Tra i primissimi gotici italiani, questo film di Giorgio Ferroni occupa un posto d'onore. Non tanto per la storia (comunque buona e meno scontata di quanto possa sembrare a leggerne la trama) quanto per la capacità del regista di creare, all'interno del mulino a vento del titolo, un microcosmo di orrori nascosti nei labirintici passaggi e tra le stanze cavernose. Il carillon con le statue in pietra che seguono a tempo di musica i binari sui quali scorrono è un'invenzione altamente suggestiva, meritoria di entrare a far parte della galleria degli orrori nazionali. Si è tanto parlato della dipendenza (a livello di paesaggi soprattutto) del film dal modello dreyeriano di...Leggi tuttoVAMPYR, ma va detto che se pure scene come quelle della barca sul lago ne sono sicuramente debitrici, non si può paragonare il livido bianco-nero di Dryer con lo sgargiante tripudio di contrasti cromatici del MULINO DELLE DONNE DI PIETRA, nel quale non solo gli esterni ma sopra ogni cosa gli interni sono fotografati splendidamente e ricordano il miglior Bava. Buoni gli attori (Scilla Gabel/Elfy è la più nota), perfetta nel suo rigore la sceneggiatura, che fonde mirabilmente elementi puramente horror (presi da lavori come OCCHI SENZA VOLTO e, a ben vedere, anche dal solito Frankenstein) con spunti giallo-thriller molto lungimiranti. Qualche enfasi di troppo nella recitazione ci ricorda che eravamo a inizio Sessanta; le musiche di Carlo Innocenzi, che pur partono con un tema stupendo sui titoli di testa, sono anch’esse un po' datate, ma nel complesso il film dimostra che gli horror della tanto lodata Hammer inglese erano eguagliabili e fors’anche superabili, perché in fondo qui l'idea e le location (in Olanda) sono di un gusto superiore. Insomma, non si parla dei soliti vampiri, di mummie...
Molti i richiami al Vampiro di Dreyer. Davvero molto buono, questo gotico di Ferroni. Abilissima creazione di atmosfere, con alcune immagini esterne (quel pontile lungo il canale...) che evocano i pittori fiamminghi del tempo che fu, grazie a scenografie che impattano emotivamente sullo spettatore. Da sempre il mulino ha un fascino sinistro, cui si unisce quello del fuoco. Alla pellicola nuoce probabilmente una parte centrale un po' prolissa, ma resta decisamente godibile, fino al finale, non inatteso, ma grandioso. C'è, inquietantemente gelida, la grande Olga Solbelli.
Uno dei primissimi gotici italiani, girato nell'anno del contemporaneo La maschera del demonio e caratterizzato da una notevole scenografia, con uso esemplare della fotografia. Gli interpreti sono bravi e la storia ha un suo fascino, reso ancor più magnetico dagli ottimi dialoghi. Pur lento a causa della predominanza "verbale", il film si avvale di un finale visivamente accattivante, smorzato dalla chiusa troppo sbrigativa. La sequenza del carillon, con le statue umane che scorrono lungo i binari resta, comunque, un ottimo esempio di cinema.
Punta di diamante del gotico italiano sulla scia di Freda e Bava. Letterario e illuminato da una fotografia soffusa e calda che sfrutta le potenzialità del Technicolor, raggiunge momenti di alta qualità soprattutto in alcune immagini come i primi piani del mulino, il carosello a ritmo di carillon con le donne imbalsamate, le allucinazioni di Brice, i macabri esperimenti dei due mad doctors Bohem e Preiss. Finale rigorosamente incendiario.
Ottimo gotico italiano, leggermente inferiore al successivo La notte dei diavoli. Giorgio Ferroni si dimostra un buon mestierante ed ha a disposizione un ottimo cast, inoltre le scenografie del mulino e del carrilon sono di grande effetto. Ben riusciti il colpo di scena finale e le varie scene di tensione. Per chi ama il gotico è un must.
