Ambientato in Senegal, il film è l'esempio concreto che a qualsiasi latitudine i sentimenti e le emozioni riescono a emergere indipendentemente dalle situazioni. Parte come un film di Ken Loach, con lavoratori che non vengono pagati da mesi, si trasforma in una storia d'amore impossibile per virare poi nel fantastico. Una sceneggiatura che è una sorta di scheggia impazzita fuori controllo che però riesce a essere armoniosa e che coniuga tanti elementi del cinema drammatico in qualcosa di assolutamente originale.
Lei e lui si amano, ma lui è povero e lei è stata promessa in sposa ad un altro. Per cercare lavoro, il ragazzo parte verso la Spagna insieme ad un gruppo di compagni ma durante la traversata... Le premesse sembrano preludere ad un banale vicenda sentimentale ma questo film senegalese mixa generi e suggestioni con risultati fascinosi ed interessanti: la storia di questi "revenants" intreccia infatti al tema della forza dell'amore oltre la morte quello della rivendicazione sociale degli sfruttati. Sensuale la stupenda Mame Bineta Sane, struggente l'epilogo.
MEMORABILE: La marcia nella notte delle donne degli annegati ed i loro occhi bianchi
Lavoratori senegalesi non pagati in patria prenderanno la via del mare. Nei diversi temi affrontati (i ricchi che approfittano della loro posizione, i migranti, la polizia che copre) viene scelta la via del sentimento. La gioventù che non può amarsi viene protetta da un alone paranormale che sfocia nell'onirico. Approccio delicato che porta però a una conclusione didascalica. Affascinanti i colori di Dakar e il popolo che con una canzone trova sempre il sorriso.
MEMORABILE: La camera da letto bianca; Le donne che reclamano i soldi; La prova della verginità.
L’oceano che attrae e che respinge. Diop lo contempla a lungo, come fa con ogni scorcio o dettaglio che finisce nel campo visivo, in una narrazione pacata e struggente, che slitta impercettibilmente attraverso i generi: sentimentale, poliziesco, horror. Il sogno d’amore della ragazza per il giovane che emigra dal suo Paese si intreccia con la rivendicazione sindacale per arrivare alla trasformazione notturna in quieti zombi, in una sospensione di realtà che è ancora realtà ed è mistero, e al tempo stesso potentissima.
Film in cui la Diop esalta il suo stile figurativo, facendosene però probabilmente attrarre troppo fino a esserne esteticamente divorata, col rischio di un'opera che dice meno di quanto vorrebbe. Come nella migliore tradizione del cinema africano, alcune intuizioni sono folgoranti (una per tutte quella degli spiriti Djinn che si "impossessano" delle donne dei muratori immigrati rivendicandone i diritti), ma perdono incisività ammantate come sono dall'esondante lirismo delle immagini e da alcune appendici narrative improponibili (il poliziotto). L'atmosfera tuttavia culla e vellica.
Un amore contrastato e impossibile fa da sfondo a una storia che racconta molto altro. La sceneggiatura sa fondere in modo mirabile i sentimenti con l'impegno civile, mescolando tra loro generi molto diversi ma dando vita a un mix che si rivela riuscito. Il film infatti sa coinvolgere e appassionare e sa far anche indignare, quando si parla di diritti negati e di condizione della donna, quest'ultima frutto di una mentalità radicata, purtroppo, anche nei giovani. L'approdo al fantastico rappresenta la freccia migliore (e inaspettata) di un film riuscito e interessante.
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Mi risulta che il titolo della distribuzione italiana (sia pure su Netflix) sia proprio “Atlantique”: manterrei quello, anziché “Atlantics” che è solo il titolo inglese e che in genere si usa quando il film non è arrivato in Italia.
DiscussioneZender • 2/02/20 11:46 Capo scrivano - 49107 interventi
Ok, se è arrivato come Atlantique in Italia d'accordo.