Poco più di una fiction o di una telenovela sintetizzata a uso e consumo di un pubblico che probabilmente non esiste (e il flop al box office ne è la conferma). Dovrebbe cambiare il punto di vista, che è quello di quattro donne come nel successo all star di Forest Whitaker, ma la sceneggiatura dei Vanzina Brothers questa volta tocca il fondo, con dialoghi e situazioni imbarazzanti per banalità. Solo il personaggio di Martina Colombari (che tra parentesi, a sorpresa, non è nemmeno la peggiore del gruppo quanto a recitazione) offre qualche spunto originale e una certa vaga aderenza alla vita reale che...Leggi tutto i Vanzina amano dire di saper portare al cinema con naturalezza. Effettivamente, con le sue ambizioni e le sue ipocrisie, Francesca è l'unica delle quattro a uscire dalla scelta del buon cuore a ogni costo. Perché Irene Ferri fa quella che vive con un compagno di casa insieme al quale si diverte a parlare dei loro amanti occasionali restando solo amici (quale novità!), Sabrina Paravicini è la maestrina sognatrice romantica che non riesce a essere felice, Carlotta Miti si ritrova alle prese con una malattia terribile e inevitabili insoddisfazioni sentimentali col capufficio. In tre (Miti esclusa) si innamorano di una specie di Tullio De Piscopo da piano-bar (Vincenzo Peluso), in tre incontreranno l'uomo giusto su misura. Carlo Vanzina (che si concede anche una comparsata come genitore nella scena di Irene Fabbri baby-sitter) dirige con l'abituale spigliatezza, ma questa volta la direzione del cast è altamente deficitaria e si scivola sovente nel trash telenovellistico. Gli intrecci funzionano molto meglio nella seconda parte, più viva.
Orrendo. Quattro interpreti altamente deludenti, regia inesistente e storia che fa cadere le braccia. Raccontare le vite parallele di queste quattro ragazze non appassiona; questo cinema simil-verità infastidisce solamente. Da evitare con cura.
Leggero come una piuma ma al contempo specchio sociale non così campato in aria. Le ragazze che contano i flirt, la romantica del gruppo, il bello e dannato senza una lira. Sì, vi è l'iperbole dello stereotipo, ma il concetto non è così malvagio. Lato recitazione: Colombari di gran lunga la peggiore, in un ruolo da zoccoletta che mal le si addice, la Paravicini e la Ferri invece se la cavano molto bene. Peluso alla fin fine è anche simpatico... Guardatelo prima di scartarlo a priori.
Leggerissimo, all'acqua di rose, fa pensare a cose come i fotoromanzi per parrucchiere o ai pettegolezzi al bar della spiaggia e forse per questo risulta del tutto innocuo. Guardando oltre la banalità trionfante si trovano attrici che s'impegnano (con risultati discontinui: molto brava la Ferri, buona prova della Paravicini, discrete le altre due) e un tentativo di farci empatizzare con le protagoniste. Che poi il risultato sia mediocre non si discute, ma la ditta Vanzina ha fatto anche di peggio.
Non sono bastate quattro attrici abbastanza famose per far decollare questo film che è stato già da subito definito un flop a tutti gli effetti. Infatti la storia di quattro ragazze che contano il numero di ragazzi (anche se rispecchia un po' la società odierna) non viene sfruttata al meglio, risultando infine troppo inverosimile e troppo simile a una telenovela.
Abbandonato momentaneamente il filone vacanziero, nel 2000 Carlo Vanzina tenta la strada della pellicola introspettiva, con la storia di quattro giovani donne che vivono a Milano tra lavoro e vita personale più o meno complicata. Il tentativo del regista è lodevole ma l'autore ricade nei soliti vecchi vizi: una trama banale, una sceneggiatura inconsistente e una regia piatta. Il cast inoltre è poco dotato, a dire poco.
Dei meno peggio. Premesso che tutto finirà grossomodo come ci si immagina, premesso che il cast non brilla per "top player" e che la regia è ormai (ahinoi), sinonimo di sciocchezzuola, devo ammettere che questo film si lascia guardare. Fra le ragazze spicca, forse, la Ferri, fra i maschietti in negativo un desaparecido Calissano. Si poteva evitare la parentesi malattia e l'epilogo simil Festivalbar, si apprezza una certa - a suo modo s'intende - cura nella recitazione da chi non te lo aspetteresti. Passabile.
Il tentativo dei Vanzina di raccontare sogni e speranze delle donne del Duemila in parte naufraga, perché lo stile del racconto e della sceneggiatura è pericolosamente vicino ai peggiori prodotti televisivi. A salvare un po' la situazione le interpreti spigliate, affiatate tra loro e la velocità del ritmo, che non rende noioso il tutto. Bocciati invece i personaggi maschili, in primis Peluso che dimostra scarso carisma, al contrario di quanto pretenderebbe il personaggio. Vedibile ma non indispensabile.
Sulla scia di fiction femminili di successo (Commesse; Le ragazze di Piazza di Spagna) ecco l'apporto al genere - allora di gran moda - di Carlo Vanzina in forma di lungometraggio. Al di là della generale modestia del cast, c’è il fatto che le tiritere giovanilistico/sentimentali raccontate sono di una disarmante insulsaggine. Punte di trash involontario (tale Vincenzo Peluso che scimmiotta Gigi D'Alessio!), piagnistei e tradimenti amicali/sessuali sono il piatto forte di una pellicola indigesta. Uno dei punti più bassi dei Vanzina.
Terrificante vanzinata "paratelevisiva" in cui nulla si salva: la regia è "degna" di una fiction Rai, così come la confezione di raro squallore (è possibile ridursi così?). Non va meglio in fase di sceneggiatura: dialoghi e
sviluppi narrativi gridano vendetta. Si pensi in particolar modo al personaggio di Peluso che ha il carisma di una pentola a pressione, ma infila una conquista muliebre dietro l'altra. Per non parlare del finale. E la lista sarebbe ancora
molto lunga. Velo pietoso sulla "recitazione": non meraviglia che la Colombari non sia divenuta una musa della celluloide.
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