Rebis • 2/09/12 17:19
Compilatore d’emergenza - 4448 interventiDirei che in entrambi i casi si tratta di forme estreme rispetto ad un canone narrativo “maggioritario”, una per sottrazione (Van Sant) una per esubero (Noè): l’autore si piazza davanti allo spettatore e lo costringe a seguirlo in una narrazione non conforme, innesca una provocazione insomma...
Ci sarebbe da discutere su quanto detta provocazione sia funzionale al narrato, tenendo conto però di alcune differenze sostanziali: Van San parte da una storia vera ed eclatante, che ha scosso opinione pubblica, antropologi, sociologi e filosofi (il massacro alla Columbine) per mostrare come lo scatenarsi della violenza risponda ad una logica inintelligibile per quanto macroscopica e destabilizzante; potrà non piacere il suo approccio e i derivati, potrà lasciare indifferenti, ma non gli si potrà negare di essere rimasto all’interno del campo che ha definito nelle premesse. Noè parte da un qualsiasi fatto di cronaca nera per poi deragliare verso i massimi sistemi: un’allegoria biblica con tanto di caduta dal paradiso terrestre, Sodoma e Gomorra in terra (nelle dark room…) e voli pindarici kubrickiani. Insomma non gli si potrà negare che sta raccogliendo fuori dal seminato (e verosimilmente piacerà proprio per questo). Ma c’è un altro elemento che li distingue: quello di Elephant non è lo stile di Van Sant, ma è lo stile che Van Sant ha scelto per raccontare quel soggetto, e che ha radicalizzato in Last Days per poi abbandonarlo e sperimentare altro. Quello di Noè è lo stile di Noè punto e basta: potrà raccontarci la storia dei tre porcellini, ma spargerà comunque dolly, carrelli e piano sequenza da sbocco.
Le ragioni che mi fanno preferire il primo al secondo credo siano implicite in quanto ho scritto, oltreché soggettive.
Non sono d’accordo invece su quanto si è detto relativamente alla necessità di spettacolarizzazione: se il cinema dovesse rispondere sempre ad un criterio di spettacolarità per essere di qualità allora se ne andrebbero a quel paese Neorealismo, Dogma, una buona fetta di cinema francese, italiano, orientale, certo cinema civile, l’intero universo del documentario e quant’altro… è una tua esigenza Zender ed è un crisma hollywoodiano quello della spettacolarità, e la scelta di non rispondervi, se è consapevole e intenzionale, non rappresenta un declassamento oggettivo, o un limite. Van Sant lo ha adottato per due storie americane chiacchieratissime e in esubero di esposizione mediatica (il massacro alla Columbine e la morte di Cobain) proprio per imporre finalmente un po’ di silenzio e rispetto. Volendo, non ha fatto nemmeno un’operazione così intellettualoide ed ermetica come si pretende.
Caro Schramm, francamente non saprei cosa dirti ancora se non che la tua persuasione occulta sta funzionando e la visione del film serbo ormai incombe (dati gli impegni direi comunque non prima di un paio di settimane) e che mi auguro solo mi riservi almeno qualche sottigliezza in più del cinema di Noè... o che mi conduca nei meandri metafisici di Lynch...
Ultima modifica: 2/09/12 17:21 da
Rebis
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