Note: Aka "4-4-2 Il gioco più bello del mondo" o "4 4 2 - Il gioco più bello del mondo". Episodi: "Meglio di Maradona", "La donna del mister", "Balondòr", "Il terzo portiere".
Approfondimenti e articoli su 4-4-2 - Il gioco più bello del mondo
Quattro episodi ambientati nel mondo del calcio minore, sostenuti da discrete sceneggiature ma di diversa riuscita. Il primo (MEGLIO DI MARADONA) è il più debole, incentrato sulla figura di un ragazzino dotatissimo che da Napoli (l'uso del dialetto stretto rende quasi incomprensibili alcune parti), dov'è allenato da un mister (Nino D'Angelo, poco presente in scena) che ne asseconda l'indole anarchica, se ne va a Torino tra gli allievi della Juve. Non accetterà imposizioni da nessuno portando l'episodio a concludersi banalmente, senza sorprese. In LA DONNA DEL MISTER (siamo nell'ambito del calcio femminile), la futura moglie di un allenatore troppo...Leggi tutto "mammone" conosce la testa matta della squadra, che è lesbica, e ci esce insieme. Ben recitato, gradevole e persino abbastanza originale. Con BALONDÓR entrano in scena gli attori "veri". Gigio Alberti è un talent scout freelance che porta dall'Africa a Milanello un ragazzino prodigio, che vuole piazzare al Milan ad ogni costo contando sulla conoscenza di un dirigente (Antonio Catania). Tutto basato sull'incomunicabilità tra Alberti e il ragazzino (che parla la sua lingua) è l'episodio che meglio coniuga divertimento e tristezza. Alberti è molto bravo, Catania (una piccola parte) pure. Chiusura con IL TERZO PORTIERE, in cui un portiere dal passato glorioso (Valerio Mastandrea) decide insieme a due compagni di far perdere la propria squadra e arricchirsi puntando sugli avversari. Mastandrea versione cane bastonato è convincente e ben assecondato dal resto del cast. La regia brillante fa il resto e l'episodio, non certo comico, si rivela piuttosto incisivo (finale escluso).
Un 7 di stima; il difetto peggiore è che di ogni episodio bastano mediamente 2-3 minuti per capire come andrà a finire. Il migliore l'episodio con Ravello allenatore mammone e la fidanzata dalle tentazioni lesbo.
Quattro episodi sul mondo del calcio, quattro risultati differenti: tra questi giudico positivamente soltanto l'ultimo, ossia "Il terzo portiere", interpretato da un valido Mastandrea nel ruolo appunto di un portiere ormai al dessert che spende le ultime cartucce della propria carriera seduto sulla tribuna di una modesta squadra di C cercando di capire come gestire al meglio, per così dire, il proprio tramonto... Consiglio: accendete il televisore dopo che i primi tre episodi sono conclusi!
MEMORABILE: "Barza para per noi", naturalmente ne "Il terzo portiere"...
Si parla di scuole calcio poco attente all'estro, di giocatori che si vendono la partita, di colonizzazione del calcio africano. Purtroppo, pur potendo contare su spunti tutt'altro che banali e su prove d'attore decisamente convincenti (il duetto Alberti/Catania fa rivivere bei momenti della commedia all'italiana), il film soffre dell'evoluzione buonista del genere. Eccoli lì, quindi, i "mostri": mediocri, sfruttatori, sgradevoli. Fino, però, al guizzo finale che li trasforma in eroi. Piccoli, ma eroi.
Simpatico film ad episodi sul mondo del calcio. Non ci si stanca mai di dire che è difficile filmare e raccontare il calcio sul grande schermo senza cadere nella banalizzazione. L'episodio iniziale, recitato in dialetto strettissimo, andava sottotitolato, il secondo voleva forse più sesso, sul terzo non ho niente da eccepire; la quarta storia è prevedibile ma ben recitata da Mastandrea.
Film a episodi (per un totale di quattro) sul mondo del calcio e su quello che vi ruota attorno. I primi due li ho trovati decisamente deludenti e francamente inutili, mentre gli ultimi due (Balondòr e Il terzo portiere) mi sono piaciuti davvero molto. Soprattutto l'ultimo (anche perché in un certo senso tristemente attuale) che vede il "Barza" (Mastrandea) portiere a fine carriera, deciso finalmente a sistemarsi economicamente cercando di truccare l'ultima partita da professionista della sua vita. Una buona variazione sul tema.
