Come gestire un manicomio nel secolo dei Lumi? Con la fredda e cinica ragione del malvagio Karloff oppure con lo spirito di comprensione della rousseauiana Lee e del quacchero Fraser? Robson propende ovviamente per la seconda scelta e tra richiami a Poe, Freaks, M e riferimenti alla politica inglese (differenze tra tories e whigs), sa garantire momenti di tensione e claustrofobia, come di rigore nelle produzioni RKO di Val Lewton (anche co-sceneggiatore).
Bedlam è un manicomio gestito in maniera crudele da un direttore con pochi scrupoli ed avido, durante il XVIII secolo. Boris Karloff al solito è a suo agio con le tinte fosche di questo personaggio dalle sopracciglia cespugliose e una facies da maschera tragico-horror. Sottofondo claustrofobico, ma troppo poco per dare spunti di tipo storiografico alla situazione manicomiale dell'epoca: ma forse non era nei progetti del regista...
Il film affronta la delicata tematica della follia nel secolo dei Lumi. L'ospedale di Santa Maria di Betlemme a Londra rappresenta lo scenario della nostra storia. Discrete la regia e la fotografia, che contribuiscono in maniera decisiva alla credibilità dello sviluppo narrativo. Karloff nei panni del classico cattivo di turno, a suo agio come direttore aguzzino del manicomio. Labile la distinzione tra sanità mentale e pazzia, a tal punto da essere usata come arbitrario passepartout per giustificare l'internamento di soggetti "scomodi".
Interessante film sulla pazzia nel secolo dei lumi, sostenuto dall'ottima prova di Karloff, spietato e sgradevole come poche altre volte. Robson costruisce una buona tensione e la fotografia aiuta a creare bei momenti di paura all'interno del manicomio. Oggi può risultare un po' datato, ma ha comunque i suoi punti di forza.
Film ispirato all'illustrazione di Hogart raffigurante il tristemente famoso manicomio di Londra, Bedlam. La trama mette in evidenza come fossero maltrattati i malati di mente nel Settecento: protagonisti un quacchero e una donna che vogliono migliorare le cose, però dovranno vedersela col perfido direttore dell'istituto, ottimamente interpretato da Karloff. Storia abbastanza ben strutturata, dove si avverte una certa tensione nei corridoi bui del manicomio. Tutto sommato un buon film.
Un Boris Karloff d'eccezione (insinuante, sarcastico e spietato: una delle sue prove migliori) domina un film di profonda cupezza. Il mondo degli insani è rappresentato con rara efficacia, senza, peraltro, mai spingere il pedale dell'orrido e del sensazionale (bellissima la scena in cui Anna Lee scopre un uomo in catene). Ottima la sceneggiatura, col suo notevole intarsio di citazioni (Dekker e Middleton, il quadro finale del ciclo del "Raks progress" di William Hogarth) e allusioni (al Poe del "Dr. Catrame e Professor Piuma").
Nel 1700, il sadico dispensiere del manicomio di Londra organizza spettacoli con i pazienti al solo scopo di divertire ricchi crapuloni. Una giovane attrice, indignata dai suoi metodi, prova a contrastarlo, finendo per essere giudicata malata di mente e rinchiusa nel tetro edificio... Più film di denuncia sociale che horror, un piccolo film non privo di difetti a cominciare da una certa ingenuità nella trama ma suggestivo nell'ambientazione ed impreziosito dalla magnetica presenza di Karloff in un ruolo particolarmente viscido e crudele a cui spetta un'adeguata uscita di scena.
MEMORABILE: Il tribunale dei pazzi con uno dei giudicanti che ripete più volte il salomonico "Dividetelo in due!"
Dramma sorretto soprattutto dai dialoghi, ben studiati e mai banali, che può contare anche sulla buona prova degli attori (Karloff ha la solita maschera inquietante tarata sul genere), su tutti la ragazza, che interpreta bene il suo personaggio (astuta, sagace, ma anche sensibile e compassionevole). Il bianco e nero aiuta, soprattutto nelle scene all'interno del manicomio, creando la giusta, lugubre, sinistra e sporca ambientazione. È uno di quei casi in cui la datazione aiuta la pellicola. Nota di merito per i commenti di lei sul direttore del manicomio (Karloff). Riuscito.