Buon gotico italiano. Penalizzato da una lentezza tipica del genere, si riscatta totalmente grazie alla sapiente regia (che dirige alcune ottime sequenze) e alla straordinaria fotografia. La storia non è certo originalee ma regge decisamente bene. Tra i gotici italiani del periodo è sicuramente uno dei più validi.
Da piccolo lo vedevo passare sulle private e mi terrorizzava, letteralmente. La nebbia, questo mulino con le donne a girare a tempo di musica come mummificate al momento del trapasso... L'ho rivisto dopo molti anni e devo dire che ha mantenuto un fascino unico (accresciuto anzi dall'ottima edizione in dvd uscita in Francia che ne restituisce i magnifici colori al meglio), che lo distingue dal gotico classico di casa nostra. Non saprei davvero a cosa paragonarlo. Indimenticabile.
Malinconico e padano (per quanto ambientato in Olanda) è un gotico primitivo colmo di risonanze cinematografiche internazionali (da Occhi senza volto a La maschera di cera), immaginari da fiaba, pittoricismi romantici e fiamminghi, luci e barbagli contrastanti, medicina fantastica al limite dell'alchimia. Magniloquente nelle scenografie, con arazzi e tende, statue di volti e parti anatomiche, màrtiri ed angeli, a definire lo spazio labirintico in cui affondare lo spettatore per evocare smarrimenti della psiche incontrastabili, tra eros e sogno. Favoloso il carillon in fiamme che piange carne.
Insieme a La maschera del demonio, La frusta e il corpo, Amanti d'oltretomba, I tre volti della paura, Operazione paura, Un angelo per Satana e a pochi altri, è senz'altro uno dei migliori gotici italiani. Lento, trasognato, ma al contempo raffinato e ben servito da una splendida fotografia e da una scenografia da 'favola nera'. L'atmosfera che riesce a creare è assolutamente unica nel cinema italiano, rimane impressa in maniera indelebile, soprattutto in chi vide questo film da ragazzino.
Deve essere valutato considerando l’epoca nella quale è stato realizzato per apprezzarlo appieno. Obiettivamente oggi risulta lentissimo e con poca azione (se non per la concitata parte conclusiva), eppure è un’opera curatissima di rara e raffinata eleganza. La sequenza iniziale con l’arrivo della barca sul canale tra la nebbia sembra un quadro fiammingo, altri momenti sono di fortissima suggestione horror. L’idea stessa dello scultore folle e del suo particolarissimo carillon è di grande impatto figurativo. Uno dei migliori gotici italiani.
Posto che se avete una band stoner-rock il titolo originale è ciò che fa per voi, il film è una rivisitazione del mito di Frankenstein dalle lugubri ambientazioni nordeuropee. Punti di forza: l'ottima prova degli attori (su tutti il patetico Preiss) e i travasi sanguigni atti a tenere forzatamente in vita la figlia del Dr. Wahl. Inoltre il ritmo è lento ma non estenuante, il divertimento aumenta nella seconda parte, quando il Dr. Wahl chiederà alla ragazza sbagliata un nuovo tributo di sangue, indirizzandosi così verso un finale coreograficamente macabro.
Bel gotico italiano che può contare su splendide atmosfere, corroborate da una notevole fotografia di Pavoni e da scenografie colorate e funzionali al narrato. La storia non è originalissima, ma è gradevole. Il risultato finale è decisamente buono. Chi ama il genere avrà di che divertirsi e ne resterà soddisfatto.
Anche se girato agli inizi del genere, è senza dubbio il miglior horror gotico italiano; personalmente lo trovo superiore, anche se di poco, al La maschera del demonio di Bava. Ha uno svolgimento un po' lento tipico dei film di questo genere, ma nulla risulta fuori posto e nonstante la sua veneranda età mantiene intatto tutto il suo fascino. Il finale è da antologia.
Buon esempio di gotico di impostazione classica, con poco sangue e molta atmosfera. Personaggi un po' teatrali ma comunque felicemente assortiti e ben resi dagli attori. Ammaliante la Gabel. Trama abbastanza intrigante senza essere contorta e portata avanti con mestiere. Solo qualche cedimento nelle scene d'azione, specie nel drammatico finale. Tre pallini abbondanti.
