Free radicals - Corto (1958)

Len Lye ci regala questa piccola perla sperimentale imbastendo un cortometraggio tutto "graffi" e musica. I segni sulla pellicola sono vere e proprie graffiature che, abbinate all'ipnotica musica tribale dei Baguirmi del Ciad, conferiscono all'opera un'aura unica ed avvolgente. Non si riesce a star fermi con lo sguardo e la ripetitività del contenuto e della musica agiscono come un mantra innescando sensazioni piacevoli che richiamano alla primordialità. Il corto, nonostante ci siano voluti più di vent'anni per vederlo completo, merita più di una visione per essere apprezzato.

La pittura su pellicola di Lye qui diventa graffio, su sfondo nero, come una lavagna psichedelicamente minimale. Il tratto è schizofrenico e manca la visione d'insieme degli altri suoi film, la musica tribale africana regge bene il gioco, ma siamo lontani dai trip allegri dei suoi primi film.

Con un titolo preso dalla chimica e una musica di stampo tribale, Lye affronta la sua sfida del disegno astratto tracciato sul film giocando con graffi e graffiti bianchi su fondo nero, come imperfezioni fastidiose che disturbano la visione di una normale pellicola. Ne esce fuori un concerto visivo di pura gratuità del segno, facendo immergere lo spettatore in una visione irrequieta di ciò che normalmente non si vedrebbe. Folle nel suo... radicalismo.

Ipnotico. Questo cortometraggio si fa vedere e cattura l'attenzione dello spettatore, anche grazie alla musica in sottofondo. Le linee tengono incollato lo spettatore allo schermo, che viene catturato dalle immagini. Curioso e per questo meritevole della visione.

Curioso e notevole cortometraggio fatto semplicemente di graffi sulla pellicola. Colpisce per il ritmo ipnotico e trascinante che la musica tribale, che accompagna le immagini, fornisce all'intera operazione. E così dei semplici graffi con le loro variabili forme che assumono sullo schermo, riescono a coinvolgere lo spettatore senza mai cadere nella ripetitività e, ovviamente vista la durata - in questo caso minima - nella noia. Non il solito lavoro sperimentale: gustoso e godibile.

Ibrido difficile da valutare con scale di giudizio tradizionali, che a dispetto della forma-cortometraggio (portata a termine in vent'anni!) ingloba elementi di pre-cinema (la successione atemporale dei disegni graffiati direttamente su pellicola ricorda il funzionamento dei diorami) e videoarte primitivistica (l'interazione dei tratti astratti con la musica tribale, l'insistenza sulla materialità dell'operazione). Operazione comunque interessante: la si potrebbe definire un significante svuotato di significato, un monumento avant-chic all'arbitrarietà del segno.