Dostoevskij - Miniserie TV (2024)

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La nostra recensione di Dostoevskij

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Se, nella durata contenuta di un film, i fratelli D'Innocenzo sono in qualche modo costretti a sintetizzare, in una serie di sei puntate (il calcolo complessivo del girato si aggira sulle cinque ore) possono ampliare gli orizzonti e trasferire, in una storia costruita sulle basi del poliziesco e del thriller, tutta la forza di uno stile riconoscibile, riuscendo a lasciare il segno. Dovendo seguire una traccia che inevitabilmente porterà la squadra del "supersbirro" Enzo Vitello (Timi) a individuare il solito serial killer (chiamato Dostoevskij per la sua abitudine di lasciare vicino ai corpi delle vittime propri componimenti), i D'Innocenzo scrivono e dirigono una serie che...Leggi tutto utilizza uno spunto classico per portare in scena il loro mondo fatto di ultraperiferia degradata, di desolazione a tutto tondo, di disperazione e abbandono, di edifici fatiscenti perduti nel verde e nella terra di una campagna semideserta.

Si pongono in evidenza la caratteristica fotografia sgranata (cui si aggiungono di tanto in tanto addirittura spuntinature fasulle), l'amore per le luci artificiali della notte, per il buio che inghiotte paesaggi e ambienti, l'attenzione alle musiche, i dialoghi frammentati che sembrano a volte rallentare fino a dissolversi nel nulla... E insieme anche certi difetti connaturati al tipo di proposta, come alcune divagazioni talora superflue diluite oltre ogni logica (in alcuni incontri con la figlia, ad esempio). Si avverte forte il desiderio legittimo di distruggere regole e schemi precostituiti per proporre qualcosa di nuovo, che sappia costruire intorno a una storia piuttosto tradizionale, nella sua impostazione e nei suoi sviluppi, un'impalcatura formale che ne dissimuli la scarsa originalità avvolgendola di una patina grezza e fresca, di un linguaggio personale ormai messo sempre più a fuoco.

Filippo Timi, con l'inconfondibile voce calda e profonda, rappresenta con il suo Enzo Vitello la figura cardine. Tormentato, depresso, sull'orlo del suicidio, deve cercare di curare una figlia tossicodipendente (Gamba) con cui è in perenne conflitto, fronteggiare l'arrivo di un collega giovane e spavaldo (Montesi) e assecondare gli slanci amichevoli del suo capo (Vanni). Arduo nel contempo risalire al responsabile degli efferati delitti: Dostoevskij è il più classico dei killer inafferrabili e non sembra proprio che la squadra di Vitello abbia i mezzi per fermarlo. Ma poi finalmente una traccia: alcune parole lasciate dal killer che potrebbero essere ricondotte a un orfanotrofio smantellato, dove forse questi è cresciuto. Qualcosa si muove, anche se sempre all'interno di un complesso disegno corale che distrae continuamente dagli elementi legati al thriller.

Il dramma del protagonista si unisce parzialmente a quello del suo capo, ma intanto ciò che conta - è evidente - è il modo di raccontare la vicenda, figlio degli stessi registi di AMERICA LATINA, film con cui si ravvisa più d'un punto di contatto (l'oscurità prima di tutto, interiore ed esteriore). La sensibilità nel cogliere l'arte nei paesaggi e i movimenti di macchina sono parte di una poetica superba che non lascia indifferenti. Può indisporre chi non è avvezzo a certi ritmi lenti (fino all'insostenibilità, talvolta), a chi pretende di ascoltare sempre discorsi compiuti, a chi fatica ad accettare su schermo concetti come rarefazione, astrazione... E se è indubbio che parlando in termini strettamente "gialli" l'intreccio sia semplice e privo di veri indizi che ne permettano un coerente, buon disvelamento, la sua conclusione, feroce e sanguinaria, è puntellata da particolari imprevedibili, che vengono sovrapposti e aggiunti in una sorta di depistaggio ideale, con improvvise uscite dalla pista principale apparentemente inutili che però arricchiscono - in questo caso - il quadro entro il quale si svolgerà l'ultima parte.

