Wallace in capo e in coda alle varie situazioni che hanno come protagonista il solerte maggiordomo, nonché le sedie vuote nel finale. Gli interpreti hanno scarso profilo e a farsi notare sono soltanto la faccia di Klaus Kinski e le voci degli storici doppiatori italiani.
MEMORABILE: Le battute del maggiordomo; le soggettive dell’assassino che attorciglia la sciarpa nell’atto di aggredire le vittime.
Edgar Wallace in salsa Agatha Christie ci propone un giallo a eliminazione, ambientato nel solito maniero polveroso dove si consumano uno dopo l'altro omicidi per "mano" di una sciarpa rossa preventivamente arrotolata. L'umorismo macabro si sposa bene con l'atmosfera "calda" suscitata da un testamento che solo alla fine rivelerà il nome del fortunato beneficiario. Doppiaggio di serie A.
Premesse sputtanatissime, ma sempre gradite: un testamento legato a clausole bizzarre, un gruppo di eredi che si guardano in cagnesco, un antico castello attraversato da passaggi segreti. Il connubio tra thrilling (buone le soggettive dell'assassino) e commedia lascia a tratti perplessi, ma garantisce il divertimento rendendo, di fatto, il compassato maggiordomo il vero protagonista della pellicola.
MEMORABILE: Il pappagallo che ripete "assassino! assassino!"
Un film giallo è normalmente caratterizzato da atmosfera, suspence e colpi di scena ma che un giallo possa risultare divertente non ce lo si aspetta; invece questa pellicola ispirata a un romanzo di Wallace che vede il classico e tetro castello con passaggi segreti, un testamento conteso e un sacco di omicidi, è avvolto da un'atmosfera da commediola che funziona. Il cast è ottimamente caratterizzato e simpatico il finale.
MEMORABILE: Il maggiordomo che toglie un posto a tavola a ogni omicidio.
Da un soggetto di Edgar Wallace, che viene inserito intradiegesi tanto nell'incipit come nell'excipit, una lotta per sopravvivere tra le mura di un vecchio castello. Passaggi segreti, montavivande e camere nascoste come nel classico dei gotici ad eliminazione. La fame di ricchezza rende feroci come belve e Vohrer regala un quadretto umano a dir poco rivoltante, Klaus Kinski è sopra le righe come spesso gli accade ma resta una delle attrazioni di un film che non si fa mancare nemmeno qualche sprazzo di comicità. Twist rivelatore ampiamente prevedibile. Discreto.
Giallo tratto da un romanzo di Edgar Wallace con trama che richiama evidentemente ai "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie. Poco di nuovo dunque, ma pellicole simili raramente annoiano, e così il film risulta tutto sommato piacevole e riesce ad incuriosire, permettendosi anche un piccolo inserto di pallido erotismo. Buono tutto il cast che regge un film interamente girato in interni. Ciò che rovina un po' la pellicola sono i continui inserti comici: qualcuno ci può stare, così tanti finiscono per rovinare l'atmosfera. Non certo un gran film, ma godibile.
Ennesima rivisitazione del classico di Agatha Christie sulla scorta di un noto romanzo di Edgar Wallace, esplicitamente omaggiato nel finale e firmato dallo specialista del krimi teutonico Alfred Vohrer. L'elemento caratterizzante dovrebbe essere la predominanza dei toni ironici che avvolgono il tutto e incarnati principalmente dalla figura del maggiordomo, ma la tensione latita e la soluzione dell'enigma giunge non troppo imprevedibile, quando ormai l'interesse dello spettatore è già calato. La prova degli attori è di pura routine, compreso un Kinski qui meno invasato del solito.
MEMORABILE: Il maggiordomo che elimina dal tavolo i coperti man mano che gli ospiti vengono assassinati.
Uno dei krimi più interessanti, caratterizzato da un meccanismo da giallo classico (il castello isolato dal maltempo, lo strano testamento, il misterioso assassino che colpisce gli eredi) che rende la trama molto più lineare che altrove. Belle scenografie, ritmo sostenuto, e se è vero che l'ultima scena la butta in farsa, la soluzione del mistero è all'insegna di una drammaticità raramente riscontrabile nel filone. Protagonista poco espressivo ma buono il resto del cast, soprattutto in Kinski e nell'altera Flickenschildt, ex diva del cinema nazista. Splendido il nostro doppiaggio.
Un nobile viene strangolato mentre è al telefono e i suoi eredi (che si odiano fra di loro) sono numerosi... Gli scrittori Wallace e Christie messi insieme regalano una buona pellicola con il solo neo di offrire un serial killer facilmente intuibile per i più accorti: il resto, invece, è un valido amalgama di horror, dramma (bellissimo e persino toccante il pre finale) e humour (che con grande sorpresa non ha nulla da invidiare a quello tipicamente americano). L'ultima sequenza destabilizzante sulle prime potrebbe deludere, ma a pensarci bene è un geniale colpo di teatro. Da vedere.
MEMORABILE: Le penultime volontà; Il quadro con lo spioncino al posto del capezzolo femminile; L'animale vendicativo (tema caro a Dario Argento).
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