Ottimo horror gotico-fiammingo, prosciugato di sangue, ovattato di velluti, di broccati e di nebbie. Un mulino dove la morte dà subito spettacolo, con quel carosello di storiche assassine pietrificate e inchiodate a quel nastro il cui cigolio è più forte del dolce suono del carillon... E' l'orgoglio della stirpe dei Wahl, la morte, è una linfa vitale! Trionfo di bizzarra necrofilia, colorato e ombroso, indimenticabili i primi piani sul volto del professor Wahl, sui suoi occhi sgranati di follia.
Film nostrano del geniale Giorgio Ferroni, che riesce a creare una scenografia con tutte le carte in regola per competere con le produzioni Hammer. Un pazzo, proprietario di un vecchio mulino, ha ingaggiato un bieco medico, per cercare di far "sopravvivere" la figlia, afflitta da un rarissimo male. Parte della strumentazione (per estrarre sangue), presente nel laboratorio de medico, ricorda vagamente la macchina utilizzata dal dottor Nijinski (Klaus Kinski) nel film La mano che nutre la morte (1974) di Sergio Garrone.
Eccellente prodotto gotico, con connotati originali. L'unica pecca potrebbe essere il titolo troppo esplicativo, ma il cuore del film non è il mistero. Scenografie ricercatissime, curate nei particolari, donano un'atmosfera d'eccezione e dimostrano l'abilità di realizzare nel 1960 un progetto superlativo, senza ricercare azzardi d'avanguardia. La classicità è il suo punto di forza e per questo lo considero un vero grande esempio di cinema. Da vedere per capire quanto sia relativamente semplice stupire e farsi ricordare.
Uno di quegli horror di un tempo che fu, che riconciliano col genere e fanno respirare e vivere atmosfere ormai perse (l'evoluzione tecnologica, oltre a mortificare spesso le idee, ha sicuramente tolto qualcosa). L'ambientazione è perfetta (il mulino) e si crea quasi subito il giusto clima di tensione che monterà col passare dei minuti, anche senza scene eclatanti. Gli attori tendono ad essere un po' caricaturali, soprattutto nelle reazioni e le ingenuità non mancano, ma nonostante ciò, si finisce per accettare tutto, lasciandosi coinvolgere dalle vicissitudini dei protagonisti. Notevole.
MEMORABILE: La figura del dottore; La scena finale, col carillon, di forte impatto visivo (il carillon stesso è il punto di forza del film).
Molto bello. Premetto che non ho mai amato l'horror gotico, eppure questo ha un fascino notevole, un gusto retrò godibilissimo. Oggi non ha più la presa di un tempo, eppure non gli si può non riconoscere una buona atmosfera, una bella fotografia, una scenografia ottimamente realizzata e idee grandiose. Lento ma non troppo, con una colonna sonora (dal carillon) indimenticabile, è uno dei migliori gotici made in Italy. Finale stupendo, col carillon che brucia mentre Gregorius dà di matto con un morto in braccio. 3 palle, ma forse merita di più...
MEMORABILE: Il finale è di quelli che da solo merita la visione del film: l'ossessiva tema del carillon in fiamme riecheggia mentre Gregorius urla "Bastaaa!"...
Giorgio Ferroni, ottimo regista la cui carriera verrà "macchiata" dal mediocre spionistico New York chiama superdrago offre qui un bellissimo gotico all'italiana dal quale prenderanno spunto diversi registi. Buon cast, suggestive atmosfere e bel finale a coronare tutto.
È un buonissimo lavoro questo di Ferroni, molto attento a calibrare l'orchestrazione e a regalare qualche bel brivido horror per questo inquietante museo-mulino le cui donne raffigurate sono delle con-dannate a salvare un'altra donna che, più che malata, sembra in prigione. Il finale è un po' sbrigativo e di Olanda non c'è nulla, ma ancora oggi il ferale carillon non lascia indifferenti. La bella Gabel era la controfigura della Loren. Tra le vittime Liana Orfei. Molti lo trovano inferiore a Bava e a Margheriti, per me a tratti li supera.
