La confessione della signora Doyle - Film (1952)

L'incipit è un breve, ma incisivo documentario, sulla pesca e sul trattamento del pesce a terra. Un piccolo gioiello, ben interpretato (anche da una giovane Marilyn), sul mondo femminile (allora in piena emancipazione) e sul matrimonio e tutto ciò che rappresenta per la donna, specie per donne irrequiete e con un passato pieno di esperienze. Esperienze che sembrano a poco servire, bisogna ancora sbagliare, forse un'ultima volta, per poter capire dove stanno i veri valori e fare la giusta scelta. Da un certo punto di vista quasi propagandistico.

Sposa il bonaccione, ma alla fine si fa il bellimbusto: il mélo è in agguato, ma Lang lo incornicia documentaristicamente nell’ambiente crudo dei pescatori, aprendolo con le riprese della lavorazione del pesce. Eccolo il dramma della donna 'ripescata' nel chiuso del villaggio natìo, dopo anni di fuga, nonostante l’aspirazione alla libertà. Eccola dibattersi tra un marito che nella dura lotta col mare vive nell’ottimismo e un amante che maneggiando sogni di celluloide vive nella disperazione: senza amare nessuno dei due. Con beffardo lieto fine.

Tornata nel paese natio da cui era fuggita 10 anni prima piena di sogni e speranze, una donna, dopo aver sposato un brav'uomo proprietario di un peschereccio, lo tradisce con il suo migliore amico, un tipo reso cinico da un'infelice esperienza matrimoniale... Quasi didascalico (lui, lei, l'altro, la gente mormora, la giovane coppia osserva) con un finale apparentemente consolatorio, che in realtà equivale ad una rinuncia della ricerca dell'amore in cambio (forse) della pace e della sicurezza. Accanto ai tre protagonisti, impegnati in ruoli per loro abituali, una fresca Marylin.

Film minore del periodo americano di Lang, è comunque un dramma ben diretto che rifugge dagli eccessi emotivi pur non disdegnando di approfondire la caratterizzazione dei suoi personaggi. La Stanwyck interpreta una donna irrequieta e scontrosa, indecisa fra la stabilità coniugale e un'avventura senza certezze. Il finale è molto più beffardo e meno consolatorio di quanto sembri, ma la scena migliore resta la sequenza di pesca che apre il film, di squisita fattura documentaristica.

Rischiava di essere un dei film "americani" più duri e crud(el)i di un Maestro che già del geometrico cinismo ha sempre fatto uno dei suoi caratteri distintivi. Formidabilmente documentaristico l'incipit nel porto di Baltimora, ben tracciato l'ingresso dei protagonisti con Stanwyck sconfitta ma irredimibile, Douglas cafone dal buon cuore, Ryan spavaldo e infido frustrato, Marilyn fresca e giovane. Nella progressione dello script però il mestiere teatrale di Odets sopraffà la luciferina lucidità critica di Lang e i colpi di scena sviliscono il plot.