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Tutti i commenti e le recensioni di Dostoevskij

TITOLO INSERITO IL GIORNO 2/12/24 DAL BENEMERITO DIDDA23 POI DAVINOTTATO IL GIORNO 23/02/25
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Didda23 2/12/24 10:12 - 2474 commenti

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Un poliziotto (uno straordinario Timi) con indicibili tormenti interiori è alla ricerca di un serial killer che lascia delle lettere sul luogo del crimine. Una miniserie a suo modo unica che si focalizza soprattutto sull'umanità dei personaggi (tutti hanno in comune una solitudine di indicibile tristezza) a discapito della trama gialla (che a onor del vero non entusiasma). Un'opera che è costantemente un pugno nello stomaco, sia per la forza e repellenza di talune immagini, sia per il coraggio di certi dialoghi. La forma è strepitosa e la scelta di ogni singola location è sublime.
MEMORABILE: Timi che si induce il vomito; La straordinaria confessione di Timi alla figlia nella camera d'albergo; Il casolare del venditore di armi.

Daniela 6/12/24 03:37 - 13411 commenti

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Poliziotto problematico indaga su un serial killer che lascia accanto alle vittime delle lettere in cui esprime la propria visione pessimistica del mondo: potrebbe essere la trama di una serie investigativa come tante altre e invece è una discesa nell'abisso al cui confronto l'indagine di Hart e Cohle sembra un'allegra scampagnata. Le ambientazioni squallide, la fotografia spenta, il disegno dei personaggi rafforzano l'impatto di questa serie non priva di difetti ma che, picchiando duro fino a raggiungere picchi quasi insostenibili, costituisce un unicum, nel panorama nostrano.
MEMORABILE: La confessione alla figlia; Quel che succede nel casolare nell'ultimo episodio.

Redeyes 20/12/24 12:10 - 2504 commenti

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Un Timi in stato di grazia in questa eccellente serie che ci stupisce un po' sia italiana. La sceneggiatura riesce nell'arduo compito di annichilire ogni incongruenza nell'intreccio giallo con sublimi dialoghi e una lenta ed estenuante discesa negli inferi dell'animo. A tale percorso contribuiscono eccellenti interpretazioni, una fotografia sporca, location da brividi e una crudezza che ci colpisce dritto allo stomaco. Come detto si potrebbe restare delusi dal plot giallo, ma tutto il resto compensa abbondantemente. Fukunaga approverebbe di certo, e non solo lui!
MEMORABILE: La confessione alla figlia.

Reeves 22/12/24 08:43 - 3148 commenti

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Violentissimo, sorprendente, ben girato e soprattutto ben recitato (Filippo Timi grandeggia). Questo esperimento dei fratelli D'Inncenzo rivoluziona le regole della fiction televisiva (anche formalmente, visto che i vari episodi hanno durata molto diversa tra loro) e ci fa sprofondare in una periferia degradata, dove la vita non è semplice e i sentimenti devono per forza essere compressi.

Beffardo57 7/01/25 10:20 - 309 commenti

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La serie sciorina tutta una poetica dello squallore (dei luoghi, degli interni, dei personaggi, delle situazioni) che è troppo insistita, didascalica, programmatica, intenzionale. E anche la messa in scena concorre: fotografia sporca e scura, mdp che insegue ballonzolando il protagonista con conseguente mal di mare dello spettatore, recitazione strascicata (e suono in presa diretta, così si perde molto degli scarni dialoghi), un po' di splatter per gradire. La trama fa acqua da tutte le parti e il twist finale potrebbe funzionare in un romanzo, ma qui lascia perplessi.

Cotola 21/03/25 18:59 - 9623 commenti

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La serie-tv italiana che non t'aspetti: forse mai si era visto nel nostro paese un prodotto tanto radicale. Se è vero che l'elemento thrilling diventa sempre più marginale, è altrettanto vero che la sceneggiatura dei fratelli D'Innocenzo - che continuano a perseguire le loro personalissime idee di cinema - è magistrale nel descrivere un livello di marciume e di degradazione umana che raggiunge picchi spaventosi e non sopportabili. Tutto ciò incarnato dal personaggio di Timi, che fornisce una prestazione straordinaria. Da vedere, ma non per tutti i gusti poiché devastante.
MEMORABILE: L'insostenibile confessione di Timi alla figlia.

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