Il mulino dello scultore è un piccolo universo dell'orrore, in cui campeggia un carillon di lugubri statue: è proprio l'ambiente il protagonista di questo horror gotico che attira lentamente nelle spire morbose di un amore malsano (tra la misteriosa figlia dell'artista, che muore e risuscita, e l'aitante ricercatore) per poi sferrare il colpo decisivo con la rivelazione di crimini frankensteiniani. Un buon film, ben narrato, ben diretto, ben scenografato e con buone idee visive tra le quali impressiona l'apocalittica nemesi finale.
Ottimo lavoro, dal classico tema del museo delle cere; un film che va oltre nell'estetica macabra, gotica, con il mulino e i carillon che creano sempre tristezza, nella cornice del paesaggio olandese dove sono girati gli esterni. C'è il mad doctor professore all'accademia di belle arti che ama follemente la figlia. Il film per alcune scene ricorda più i film horror inglesi che quelli più tipicamente italiani come La maschera del demonio (più estremi) usciti tra l'altro nello stesso anno. Il finale è l'apoteosi del film: tragico e folle.
MEMORABILE: Il professore impazzito con la figlia in braccio grida: Silenzio! al macabro carillon...
Un artista folle e uno scienziato pazzo all'interno di un mulino dove regnano il mistero e l'orrore. Un po' fantachirurgico, un po' melò, molto gotico, si accascia troppo spesso su tempi morti di sceneggiatura e su una capacità predittiva degli avvenimenti narrati davvero troppo scontata. Bigiotteria, seppur non della più scadente...
Ferroni è stato indubbiamente un regista "atipico" nel panorama italiano: si è misurato in quasi tutti i generi cinematografici tentando solamente due volte la strada dell'horror (molti anni dopo ha girato anche La notte dei diavoli). Ed in questa occasione l'esperimento è riuscito in maniera ineccepibile: nelle fosche tinte di un technicolor livido ed inquietante si staglia una vicenda inverosimile quanto si vuole ma di un fascino e di una carica indimenticabili. Ottimo il cast, con un gigionesco Bohem istrionico e felice di esserlo.
Favoloso dal punto di vista dei costumi e delle scenografie, grazie alle quali si nota l'impegno tecnico. La trama è, ugualmente, all'altezza della bellezza scenica. Thriller improntato sulla pazzia e la psicologia nello stile inquietante delle migliori storie ambientate negli Anni Venti. Pierre Brice è un gioiello recitativo, le donne di pietra grottesche e agghiaccianti. Ottima prova di Giorgio Ferroni.
13 anni dopo il verismo di Tombolo e prima di dedicarsi al western come Calvin Padget, Ferroni sforna questo piccolo gioiello del gotico-fantastico, la cui plastica fascinazione è valorizzata dai cromatismi del Technicolor. Come aveva fatto con la pineta livornese, il Regista mostra straordinaria sapienza nel rendere protagonisti ambienti e scenografie, rendendo sinistro e labirintico il mulino. Il climax originale fa soprassedere alla trama a tratti succedanea (dalla Maschera di cera a Occhi senza volto). Che zigomi la Gabel, Boehm pare Emil Jannings!
MEMORABILE: I nomi: Annelore, Liselotte..; "la fucina del diavolo" durante l'intervento di trasfusione, con le due bacinelle di fuoco a vista; Le allucinazioni.
