Gioventù viziata e svergognata: la corsa a chi è più in mostra, chi sgualdrineggia di più e per prima, chi è più eccentrica di chi, chi meglio si lascia consumare dall'i-phone e fb. A serbian (de)generation, srpski albakiara, thriteen candles con quel vago non so che di uomo spezzato, tra tautologia che fa la voce tonante e alcuno sviluppo narrativo manco per sbaglio. Ma un bel kidsene? Un filmetto senza appeal né grinta, empio e sottovuoto come la generazione che ben fotografa, mal sorretto dalla stampella del ricercato scandalo (lei ha 15 anni), che mai apre su qualcosa e mai chiude su niente.
Ritratto di gioventù serba al confine tra il provocatorio e il realismo spinto, anche in virtù di scene sessualmente esplicite. Nella vita nei bassifondi regna la noia, lo sballo, pochi soldi in tasca, il sesso. Basta un cellulare per aver la sensazione almeno di partecipare a un gioco più grande, dove la miseria, anche culturale, la fa da padrona. I ragazzi son credibili, anche se l’impressione è che si ecceda.
Se nel degrado a 360 gradi può esservi un motivo d'interesse, accomodatevi. Se la regista voleva scandalizzare, nell'era della conclamata di assenza di idee dei filmetti che adolescenti privi di idee pubblicano su YouTube, non c'è riuscita. Tutto il film è pervaso da un senso di inutilità, di vuoto, povero e squallido esattamente come le persone, le cose, i suoi ambienti interni o esterni. Se un film deve avere un senso, qui manca e chi lo guarda può solo provare disagio e noia. Meglio il nulla, uno schermo su cui non scorre alcuna immagine.
E' un periodo che in Serbia hanno voglia di scioccare il pubblico con film crudi che non lasciano spazio all'immaginazione. La gioventù serba non ci fa una gran bella figura (per usare un eufemismo), anche se poi alla fin fine il ritratto è quella di una generazione (e qui la cosa si estende ben oltre i confini di una nazione) allo sbando. Il sesso viene vissuto dai ragazzi in differita come mezzo da associare alle droghe per nascondere una profonda insicurezza. E' il tempo in cui dirsi ti voglio bene rappresenta una minaccia.
Peni eretti e vite sgonfie, fotografie di morti e occhi digitali che scrutano tutto e tutti, una generazione post-Djindjic che tira avanti a coca, fuitine e slogan pro Kosovo. Clarkista sia nell'impostazione che nella ricerca dello scandalo a buon mercato e a tutti i costi (capirai), privo di quella patina ereditaria di balcanicità che ne potrebbe illividire i risultati. L'unica tumefazione rimane quella sul volto di Jasna, insensibile a ogni cosa che non sia l'apparire. La brava Milos ha dimostrato di saper fare molto di meglio.
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dalla serbia con furore, generazione sottozero. filmetto che si fa forte solo dello scandalo sortito (la protagonista ha 15 anni) ma che poi si para le spalle col ridicolo disclaimer "nessuna minorenne è stata coinvolta in scene hard": capirai, mimate o meno con falli posticci e sperma finto, è pur sempre contesto hard ed è pur sempre una quindicenne. ciò detto, cinematograficamente niente di che.
...e con questo festeggio il mio millesimo commento! wow urca appicicchia yeah let's dance c'mon everybody now!