Evaporato il fascino nipponico fin dalle prime scene si cerca di dare a questo adattamento un taglio comunque accattivante, ma ne esce fuori un teen-movie che non graffia minimamente. Nel cast il solo L ha l'appeal giusto, gli altri con faccette alla Tredici e morti da destinazione finale galleggiano. L'elemento novità Mia niente aggiunge e lo stesso Ryuk pare impalpabile rispetto all'originale. Siamo a migliaia di anni luce dal machiavellico anime.
Pur non essendo un fan sfegatato dell'anime originale, questa produzione firmata Netflix mi ha spiazzato e non in senso positivo. La gestione televisiva, unita a morti inutilmente splatter e sopra le righe, fa pensare a un Final destination di seconda mano. Il finale con musiche fuori luogo e le scene sbagliate nei titoli di coda fa supporre che i soggetti coinvolti avessero un minimo di consapevolezza del livello del film; forse avrebbero dovuto prendere la strada della parodia. Dafoe sarebbe stato un ottimo Ryuk anche senza la motion capture.
Il film originale non era un capolavoro ma il plot intrigante poteva ben prestarsi ad un remake meno pupazzoso, invece ne è venuta fuori una brutta copia in cui l'unico elemento di potenziale interesse - aver ingaggiato nel cast Dafoe - è azzerato dal ricorso alla CGI che lascia all'attore la sola voce di Ryuk. Quanto al protagonista, è tanto anonimo e amorfo che per dargli un minimo di credibilità gli hanno dovuto affiancare una bad girl ancora più stupidella e determinata di lui nel voler far fuori i cattivi o presunti tali. Filmetto felicemente perdibile.
MEMORABILE: Il bullo punito per il dimezzamento della testa
Robetta prodotta dalla Netflix: professionale ma puerile, senza vita, senza stile. Una serie di riciclaggi assemblata con fare melodrammatico, un po' di action e la captatio benevolentiae verso un pubblico di adolescenti o su di lì. Final destination o il solito fumetto giapponese sono le basi di argilla di tale ragazzata: cosa sperare? Di attori, l'essenza del cinema, nemmeno si parla più. Di letteratura (la scrittura che genera morte, lo spunto potenzialmente interessante) se ne fa volentieri a meno. Da seguire con un occhio solo.
Parola d’ordine: Marvelizzare. Figurarsi se Netflix, con un manga ingegnoso tra le mani, poteva esimersi: ne viene fuori il fumettone pirotecnico con qualche scena di rilievo (la ruota panoramica), ma anche con una parte centrale che gira sempre in tondo e un protagonista il cui carisma deve essere finito impresso sul quaderno mortifero. Il meglio è all’inizio, quando ci si limita al body count paranormale e quando ancora non avevamo capito che fine avesse fatto Willem Defoe. Rimane preferibile un salto in fumetteria.
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CuriositàDaniela • 8/08/19 12:32 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Death Note è un manga ideato, scritto da Tsugumi Lba e illustrato da Takeshi Obata, che ha avuto varie trasposizioni cinematografiche in Giappone.
La prima è Death Note (noto anche come Death Note - Il film), diretto da Shksuke Kaneko nel 2006, la cui trama è ricalcata da questo adattamento statunitense con alcune modifiche come l'introduzione del personaggio di Mia.