Può essere considerato uno dei migliori gotici italiani, ma con questa distinzione: pallosissimo se visto come semplice film, molto affascinante ed estremamente coinvolgente se visto come opera cinematografica; questo perché i suoi talloni di Achille (la grande lentezza su tutti) ne fanno un prodotto non adatto a tutti i palati (inclusi gli amanti dell'horror). Ma è innegabile che le atmosfere, la fotografia e il resto lo trasformino in un vero gioiello. Nel complesso gli preferisco La maschera del demonio, più stereotipato ma con un b/n da urlo. ***½
La cosa migliore di questo gotico girato da Ferroni è l'idea di ambientare la vicenda in un mulino a vento invece che nel solito tetro castello. Tra i pregi della pellicola si possono anche mettere una bella fotografia, una trama tutto sommato abbastanza valida e una recitazione più che sufficiente. Ne esce fuori quindi il quadro di un prodotto più che dignitoso che paga solo qualche momento di stanca e qualche ingenuità nello svolgimento della trama. Certo quarant'anni sono passati e si sentono, ma chi ama il genere gradirà.
MEMORABILE: Il carillon con le statue, veramente inquietante.
Bel gotico di Ferroni, che si fa apprezzare soprattutto per una fotografia in Technicolor quasi baviana, per una trama a suo modo originale (per l'epoca, s'intende), per le buone atmosfere e per la corretta prova degli attori. Interessante anche la scenografia e la location naturale olandese, piuttosto singolare ma non priva di fascino. Si accusa un po' di verbosità nel narrato e indubbiamente il film mostra i suoi anni, ma per chi ama il genere rimane un prodotto di buona fattura. Mezza palla in meno solo perchè per i miei gusti è un po' lento.
Ci voleva un non specialista del genere come Ferroni per dimostrare che si poteva girare un ottimo horror anche senza scomodare streghe e vampiri. Ambientazione insolita e storia dagli echi frankensteiniani esaltate da un tripudio di luci e colori degno del miglior Bava trasportano lo spettatore in una dimensione onirica notevolmente in anticipo sui tempi. Attori bravi, pur con qualche eccesso teatrale (la Gabel era uno splendore) e buone musiche di Carlo Innocenzi. Insieme a Lo spettro e Operazione paura è il mio gotico italiano preferito.
MEMORABILE: Il carillon; L'allucinazione; La trasfusione.
Uno dei gotici italiani per eccellenza, con scenografie curatissime che costituiscono il fattore predominante del film. Le misteriose partiture musicali di cui è composta la colonna sonora e i costumi contribuiscono a delinearne lo stile. Una storia d'altri tempi - tipica di un certo grande cinema artigianale sommerso italiano - sospesa in una dimensione tutta sua. Una pellicola dotata di grande fascino visivo che rifugge la fruibilità per abbracciare stranianti meccanismi del narrato.
Un gotico anomalo per le ambientazioni, l'Olanda e un mulino a vento, ma ben curato nella regia e nelle scenografie molto coinvolgenti. La recitazione è tipica del periodo, piuttosto teatrale, ma ben si amalgama con le atmosfere del film. Nel discreto cast spicca su tutti il bravo Bohme nei panni del professore e la bella Gabel. Curiosità: uno dei rari horror dell'epoca in cui alla censura è scappata una mezza tetta.
Bellissimo gotico firmato Ferroni, che dà vita a un vero e proprio teatrino degli orrori in cui la scenografia e la scelta degli abiti e dell'illuminazione giocano un ruolo di fondamentale importanza. La trama presenta qualche ruggine qua e là, ma nel complesso il film è più che riuscito perché in grado di toccare svariate tematiche (su tutte quella della necrofilia). Scilla Gabel ha il volto perfetto per la parte che interpreta. Fondamentale.
Uno dei miglior gotici dell'epoca riconoscibile (insieme a Un angelo per Satana) come uno dei modelli più diretti de La casa dalle finestre che ridono, dal canale attraversato nell'incipit al tema del morto tenuto in vita attraverso il sacrificio di vittime innocenti. Ferroni dimostra un gusto pittorico non comune e sebbene la seconda parte del film sia nettamente superiore la messa in scena risulta elegantissima anche nel lento avvio. Il sontuoso Technicolor e la musica di Carlo Innocenzi (quello di "Mille lire al mese") risultano preziosi.
