Fantascienza sovietica Anni Sessanta. Ben diversa da quella americana (molto più spettacolare e dinamica). Qui la scarsità di mezzi muove fin da subito al sorriso, fin da quando vediamo un astronauta in tutina fare esercizi ginnici all'interno di un abitacolo attrezzato con estensori posti tra gli ingranaggi. Ma se lui è in tuta, c'è chi se ne va per l'astronave (che presenta graziosi oblò in rovere massiccio) in giacca o in camicetta. Insomma, un clima più da gita al mare che non da viaggio intergalattico su Venere, anche se poi i discorsi tra i navigatori dello spazio (cinque uomini, una donna e un robottone alla Robby...Leggi tutto) sono invece più da simposio filosofico. Lo sbarco su Venere ci mostra una natura tendente all'ocra e al rosso (i colori sono uno dei punti di forza del film) e una fauna singolare: piante carnivore in simil-peluche, t-rex mignon di gomma che saltellano, giganteschi brontosauri ("Arturo, vagli a prelevare il sangue dalla coda", e Arturo ci va davvero!). L'esplorazione di un mondo sconosciuto è il significato ultimo del film, al quale si aggiungono qualche riflessione di carattere sociale, un po’ di sana demenza (tipo il robottone che, contattato dai padroni semidispersi, risponde con un enigmatico "Non disturbatemi, sto progettando la costruzione di un aeroporto") e un epilogo tremendamente d'effetto, che ci mostra la forma di un indecifrabile alieno riflessa in una pozza d'acqua: uno straordinario colpo di coda!
Non si tratta né di uno dei primi film di sci-fi russi (come disse qualche critico d'accatto) né del primo del periodo anni '50-'60 a giungere nel nostro paese (fu preceduto da "Stazione spaziale K-9"). Questa noiosissima storia di un'esplorazione su Venere procede con "sovietica" lentezza, tentando di sopperire con un artefatto lirismo ed immagini invero piuttosto suggestive, alla mancanza d'azione e dell'infantile ma spassoso alieno gommoso. Solo per masochisti o pseudo-intellettuali.
Un capolavoro rispetto alla coeva s/f Usa: certo, la coerenza scientifica e gli effetti speciali sono ridicoli, ma il focus del film non è l'avventura degli astronauti su Venere, bensì la riflessione sul relativismo della razza umana nell'universo. Ogni momento del film porta dubbi, domande, inquietudini, in un'atmosfera (anche visivamente) pre-tarkovskiana. Al punto che il film continua a seminare pensieri e suggestioni nello spettatore anche dopo la sua fine. E proprio l'immagine finale è di grande intelligenza e bellezza. Da riscoprire.
Film fantascientifico sovietico, poco sviluppato in senso tecnologico e in effetti speciali, si esprime più sul versante contenutistico filosofico-speculativo, almeno in apparenza. Attori non gradevoli alla vista, mostri di gomma ingranditi. C'è da salvare poco, solo l'operazione nostalgia e il contrasto con le produzioni occidentali gli danno un po' di sale.
Atterrati fortunosamente su Venere, un gruppo di astronauti deve fronteggiare le avverse condizioni ambientali, strani esseri aggressivi, mostri primordiali, guasti tecnici (l'impazzimento del robot-guida) ed anche misteriosi richiami alieni... Anticipatore di molti temi poi divenuti classici, un raro esemplare di fantascienza sovietica distribuito anche nel nostro paese, più riflessivo e problematico dei coevi film di genere made in USA e non privo di spunti poetici quasi pre-solarisiani, ma reso un poco indigesto dalla pesantezza dei dialoghi e dallo scarso appeal del cast.
MEMORABILE: All'interno del sasso raccolto sulla superficie di Venere, la scoperta del volto di un essere femminile
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