Gli orsi non esistono - Film (2022)

Il cinema di Panahi si conferma di forte denuncia contro il regime iraniano e l'arretratezza delle sue tradizioni, soprattutto nella provincia rurale. In questo film, presentato a Venezia poco dopo il suo arresto, Panahi è regista, attore e personaggio, in una sceneggiatura complessa, che intreccia in modo pirandelliano la storia personale del regista con una finzione narrativa basata su temi reali. Inizio lento e involuto, poi progressivamente il quadro si chiarisce ed il messaggio emerge con potenza.

Il regista Panahi cerca di dirigere un film a distanza. Docufiction come ci ha già abituati, in cui stavolta la condanna al regime resta in secondo piano rispetto all'arretratezza culturale che frena ogni sviluppo. Ben miscelate le parti di finzione con la realtà di fondo, con la vicenda grottesca della fotografia che risulta migliore dei fatti raccontati a Teheran. La scelta di recarsi in un villaggio al confine toglie la vera pressione della polizia e sottolinea l'inventiva di chi continua a fare film.

Anche in questo lavoro Panahi mette in scena se stesso: per poter dirigere da remoto un film in una città turca, si trasferisce in un paesino di confine in cui da una parte è più lontano dagli sgherri del regime e dall'altra si trova in una situazione arcaica piena di superstizioni e pregiudizi. Ancora un volta meraviglia come il regista riesca a produrre cinema clandestinamente, operando con le realtà che si presentano stratificandole e ricomponendole in base all'urgenza documentativa di una situazione di ordinaria precarietà (che si spera non gli impedisca di esprimersi ancora).