Ittenbach è sicuramente il più dotato e talentuoso della cerchia dei registi della "new wave" tedesca, che non ha nulla da spartire con le cialtronate di Timo Rose o Andreas Schnaas.
Il budget miserello e l'auera amatoriale non inficiano più di tanto su questo suo lavoro (forse l'opera della maturità del regista bavarese), dove Ittenbach dismostra di non concentrarsi solo sulla mera carne da macello e sul gore fine a sè stesso, ma curando il plot (una bizzarra e incubotica storia di fantasmi e vendette) e dando risalto alla psicologia dei personaggi e all'importanza della storia, senza scadere nella baracconate eccessivamente splatter dei suoi colleghi più tamarri.
Un inizio truce e ben gestito (il sanguinoso massacro di una "family" al sentor di coulrofobia), dà il via alla classica "ghost story" dove Rebecca, unica sopravvisuta alla strage, comincia a soffrire di terrificanti visioni dove il padre le appare (in stile Griffin Dunne di
Un lupo mannaro americano a Londra) per reclamar vendetta sugli autori dello sterminio.
Ittenbach si prende i suoi tempi, regala suggestioni d'ambiente (sul pontile del lago in inverno, la spettrale villa di campagna abbandonata con malinconiche reminiscenze fulciane) e non eccede con lo splatter (se non nei momenti clou), fino al twist in dirittura d'arrivo che svela le carte sui colpevoli, con punte di azzeccata cattiveria e avidità umana.
Una grottesca a macabra televendita alla
Prova del cuoco mixata con
Re Animator (presentatrice allegramente fatta a pezzi e testa mozzata parlante), rivalse a suo di trapanate in faccia, tentate impiccagioni e squarci visionari notevoli sulle apparizioni spettrali (una cita esplicitamente i
Dèmoni baviani) all'interno delle desolanti e abbandonate stanze della casa di campagna.
L'album di famiglia con sorpresa (il clown alla Gacy), i flashback hippieschi con canti, girotondi e altalene, trasmissioni televisive alla
Nightmare 3, l' atmosfera plumbea e necrofora e una chiusa beffarda che riapre il cerchio ectoplasmatico/vendicativo.
Qualche scivolone (l'esagerata carneficina ai danni del gruppo di teste di cuoio da parte dei fantasmi simil zombi), la prolissità di alcuni dialoghi e un finale frettoloso e buttato lì, se proprio le si devono riscontrare dei difetti.
Ma è un Ittenbach maturo, professionale e decisamente più ricercato sia narrativamente che visivamente.
Ottimo il disturbante make up del padre mortifero e la bravissima Natacza Boon, "bruttina stagionata" dai grandi occhioni e ossessionata dalle macabre e funeste apparizioni.
Il titolo si riferisce alla canzone composta dal padre di Rebecca che canta nell'onirica sequenza campagnola all'aperto. Canzone che, tra l'altro, annuncia (su un vinile messo sul piatto) il materializzarsi della congrega dei morti viventi alla
Fog, pronti a sferrare la loro implacabile e sanguinosa vendetta.
Uscito negli States come
The Haunting of Rebecca Verlaine.
Sospetti tagli (nelle sequenze più gory) nel dvd tedesco della
Intergroove, che lo edita con il titolo alternativo di
Born Undead (alcune recensioni via web parlano di una testa che esplode alla
Scanners/Maniac, ma nella versione da me visionata non ve n'è traccia e pure la nemesi fantasmatica finale pare manchi di parecchi particolari gore).
L'impegno ittenbachiano và apprezzato, anche solo per tentare nuove vie che non si riducano solo alla bassa (e noiosa) macelleria da quattro soldi.
Il bellissimo
We Are Still Here le deve qualcosina.