Stimato viking-western baviano che in molti indicano addirittura tra i suoi lavori migliori. Il cinema di Bava è unico, si sa. La sensibilità per una messa in scena barocca, per i contrasti cromatici (esaltanti soprattutto nelle scene d'interni), la bravura nello sfruttare paesaggi che di nordico hanno ben poco (siamo dalle parti di Roma), le carrellate e i campi lunghi, fanno parte di un patrimonio artistico degno di colui che forse più di tutti tra i nostri registi si avvicinava all'arte pura. Bava era uno scultore, un pittore prestato al cinema e non c'è film in cui questo non si noti. Poi, certo, si può e anzi si deve discutere sulle sue carenze in altri ambiti. I COLTELLI DEL VENDICATORE,...Leggi tutto ad esempio, è un film ad oggi datato, che ha retto il passare del tempo molto peggio di altri prodotti coevi. Perché la storia (e la sceneggiatura) sono modesti, il cast (Cameron Mitchell in primis, checché ne dica Bava che ci collaborò in molte altre occasioni) ancor di più e anche i famosi coltelli del titolo sibilano ben poco nell'aria, ritrovandosi il più delle volte già conficcati. Meglio concentrarsi sull'immagine allora, godendo della raffinatezza scenografica, della ricchezza cromatica (persino nelle sequenze quasi buie) che nel finale sotto le rocce (topos baviano che ritroviamo nell’ODISSEA televisiva, nel suo incredibile Ercole...) si tinge di magico. Ma pure sotto questo punto di vista Bava aveva fatto e farà di meglio. Un prodotto onesto, robusto, tuttavia lontano dalle vette di altri suoi riconosciuti capolavori. Qualche lite di troppo, molti momenti morti risollevati in parte dalla buona soundtrack enfatica di Giombini.
Se saper fare cinema significa la capacità di sfruttare fino al midollo i mezzi che si hanno a disposizione, allora si può dire che Bava è stato uno dei grandi geni del mezzo espressivo. Una sceneggiatura risibile, esterni anonimi, attori di serie B, povertà di mezzi conclamata. Eppure Bava imbastisce uno spettacolo che a tratti è memorabile: la strega sulla spiaggia, la scena dello stupro, il teso duello finale nell’ombra. Tutti momenti che basano la loro bellezza esclusivamente sull’intelligenza di un autore troppo in fretta rimosso dalla memoria italica.
Il miglior western di Mario Bava. Come? È un viking-movie? Pignoli... Concepito, in effetti, come un western, poi saggiamente Bava lo virò su un sub-filone più congeniale che gli consentì di dosare gli esterni (non il suo forte) con sequenze tipicissime del suo cinema. Qualche perplessità sul cast, in cui il trasteverino Tozzi capeggia un manipolo di vichinghi de' noantri, ma era il bello del nostro cinema di genere. Comunque minore.
Benchè più a suo agio nell'horror, l'eclettismo e la maestria di Bava sono comunque tali da cimentarsi dignitosamente in questo viking-movie dove sono evidenti spunti western (la trama è simile a Il cavaliere della valle solitariadi Stevens) e da poema omerico. La fotografia, seppur meno variegata ed efficace che negli horror baviani, resta sempre il suo marchio di fabbrica. Un film discreto.
Secondo film di Bava sui vichinghi. In realtà sembra avere anche una certa parentela con i film western, nel segno della contaminazione che avvolge tutti i film di baviana fattura. Rispetto a Gli Invasori questa pellicola risulta più vivace e colorita (anche in senso letterale: larghe campiture e macchie di colori improbabili riempiono le scenografie). Pur essendo un film di genere decisamente fuori tempo, "I Coltelli del Vendicatore" è abbastanza interessante.
Come fosse un western (tema musicale, scazzottate, cavalli etc.) Bava narra, con cura e in stato di grazia artistica, una storia nordica che incrocia l'Odissea con il Cavaliere della Valle solitaria, per un film storico e d'avventura, senza eccessi, adatto a tutti, epico ed emozionante. Splendido nella ricerca delle inquadrature, nei caldi contrasti cromatici e nei giochi di luci ed ombre. Toccante nella descrizione del rapporto tra il protagonista e il bambino. Uno tra i suoi lavori più completi.
Aspettavo con relativa trepidazione di vedere questo film, ma alla fine potevo anche evitare tanta pena. Povero nei mezzi, recitazione solo discreta, implicato con un doppiaggio italico sconcertante e con qualche nota davvero positiva solo nella trama. Ma anche il dipanarsi degli eventi appare a volte improbabile, tratti importanti sono sconvenientemente poco esplicitati e le scene dei duelli appaiono scontate. Certo il maestro trae dalle poche risorse a disposizione quanto può, cercando l'atmosfera epica ma trovando solo un western nordico mediocre.
"Odissea" nordica, fiumi di acqua ossigenata per sbiondire le chiome, colonna sonora e situazioni western per un prodotto pataccaro, d'intrattenimento sì, ma lontano dal grande cinema che Mario Bava esprime in altri generi. Questo coltello non riesce a fare centro, no davvero.
Il maestro del macabro si trovava poco a suo agio in questo genere di avventure mitologiche e western che avrebbero avuto bisogno di altro tipo di spazi e location, mentre il regista utilizzava le stesse degli horror che girava in contemporanea in quegli anni. Tolto il terrore rimane poco; in alcune scene c'è un po' di nebbia e la fotografia spettrale tipica di Bava che poco si adatta alla storia e al sentimento generale del film sulla lealtà e l'eroismo, con personaggi alquanto finti.
Pare sia stato girato in soli sei giorni e solo per questo Mario Bava meriterebbe un encomio, per la sua capacità di arrangiarsi e tirare fuori un prodotto comunque decente malgrado tutte le limitazioni del caso. Far risultare credibile un’avventura che affonda le proprie radici nella mitologia nordica tra i boschi di pino vicino Roma non è impresa possibile, ma se si eliminano particolari come questo il film risulta comunque gradevole e riserva qualche spunto interessante.
MEMORABILE: L’uscita di scena finale del vendicatore.
In bilico tra pellicciottesco, peplum e avventura, è un episodio minore nella filmografia di Mario Bava, ma non per questo meno affascinante. Pur con una trama di grande semplicità, il regista riesce a inserire molto del suo cinema e a renderlo un buon film, almeno sino alla parte finale, quando il film perde improvvisamente colpi e va verso un finale troppo svelto. Prima di ciò, ottima fotografia, buoni dialoghi e begli scenari, con un cast che se la cava. Mario Bava dimostra di saperci fare anche in questo genere, pire se non è qui che dà il meglio. Buono.
Western che Bava trasforma in un viking movie con echi da Odissea omerica. La maestria del regista ligure si riconosce facilmente nella capacità di gestire ritmo, attori, situazioni e nella curatissima fotografia. Script semplice e poco sorprendete, ma nel complesso, pur non esaltando, è un prodotto assolutamente meritevole. Ma anche tra i cosiddetti "minori" Bava ha fatto di meglio. Così così il cast, adeguata la colonna sonora di Giombini.
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Oscena la copia tv (e del dvd italiano Rarovideo), orrendamente scanned. Quella buona anzi ottima si vede sul dvd crucco della EMS, Eine Handvoll blanker Messer, con audio italiano.
HomevideoXtron • 12/02/12 12:53 Servizio caffè - 2239 interventi
Io ho l'edizione americana Anchor Bay contenuta nel cofanetto Mario Bava Collection volume 1
Audio italiano e inglese
Durata 1h24m38s NTSC
Zona 1 (immagine a 38:21)