Di notte due tizi scaraventano un uomo sotto le ruote di un camion. Tutte le evidenze sono contro l'autista, ma la sua avvocatessa... Dignitoso giallo dello specialista Vohrer, per una volta lontano dal prediletto Edgar Wallace. Qui si guarda più ai noir americani anni '40: chi sia il colpevole si scopre ben presto, la suspense è sulle possibilità della tetragona protagonista di salvare la ghirba. Passabile; da passare per le armi invece il progettista della casa dove vivono la protagonista e il marito, una delle più brutte della storia
Film avvincente, ma più che la tensione cresce lo sbigottimento, in quanto i modi di intimidire o di minacciare ricordano l'accerchiamento dei carri armati di una plancia di Risiko o una mano di scala 40 in cui tutti tengono le carte in mano per far pagare punteggio doppio all'avversario; quindi la patata è bollente, visto che è in gioco la coscienza professionale di un avvocato, il soggetto più che discreto, le indagini condotte suscitando tutto l'interesse possibile, ma ciò che raffredda irrimediabilmente sono il finale e la preparazione dell'alibi.
MEMORABILE: La toccata e fuga di Bach, che ha un valore simbolico talmente elevato da incarnarsi quasi a protagonista del film.
Una volta tanto Vohrer non si ispira a Edgar Wallace e ai temi tipici della sua narrativa gialla ma mette al centro della vicenda un'intraprendente avvocata che, dopo aver fatto scarcerare un innocente, non si arresta di fronte a nulla per giungere ai veri responsabili di un delitto anche se questo la porterà a una scoperta sconvolgente. Azione minima se non nel finale e svolgimento delle indagini poco credibile, ma grande attenzione per i risvolti psicologici della storia, con i dubbi e le angosce che dilaniano progressivamente la protagonista ben resi da un'intensa Ruth Leuwerick.
MEMORABILE: Il suicidio della finta moglie dell'ingegnere con l'evidente citazione da La donna che visse due volte,
Ancora un giallo diretto da Vohrer, che stavolta però non attinge alla letteratura di Edgar Wallace ma a un copione originale dello specialista e futuro sceneggiatore di Derrick, Herbert Reinecker. Quindi al bando l’ambientazione fintamente britannica, le spiritosaggini e i personaggi bizzarri... Il tutto è ammantato da una cupezza e una freddezza tipicamente teutoniche e anche l’intreccio è abbastanza lineare, pur mostrando alcune ingegnosità e un epilogo decisamente teso. La Leuwerik convince sia come avvocatessa ostinata che come moglie ferita.
Gradevole krimi dell'habitué Vohrer (il quale però qui non si ispira a Wallace) che ha il merito di lasciarsi seguire piacevolmente fino alla fine, anche se il colpo di scena, che arriva più o meno a metà, non è di quelli incredibili. La sceneggiatura sa infatti fare presa sullo spettatore e instilla in lui la curiosità di sapere come andrà a finire. La tensione narrativa è quindi buona, pur senza essere adrenalinica. La storia è semplice, ma ben scritta e senza inutili complicazioni. Gli amanti del genere potranno apprezzare.
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