Il film è in puro stile Dardenne: mdp mobile e sempre addosso al protagonista Ahmed; sceneggiatura sobria e priva di fronzoli; nessuna colonna sonora; nessun tecnicismo ad effetto. La storia è semplice e rappresentata in modo nudo e crudo, senza paura di sembrare politicamente scorretta. Come sempre il cinema dei fratelli belgi mette i suoi protagonisti davanti alle loro responsabilità e non fornisce a nessuno facili vie di fuga. Ma forse, rispetto ad altre volte, manca quella complessità umana e psicologica che aveva reso grande ed emozionante il loro cinema. Parziale delusione.
Il ragazzino Ahmed, fondamentalista mussulmano, si è messo in testa di uccidere la sua insegnante in nome del Corano. L’ultima fatica dei Dardenne è un film che non presenta molte frecce al proprio arco, risultando perlopiù deludente. Il motivo della parziale débâcle va ricercato in una storia alquanto semplice, con snodi banali e un finale che lascia quantomeno perplessi. Addi è protagonista oltremodo antipatico, il che impedisce fin da subito di entrarci in empatia. Non un brutto film, ma di certo è tra i meno riusciti del duo belga.
Un ragazzo fondamentalista islamico, particolarmente antipatico (per non dire odioso), in nome del Corano e plagiato da un fanatico imam decide di uccidere la sua insegnante. Una pellicola semplice che meritava una riflessione e una denuncia più ampia, tuttavia gli spunti emergono e generano pensieri non del tutto positivi nei confronti di certo fanatismo becero. Finale deludente.
Un film che racconta come possano nascere nel cuore dell'Europa cellule terroristiche imbibite del fatuo insegnamento degli imam. L'attenzione è concentrata su un'adolescente che fa dell'integralismo la sua ragione di vita, serio e infelice di fronte ali vari aspetti dell vita. Il punto è che a un certo punto si soffre per la mancanza di ritmo e si soffoca per la lentezza con cui il racconto procede.
Piccoli jiahdisti crescono all’ombra di imam fondamentalisti presenti in Europa. I Dardenne costruiscono una storia di provincia in una comunità araba stanziata in Belgio, sommariamente divisa tra integralisti e non, focalizzandosi sul giovane protagonista che non transige sulla "lettera" del corano, diventando come cieco davanti alla realtà delle cose. L’esile sceneggiatura, la monotematicità della messa in scena potevano esaurirsi tranquillamente in un cortometraggio. A conti fatti una delusione, per chi stima lo stile rigoroso dei due registi.
MEMORABILE: Le abluzioni rituali; Il tentativo fallito; Il maldestro approccio tra i due ragazzi.
Pur vivendo in una famiglia mussulmana non integralista, il 13enne Ahmed è tanto fanatico da progettare l'assassinio della sua insegnante, indicata dall'Iman come apostata... Fedeli al loro stile, i Dardenne pedinano il ragazzino passo passo ma questa volta qualcosa non funziona: va bene non provare empatia ma non riusciamo neppure a capire le motivazioni delle sue scelte, per quanto sbagliate, ed inoltre il personaggio non ha alcuna evoluzione, dato che non si può chiamare tale quella che avviene nel finale per un fatto fortuito. Ne deriva una sensazione di incompiutezza che lascia perplessi.
Gli effetti devastanti del fondamentalismo religioso su una mente, quella dell'adolescente Ahmed, resa fragile da una precaria situazione familiare e dalle capacità imbonitrici dell'imam di turno. Storia dai risvolti sociali potenzialmente esplosivi, ammaestrata tuttavia in uno svolgimento a carburazione lenta che, anche nello snodo narrativo più promettente (l'avvicinamento di Ahmed a Louise), non riesce mai a coinvolgere pienamente. Si finisce come si era iniziato: a bassa voce. Non esattamente un complimento per un film del genere.
MEMORABILE: Il primo attentato di Ahmed; Louise chiede a Ahmed un bacio.
Pur con una crescente sensazione di inesplorato il film dei Dardenne ci permette, nella sua essenzialità e nel rifuggire compensazioni di sorta, di assaggiare la perfidia di certi indottrinamentr islamicr che riducono il 13enne Ahmed a figura persa e imperturbabile. Pur inserendo momenti sociali di speranza, a esempio la discussione di gruppo con la maestra, la lente si posa sempre sui suoi gesti del quotidiano, su banali conflitti e scoperte (il bacio) che, assommati, portano a un che di ineluttabile. Film incompiuto ma interessante.
Giovane integralista cerca di ammazzare la sua insegnante di arabo. Il percorso religioso del ragazzo sembra parta da un lavaggio del cervello (manca l’antefatto) per arrivare fino addirittura al martirio. Non si parla di Jihad ma la pericolosità sociale esiste; i Dardenne mostrano che non è da sottovalutare e anche che la fretta di crescere può portare a compiere errori madornali. Regìa attenta ai piccoli movimenti e precisa nel creare i vari momenti di tensione.
MEMORABILE: L’aggressione col coltello alla maestra, La saliva impura del cane; Lo spazzolino da denti a punta; La richiesta di diventare musulmana alla ragazza.
Svolta tematica nella filmografia dei fratelli belgi. Alle derive eroico-umanistiche subentra una didascalica e inconcludente disamina sul fanatismo religioso di stampo islamico, sottolineando soprattutto la presenza oppressiva degli Imam sui più giovani, i più influenzabili e malleabili. Tolta la discreta e introduttiva prima parte, lo sviluppo si perde in ridondanze e accuse troppo superficiali finendo così per rimanere gratuite. Finale assolutamente insensato e posticcio. Massima delusione da una coppia eccezionale di cineasti.
I Dardenne esplorano un territorio complessissimo legato alla religiosità e al fanatismo raccontando la storia drammatica di un adolescente la cui vita è rivolta unicamente al suo Dio, integrandola alla vita delle persone che gli stanno intorno. Da un punto di vista registico la qualità è eccellente; grazie alle riprese a mano i registi riescono a farci immergere nei complicati meandri della mente del giovane protagonista, ottimamente interpretato da Ben Addi. Una storia che fa riflettere e apre a diversi interrogativi morali.
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CuriositàDaniela • 4/03/20 03:32 Gran Burattinaio - 5925 interventi
Nel 2019 al Festival di Cannes, Prix de la mise en scène (miglior regia) a Jean-Pierre e Luc Dardenne.