Un giovane studioso riceve l'incarico di esaminare dei documenti presso l'abitazione di un eccentrico scultore che vive in un vecchio mulino. La figlia del professore, bella e vogliosa, muore letteralmente di passione per il bel visitatore... Pregevole gotico italiano che, pur non originale nell'assunto anche se al posto del solito scienziato pazzo c'è lo scultore disturbato, può avvantaggiarsi di una ambientazione suggestiva, con alcune trovate visive d'effetto come il carillon con le statue femminili di pietra (ma in effetti sembrano più di cera). Bello anche il fiammeggiante epilogo.
Più bello da vedere che eccitante, è il classico film che si preferisce lodare anche se non se ne è particolarmente convinti. Non proprio originale (specie nelle caratterizzazioni), ha dalla sua la fotografia, le scene della "petrificazione" e un'aura di nobile mestiere. L'afflato fantastico latita; a convincere è, invece, la morbosità dell'insieme (la tetra nenia dell'enorme carillon) che anticipa alcuni temi funebri del thriller futuro in Italia.
Un mulino a vento e un carillon sono gli elementi insoliti di un horror d’altri tempi, nel complesso riuscito. Allucinazioni, persone che scompaiono, oggetti che si spostano inspiegabilmente sono gli stratagemmi che accompagnano alla rivelazione finale, cui va riconosciuta una certa efficacia. A dispetto dell’anno di produzione si presenta a colori, enfatizzando in tal modo gli sfondi e le suppellettili delle scenografie. Nonostante si attenga ai canoni del gotico, non dà quella sensazione di saturazione e abuso di luoghi comuni.
Gotico dai risvolti macabri e ben realizzati, decisamente di buon livello, la cui trama ricorda Occhi senza volto e La maschera di cera. Molto originale la scelta dell'ambientazione (un vecchio mulino che grazie al proprio meccanismo innesca una raccapricciante sfilata degli orrori). Convincenti anche gli interpreti e la cura della fotografia. Non essendo un horror buttato lì i dialoghi hanno una certa importanza (anche se, talvolta, tendono ad appiattire la tensione e il ritmo). Consigliato e meritevole, anche per l'epilogo.
MEMORABILE: "Professor Wahl, mentre voi giocate con la morte, io trionfo su di lei" (Dott. Bohlem).
Bellissimo gotico di Ferroni, che precede di 12 anni quello che sarà il suo secondo e ultimo horror, La notte dei diavoli. Qui il regista gioca col Technicolor per ricreare atmosfere visive che ricordano i quadri dei pittori fiamminghi, e infatti è proprio l'Olanda il paese dove decide di ambientare questo suo incubo, all'interno di un mulino dove un professore pazzo ha ideato un singolare carillon con statue di pietra molto realistiche. Davvero di notevole suggestione, un film che spiazza.
MEMORABILE: Il dott. Bohlem al prof. Wahl: "Con me hai ucciso tua figlia"!
Uno dei migliori (se non il migliore) gotici italiani di sempre, ricco d'invenzioni cromatiche (il finale e l'allucinazione a metà durata). La storia è ben condotta e pervasa di un'atmosfera mortifera e inquietante come poche e diverse scene riescono a procurare più di un brivido (il carillon umano, le allucinazioni), merito anche della bella ambientazione (ah, il fascino dei mulini). Splendido il finale e buono il cast.
Soggiogato da un’estetica folgorante e anti naturalistica, è un film che abolisce ogni confine tra raziocinio e delirio. Picchiando sul nervo ottico Ferroni realizza un gotico atipico e straordinario; lascia ai suoi protagonisti la libertà di perdersi nei labirinti della psiche e allestisce per i suoi spettatori una sarabanda a metà strada tra incubo e incanto. Morboso.
Il giovane Hans arriva in un villaggio vicino Rotterdam per studiare un antico mulino a vento, casa di un tenebroso carillon. Belle atmosfere e ottima fotografia a colori per uno dei primi esempi di horror gotico all'italiana, che però fa leva su spunti drammaturgici un po' casuali e non troppo originali, oltre che su un'esposizione dei fatti spesso dozzinale. Nel complesso una visione interessante, se anche non sempre divertente, tappa obbligata per una corretta rivisitazione del genere.
