Ambientato nella Catania di metà Ottocento, la giovane Maria si innamora (contraccambiata) dall'aitante Nino. Ella, però, sarà costretta dalla perfida matrigna a prendere i voti per diventare suora; Nino diventerà il promesso sposo della sua sorellatra. Zeffirelli riesce a rendere bene la sofferenza e l'impotenza che prova Maria, interpretata da una brava Angela Bettis. Da segnalare Valentina Cortese nei panni della Madre Superiora e Vanessa Redgrave in quelli di una monaca impazzita a causa di una delusione amorosa.
Da una novella di Giovanni Verga un film di Franco Zeffirelli. E chi vuole capire capisca. Una scarpa e uno zoccolo. Anzi, nell'ordine, uno zoccolo e una scarpa (griffata). Un pretesto dalla gloria della nostra letteratura per un allestimento lezioso e oleografico di una patacca del nostro cinema. Che Zeffirelli abbia trasgredito Verga nel finale è assiomatico quanto sintomatico. Che abbia fatto scuola da Visconti è altrettanto lampante: quando tenta pietosamente di imitarlo. La Redgrave fa solo venire voglia di rimettere mano a I Diavoli di Ken Russell.
La storia di un destino ineluttabile che attende una giovane novizia contro la sua volontà nella Catania ottocentesca. Zeffirelli affronta il racconto di Giovanni Verga nel suo stile magniloquente e (formalmente) viscontiano. Buone la ricostruzione ambientale e la prova del cast che annovera attori di razza come Valentina Cortese e Vanessa Redgrave (ma anche la giovane protagonista non se la cava male). Peccato che la sceneggiatura sia gonfia di retorica e luoghi comuni.
Discreta versione cinematografica del romanzo di Verga. Omissioni e modifiche varie rispetto al testo non inficiano la resa su schermo; anzi, attori come la Redgrave e la stessa protagonista (Angela Bettis, al suo eccellente debutto) le conferiscono un pathos di tutto prestigio. Unica nota di demerito la confezione (doppiaggio incluso) un po' troppo incalzante e patinata, quasi da fiction, che a tratti ne fa scadere il piglio letterario da "sontuoso" a "untuoso". Meglio in lingua originale.
Il romanzo di Verga che all'epoca aveva avuto successo per le tematiche toccate e che oggi è stato ridimensionato dalla critica viene qui messo in scena da Zeffirelli. Alcuni momenti come l'incontro con la suore rinchiusa in una cella o il matrimonio sono ben gestiti da una regia magniloquente, così come la ricostruzione degli ambienti dell'epoca. La pellicola non avvince sempre essendo presenti alcune fasi un po' tirate per le lunghe (calcolando che è intuibile dove vada a parare la vicenda). Musiche suadenti.
Ambientazione, scenografie e costumi certamente molto ricercati e per questo pittoreschi, ma Zeffirelli è qui in ritardo di almeno 15 anni! Non si riesce a credere che sia invecchiato così male, un film del '93! La sceneggiatura è veramente poca cosa, nonostante sia tratta da Verga, per il resto non c’è niente di esaltante neanche nel (banale) spianarsi della vicenda tra i due protagonisti. Pessimo il belloccio protagonista maschile; meglio Angela Bettis, anche se in ogni caso non sembra la faccia giusta. C’è il minimo.
Noioso, prolisso, angosciante, con un irritante finale convenzionale e dei protagonisti modesti (insopportabile l'aria da cane bastonato della Bettis, monoespressiva e sempre con gli occhi sbarrati). Il colpo di grazia è però il fatto che questa disdicevole versione di Biancaneve (con i due innamorati separati dalla di lei matrigna!) venga spacciata per una trasposizione dell'omonimo romanzo di Verga (un capolavoro di introspezione femminile), col quale in realtà condivide soltanto il titolo. Blasfemo.
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I due giovani attori protagonisti Angela Bettis e Johnathon Schaech sono alla loro prima esperienza cinematografica, con Schaech che è recentemente apparso nell’action-thriller Takers (2010)