Ciak dell'epoca (aprile 1998) lo salutava come un piccolo cult che veniva dall'Australia, affibiandole tre stellette e sottolineando la carica grottesca e "innovativa" (rispetto ai vari Quentin Tarantino e Oliver Stone) che lasciava più spazio ai dialoghi scoppiettanti e alle situazioni surreali che nemmeno alla violenza e al sangue (e già quì c'era da temere).
Visto oggi ha il peso, ne più ne meno, di una sottotarantinata più curata del solito per quanto riguarda regia, dialoghi e caraterizzazione dei personaggi (un pò troppi a dire il vero, e tutti caricaturali), ma rimane confinata nel limbo delle fotocopie di
Una vita al massimo,
Assassini nati e scontri verbali sullo stile di
Pulp fiction (i due poliziotti alla tavola calda).
Dopo un incipit shock brutale e inaspettato (la madre data alle fiamme), Bennett tira in ballo diversi sottogeneri (noir, pulp, commedia rancida, thriller, road movie) ma non affonda in nessuno di questi, con tenui e deboli omaggi alle
rabbie giovani, indeciso tra dramma, commedia e grottesco, con fughe on the road nel suggestivo outback australiano, personaggi sopra le righe e una traccia thriller (chi sgozza le vittime che hanno la sventura di conoscere la coppietta in fuga?) che si paleserà in maniera alquanto macchiavellica e ben poco credibile.
Video pedopornografici compromettenti (insomma, non poi molto, visto la ragazza che si lancia in prestrazioni sessuali nelle immagini sulla vhs "rovinata", che tanto minorenne non sembra), violenti car crash (il finale con la Jaguar a tutta velocità sulla strada), ragazze sonnambule (Nikki e le sue crisi di sonnambulismo, tanto da essere legata alla sponda del letto dal suo ragazzo), aborigeni guida ben prima di
The Tracker (ovviamente tolti i sottotesti razzisti), deliranti discorsi su possibili complotti alieni e forze maligne (il propietario del motel lunare in mezzo al nulla) che si annidano al centro della terra (leggende e folklore locale che verrà ripreso pure in
Wolf Creek), traumi d'infanzia (l'incipit violento di poca sopra), poliziotti cinici e dalla parlantina loquace, camionisti che giocano a fare
Duel, un montaggio spezzettato e "nevrotico", l'assenza totale di colonna sonora, i polli da spennare in camere d'albergo con il pretesto di un'incontro di sesso occasionale, ex campioni di rugby con il vizio delle ragazzine e pronti ad uccidere per riavere indietro quello che li può rovinare (la videocassetta, appunto) e, in tutto questo calderone di troppa carne al fuoco, Bennet finisce per far perdere la focalizzazione allo spettatore, di stordirlo più che di avvincerlo, di sballottarlo di quà e di la senza che si riesca davvero ad entrare nella storia, fino a quella chiusa di suggerita follia femminea che sembrerebbe l'ennesima presa per i fondelli, finendo per ammazzare il film definitivamente.
La 0'Connor è notevole, ma il suo personaggio (quasi sempre in crisi isteriche o sonnambule, che si barcamena tra una dark lady di periferia e una squinternata ribelle logorroica) sconfina nell'odioso e nello stridente. Un pò meglio Matt Day, sorta di James Dean dei poveracci, che almeno mantiene alta l'attenzione su chi dei due sia uno psicopatico assassino (lei nel suo sonnambulismo o lui nei suoi scoppi d'ira?) portando la coppia a diffidare (ad un certo punto) l'uno dell'altra.
Come ogni film aussie (o ozploitation) meravigliosi scenari nature dell'outback e pregevole la fotografia di Malcon McCulloch, ma non basta a risollevare le sorti di un filmetto uguale a mille altri sullo stesso tema, che non ha il coraggio di andare fino in fondo e si ostina a non essere davvero cattivo (l'insulso happy end, la fastidiosa voce narrante fuori campo di Nikki), affatto di culto come scrisse
Ciak, parecchio ambizioso, troppo logorroico e facilmente dimenticabile.