MEMORABILE: Il finale coi manichini sciolti dalle fiamme.
A scopo di studio, il giovane Hans si reca in una casa/mulino a vento abitata da un singolare scultore, dalla bella figlia e da un onnipresente dottore. L'ambiente (ben fotografato) è inquietante per i roteanti meccanismi, per le suppellettili macabre sparse qua e là e soprattutto per un carillon di orride "statue" a grandezza naturale che si anima allo scoccare delle ore. Trama e svolgimento a dir poco ultradatati, che tentano di far paura e renderci partecipi di un mistero di cui non si afferra il bandolo; tutti parlano come un libro stampato e si muovono come in un film muto.
Grandissimo horror tutto fatto di atmosfere e di trovate visive che ci conferma quanto Giorgio Ferroni fosse davvero un regista capace di dare il meglio in qualsiasi impresa dovesse affrontare. Qui il luogo claustrofobico e le atmosfere rarefatte sembrano esaltarlo in una storia che è avvincente e al tempo stesso capace di sorprendere. Scilla Gabel è sempre una presenza magnetica, per non dire altro.
“Il mulino delle donne di pietra” è un film che le sue scene madri non le svende all’horror, le dona al gotico-psichico che inonda la narrazione con la grandiosità dell’estetica e viceversa. Filmato con occhio di riguardo da Giorgio Ferroni, in location rustica e decisamente spettrale, riesce a cogliere la fenomenologia dell’ossessione con le sue frangie estreme e con tutti i suoi macabri rituali. Da brividi l’infuocato finale.
Horror gotico di grande fascino, che si porta sicuramente appresso il peso degli anni ma questo non disturba perché si fa più attenzione alle trovate visive. Il carillon fatto di cadaveri è tra le trovate più inquietanti della storia dei film dell'orrore, ma è notevolissima anche l'ambientazione interna, ricostruita molto bene, unita a quella esterna con piacevoli scorci olandesi. Recitazione tipica del periodo ma efficace. Il suo più grande difetto è un certo rallentamento a metà della pellicola. Ma varrà la pena superare questa parte noiosa. Notevole.
Il mulino a vento ha un suo intrinseco fascino sinistro, e in questo film ancor di più visto ciò che quelle pale movimentano. Bella, inoltre, l'ambientazione olandese. Paga l'ovvia età degli effetti speciali e un ritmo un po' lento, ma la storia gotica di base funziona. Non molto espressivo Brice, ottimo invece Böhme, il cui volto è perfetto per la parte. Ciò che davvero colpisce del film è però l'epilogo che, seppur breve, risulta realmente macabro e spaventoso; basta quello per giustificare la visione del resto. Meriterebbe un remake, per poter usufruire di effetti migliori.
MEMORABILE: Il carillon e soprattutto la sua distruzione conclusiva, una scena da incubo esaltata da ottime musiche.
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HomevideoZender • 20/05/11 12:32 Capo scrivano - 48271 interventi
Uhm, passato troppo tempo ma, come avevo scritto, la scena nel dvd Neo è assolutamente presente. All'epoca feci il confronto e me ne accorsi.
Allan ebbe a dire: Undying, scusa, ti segnalo una piccola svista in curiosità: la bella n.2 non è la Carrel ma Scilla Gabel.
Grazie Allan, hai proprio ragione :)
Rettificata la curiosità eliminando la foto con Scilla Gabel che nulla c'entra.
Il capezzolo è pero quello di Dany Carrel.
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni (un po' "vissuto" per via del tempo) (Ciclo: Horror all'italiana, Luglio 1982) di Il Mulino Delle Donne Di Pietra:
Nell'intervista inclusa negli extra del dvd Liana Orfei, una delle protagoniste del film, racconta che in un piccolo cameo appariva anche il grande Terence Hill, ma la scena fu poi tagliata in fase di montaggio. Peccato.