Note: Ispirato al racconto "Appuntamento al mare" di Alberto Moravia, che ha collaborato alla sceneggiatura insieme a Tonino Guerra e allo stesso Vicario.
Velleitario tentativo di Vicario e consorte di fare il verso ad Antonioni con la complicità di Moravia e Tonino Guerra. Il tutto è come da copione: 90 minuti di logorroiche esternazioni sentimental-esistenziali declamate con ridicola profondità da personaggi altrettanto fasulli sullo sfondo di lussuose ville sul mare, motoscafi e spiagge deserte. Gran spreco di primi piani sul volto fintamente corrucciato della bellissima Rossana Podestà, che ci regala anche qualche timido nudo di schiena: il massimo concesso dalla censura del tempo.
Film autoriale di Vicario da un racconto di Moravia dotato della splendida fotografia in bianco e nero di Di Palma; diviso su due piani temporali riesce a farsi ricordare per alcune bellissime scene con la stupenda Rossana Podestà. Dialoghi di una certa caratura, finale discreto.
Straordinario romanticismo del tempo che fu. Dei tre personaggi la meno amabile è la protagonista, che è in crisi esistenziale, a quanto pare per avere troppa fortuna, ma il film è epocale non solo per l'uso delle immagini alternate, ma per la concezione, più volte dimostrata, di come il tempo possa essere un parametro di vita al quale dare 100 come nessun valore, un qualcosa che si possa dilatare o comprimere a seconda di una particolare ispirazione. Fantastico anche il marito, un borghese illuminato, ma sopra tutti il nonno del giovane amante...
MEMORABILE: Fragoroso il discorso sui contadini; Quello sulla luce delle stelle e degli occhi; Le ombre disegnate sul muro con vago riferimento alla bomba atomica.
Realtà e chimere si dondolano nella mente di una donna in crisi che tenta di conciliare razionalità e istinto. Nella gabbia dorata dove è costretta a mendicare affetto, s'insinua il calore di una fiamma clandestina alimentata dalla carnalità. Confezione seducente, ricca di simbolici virtuosismi estetici, a volte troppo caramellati, poco moraviani; ma i tempi impongono di edulcorare, lasciando a una Podestà da brividi il compito di stuzzicare l'immaginario dei nostri cattivi pensieri. I dialoghi scivolano talvolta in una leziosità ampollosa, ma Moravia impone tali introspezioni.
MEMORABILE: Rossana Podestà (qualsiasi cosa faccia); Il finale.
Come sempre Moravia (ispiratore e co-sceneggiatore) scrive una storia modernissima, totalmente dissonante rispetto alle dinamiche rappresentative del cinema di allora. Una donna sposata e in crisi col suo ménage e con se stessa, si lascia sedurre da un giovane che compare improvvisamente nella sua vita borghese e noiosa. I suoi tentennamenti saranno il modo per navigare in acque movimentate e aprire un dialogo, seppure critico, col proprio coniuge. Finale inaspettato, ma nel giusto solco di un autore così furiosamente intimista.
Donna in crisi matrimoniale conosce un giovane studente. Soggetto introspettivo con dialoghi sterili e assortiti sull’adulterio, noia, amore e desiderio. Le parvenze autoriali vengono scaldate con diverse inquadrature audaci, nascoste dai chiaroscuri delle luci. Il tradimento fugace passa attraverso discorsi a volte immaturi. La Podestà è un oggetto del desiderio tra il trasognato e il pensieroso; tra Leroy e il ragazzotto non c’è paragone, come presenza.
MEMORABILE: Il vaso rotto; La Podestà nuda e Leroy che dice: “Mi basta leggerti dentro”; L’audio dei cuori; Sotto le campane.
Philippe Leroy HA RECITATO ANCHE IN...
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CuriositàZender • 29/06/17 17:44 Capo scrivano - 48439 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film: