Più importante che bello. Il film che, secondo gli storici, ha dato il via alla blaxploitation, è tutto fuorché un film commerciale. Tematicamente (un gigolò nero che fa fuori dei poliziotti che maltrattano una pantera nera e fugge attraverso un'America di bianchi razzisti) ed esteticamente (debitore com'è della Nouvelle Vague). A vederlo oggi, appare un po' datato (specie formalmente), ma mantiene intatta la sua carica eversiva. E la colonna sonora, poi!!!
MEMORABILE: «Questo film è dedicato a tutti i fratelli e le sorelle che ne hanno abbastanza dell'uomo bianco» (didascalia iniziale).
Vale soprattutto a livello storico che per la trama in sé. Non molto coinvolgente, noioso e molto datato. Da citare che il pupetto in apertura è Mario Van Peebles, figlio del regista, che nel 2003 farà una sorta di omaggio raccontando la genesi del film in questione con lui nella parte che fu del padre.
Dal punto di vista cinematografico sono pochi gli spunti interessanti. C'è un montaggio veloce ricco di sovrapposizioni ed effetti speciali amatoriali, causa un budget limitato dalla produzione indipendente voluta allora dallo stesso regista. L'aspetto curioso è come la comunità nera abbia fatto suo questo film rivivendo in esso la loro condizione sociale: una sorta di neorealismo nero all'americana...
Grandissimo film: Van Peebles si stacca da Hollywood e realizza il suo capolavoro come un Godard dalla pelle nera e arrabbiato. Il linguaggio sperimentale, molte scene tuttora controverse e la ricchezza di messaggi per lo spettatore non necessariamente legati alla causa nera (si può realizzare un film in assoluta libertà anche con pochi soldi, se si porta avanti con coraggio un'idea) lo rendono fondamentale per il cinema e la cultura americana degli anni Settanta. OST degli allora sconosciuti, ma già bravissimi, Earth, Wind & fire.
Un fondamentale manifesto ideologico che, nel pieno degli anni più tumultuosi per le lotte di razza e genere, legittima senza mezze misure l'attivismo politico radicale della comunità nera. Che scontro senza quartieri sia, allora: quella del gigolo Sweetback è una storia di sangue e sudore che si dispiega come una jam strumentale soul-jazz le cui linee melodiche siano date per associazione e non per costruzione (grande montaggio). Poveristico nella messa in scena e sin troppo frammentario nella narrazione, oggi però rischia di annoiare.
MEMORABILE: La soundtrack.
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Nel cast anche Mario Van Peebles qui alla sua prima apparizione: è il figlio del regista-protagonista e interpreta lo stesso personaggio da bambino. In seguito divenne prolifico attore e regista lui stesso.