MEMORABILE: La protagonista, una volta internata, per un breve periodo scorda la compassione sostituendola con disprezzo e paura; Il processo con giusta sentenza.
Più che un horror, un film di denuncia delle condizioni dei pazienti in quello che, nel '700, era il più celebre istituto londinese per la cura delle malattie mentali. Abbastanza prevedibile nei suoi sviluppi narrativi, ma si avvale di una buona messa in scena e di un ritmo vivace, e le sequenze più propriamente manicomiali offrono anche una lugubre atmosfera e un pizzico di tensione. La maschera sinistra di Boris Karloff si adatta perfettamente al tipo di storia, ma anche l'indomita e anticonformista Anna Lee fornisce un'ottima prova.
Buon dramma in costume prodotto da Lewton e diretto dal fedele Robson, come sempre abilissimo fabbricatore di atmosfere macabre che sconfinano più volte nell'horror tout-court (il processo orchestrato dai "diversi" contro il loro aguzzino, in una rivalsa di reminiscenze browninghiane). Nonostante l'impostazione un po' teatrale manifesti una messinscena irrimediabilmente datata, specie durante la prima tranche, gli assoli di cinismo (il pazzo istrione ridicolizzato fino alla morte dai ricchi commensali) e la demoniaca performance di Karloff nobilitano il prodotto. Umanamente corretto.
MEMORABILE: L'evaso precipitato "accidentalmente"; Karloff e la sua parrucca; Gli spettacoli coi matti tipo Titicut follies; Il pazzo che fissa il cielo stellato.
Soggetto stimolante, ma poco incisivo come sviluppo. Questa trasposizione romanzata dello storico ospedale psichiatrico di Bethlem, dove i "loonies" venivano sfruttati come fenomeni da baraccone, è un’occasione persa, anche se offre qualche spunto interessante. Purtroppo, non essendo stato doppiato all’epoca, è fortemente penalizzato anche dalle voci "televisive" anni ’70, scollegate stilisticamente dalle immagini. Perfetta in compenso la fisicità deforme di Karloff: un aguzzino con dei tratti da folle che governa dei folli con dei tratti normali. Vale più lui del contenitore.
Film di denuncia sul trattamento della malattia mentale nell’Inghilterra del ‘700, ben poco “illuminato”, con i pazienti (non di rado sani, ma internati in quanto “diversi”) considerati alla stregua di fenomeni da baraccone, e sviluppato tra il cinismo di Boris Karloff e la pietas (spesso coniugata con arguta ironia) del modernissimo personaggio interpretato dalla notevole protagonista femminile Anna Lee. Appare evidente l’approccio teatrale alla vicenda, con una grande attenzione per i dialoghi e il rimarchevole e tenebroso impatto scenografico delle sequenze manicomiali.
MEMORABILE: “Lord Mortimer è un maialone, ha il cervello piccolo e un gran pancione”; L’esibizione del ragazzo dipinto d’oro; Il processo a Karloff.
In un manicomio inglese del '700 i pazienti vengono trattati come fenomeni da baraccone per divertire un pubblico insensibile desideroso di emozioni forti, fino a quando la protetta d'un lord, colpita dalla crudeltà dei trattamenti, si ribella per poi finire anche lei rinchiusa in quella clinica degli orrori. Un dramma teatrale che alla meglio mescola istanze umanitarie di tipo illuministico contrapposte alle idee retrive della nobiltà, attraverso situazioni a volte risibili (il ricatto del pappagallo) con un tocco di horror piuttosto ingenuo. Un cast dignitoso su cui spicca Karloff.
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Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (Ciclo: "Lo specchio scuro", martedì 24 Luglio 1984, come da ricerche di Zender) di Bedlam-Manicomio:
La Special Edition del DVD Sinister restaurato in HD presenta il film in una versione ben definita per quanto non esente da una certa sporcizia. Nel complesso il b/n è bilanciato e la visione soddisfacente.
Il disco contiene anche un documentario "The Man in the Shadows" sul mitico produttore Val Lewton, della durata di un'ora e un quarto, narrato da Martin Scorsese.