Quattro episodi sul mondo del calcio minore con valenze diverse. Il buonismo impera con vigore. Discreto il primo episodio con D'Angelo, macchiettistico il secondo con un insopportabile Ravello, sufficiente il terzo con Alberti protagonista, simpatico l'ultimo con Mastandrea in parte. Film leggero ma dignitoso.
Non una commedia in senso stretto: sono mostrati aspetti poco edificanti di quello che una volta era il gioco più bello del mondo, come ironicamente viene indicato nel titolo. Certo, a tratti si sorride, ma nel complesso è l'amaro che prevale, nonostante si cerchi di alleggerire con finali lieti o quasi. Nello specifico, l'epilogo del 4° episodio mi ha ricordato quello di Quella sporca ultima meta e il suo "Ne è valsa la pena?". Pare di sì, così come è valsa la pena di vedere questo film.
MEMORABILE: L'orario indicato sulla sveglia del 2° episodio, 4.42, che si rifà al titolo.
Lavoro a episodi per raccontare alcune vicende ai margini del business calcistico. Delle parti coi ragazzini una poteva essere sacrificata (la prima s'intende, in quanto nell'altra Gigio Alberti fa la sua figura), mentre la seconda di Cupellini è a dir poco inutile grazie a una Inaudi insopportabile e Ravello che sbaglia commedia. L'ultima si salva per la tematica che fa riflettere e per Mastandrea che parla in livornese e fa assaporare il livello del calcio minore e di chi è a fine carriera.
MEMORABILE: Il passaggio sotto lo stadio in motorino.
Il calcio che non t'aspetti, o forse sì. Quattro episodi diseguali che hanno in comune soggetti piuttosto scontati, in cui il colpo di teatro arriva telefonato e con poca energia. Migliori forse gli ultimi due, grazie a un cast più in forma in cui brilla il solito Mastandrea, che sembra crederci più degli altri. Sceneggiature elementari e regia senza salti per un film riuscito a metà. Potrebbe piacere agli appassionati di calcio. Gli altri possono tranquillamente lasciar perdere.
Storielle che ruotano attorno al mondo del calcio, tutte piuttosto inconcludenti, soprattutto le prime due che lasciano una sensazione di futilità a fine segmento. Un po' meglio gli ultimi due episodi, uno con uno straordinario Alberti e l'ultimo più compiuto con un Mastrandrea che interpreta il classico perdente con orgoglio della commedia all'italiana. Sciape anche le regie, indistinguibili l'una dall'altra.
Pellicola ad episodi sul mondo del calcio che vive di alti e bassi: se i primi due episodi lasciano il tempo che trovano (specie il primo "Meglio di Maradona", troppo denso di luoghi comuni...), gli ultimi due sono più riusciti, specie quello finale con Valerio Mastandrea assoluto protagonista. Nel resto del cast, buona prova di Gigio Alberti ( un "talent scout" che porta al Milan un ragazzo di colore...). Un film complessivamente sufficiente, che si lascia guardare pur rimanendo su livelli non elevati.
Film a episodi, tutti imperniati sul calcio, o meglio, sui sogni e sulle ossessioni che girano intorno al mondo del pallone. Dei quattro episodi il migliore è sicuramente l'ultimo, che ha una storia leggermente più articolata e in cui Mastandrea, nonostante sia strano sentirlo parlare toscano, fa qualche colpo di tacco e qualche finta per cercare di deliziare il pubblico. Mentre per i primi tre episodi pare si faccia melina, con la speranza che l'arbitro fischi la fine quanto prima, così da portare a casa il sospirato pareggio. Pellicola invecchiata male. Pareggio immeritato.
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Motivo conduttore la bellissima Una stanza vuota, scritta da Morricone e cantata da Lisa Gastoni per il film di Lizzani Svegliati e uccidi - Lutring, qui finalmente ripescata, giustamente nella sua versione originale:
Episodio "La donna del mister" La partita che Chiara (Foglietta) guarda in televisione prima dell'arrivo in casa sua di Laura (Rohrwacher), la fidanzata pugliese del mister Alberto (Ravello), è composta da due partite: La prima è Inter - Milan 2-4 del 21 ottobre 2001 e valevole per l'8° giornata di Serie A '01/'02:
Episodio "Balondòr" La partita, come anche detto nel film, che il procuratore sportivo Antonio (Alberti) fa vedere in televisore al giovane Omar, prima della presentazione a Milanello, in modo da fargli apprezzare il gioco di una grande squadra di calcio, è Milan - Barcellona 4-0 del 18 maggio 1994, finale di Coppa dei Campioni '93/'94.