Di ritorno da una cena con amici, una coppia con prole si ferma a passare la notte in un hotel. L'uomo è tormentato dal mal di denti, la donna è nervosa, la neonata si sveglia in continuazione, i vicini disturbano... Girato negli USA da un regista iraniano, un horror claustrofobico con palesi richiami overlookiani basato sull'impossibilità di rimuovere il passato con il suo carico di segreti inconfessabili e sensi di colpa. Plot poco originale ma risultato che, pur in economia di mezzi ed effetti, trasmette almeno in parte la sensazione di trovarsi in una trappola senza via d'uscita.
MEMORABILE: Il poliziotto dentro la stanza invita ad aprire la porta al suo collega nel corridoio.
Un'agiata coppia insieme alla figlioletta di pochi mesi decide di passare la notte in un hotel per evitare la lunga strada verso casa, ma oltre i nervosismi, il mal di denti di lui e la bimba sempre sveglia, l'albergo si rivelerà un incubo per la "presenza" di fenomeni non poco disturbanti. Con pochi mezzi e scarsità di idee, il regista vorrebbe ripercorrere le atmosfere kubrickiane puntando sui pregressi non detti della coppia che si riaffacciano frettolosamente verso il finale per cercare di dare senso agli accadimenti. Effetti orrifici visivi e sonori al minimo, tensione zero.
Co-produzione statunitense iraniana: una coppia con infante alloggia in hotel dopo una cena tra amici, ma iniziano ad accadere cose strane. L'hotel infestato (che a volte sembra vivere di vita propria) può ricordare Shining, o le vicende di John Cusack nella più recente stanza 1408 senza via d'uscita. Ben confezionato, con sceneggiatura interessante che ad un certo punto mostra un significato più profondo, allegorico, che però finisce per direzionare la pellicola verso un finale aperto ma al tempo stesso inconcludente, vanificando gran parte del lavoro. Tornate alla 1408.
Una notte e un (non) luogo, escamotage per imporre traumi, segreti e riedificare un flebile presente intrappolato in un ingombrante passato. La regia di Ahari frena le ambizioni psico-sociologiche, mentre il comparto audio-visivo svolge nella definizione dello spazio-tempo un ruolo pressoché determinante. A tratti prevedibile ma con un buon cast e una sequenza finale da brividi.
Lui e lei, una arcana camera d’albergo: le suggestioni oscure dovrebbero avvinghiarci e invece la situazione invita a prendere la coperta e schiacciare un pisolino. Ovvio qualcosa non funzioni, ma d’altronde nesso e causa affondano fino al collo dentro una spiazzante ordinarietà e riempire più di cento minuti (eccessivi, davvero) con un pugno di attori e un paio di corridoi, quando si pensa che cura formale e gusto siano sufficienti, è impresa improba. Attenta la regia, va rimarcato, però non lascia in eredità né orrori né, purtroppo, una qualsivoglia considerazione. Pleonastico.
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