Cinema crudo e realistico quello di Cerman (che prende le distanze dall'altrettanto interessante, ma più "thrillesco",
Nel nome del male infascelliano), che sviscera la cronaca nera italiana sui fattacci delle bestie di Satana, con acume e un interessante indagine poliziesca, mista ai flashback sulle gesta insane, folli e omicide della setta, capeggiata da Matteo Corione (un rilevante Tiziano Mariani da tenere d'occhio) psicopatico e feroce leader carismatico che procura suicidi indotti e marchia le sue ragazze a morsi.
Debitore ai suoi numi tutelari (Stefano Calvagna, che interpreta il magistrato che segue le indagini, e certo cinema di Ivan Zuccon, di cui Cerman è stato attore) Cerman (che interpreta anche il poliziotto Serra, scrive, dirige, monta e produce in soli dieci fottutissimi giorni) traghetta lo spettatore nel mondo del satanismo giovanile, tra squallidi e marcescenti stabili abbandonati, filmini di sottomissione sessuale, suicidi indotti, messe nere, ragazze uccise a badilate e poi scarnificate in delitti rituali (il morso del serpente), orgette , droga, alcool, genitori disperati che si improvvisano detective, incubi premonitori lynchiani (il nano di
Twin Peaks) che svelano inquietudini alla
Kill List, il "branco" che uccide senza pietà, dettando balzane mitologie satanistiche di "signori" e "ricompense".
Cerman rifugge la exploitation, il pulp modaiolo, il gore e l "extreme" (anche se il duplice omicidio a coltellate nel bosco, vince per assoluta ferocia e isterica follia omicida) per concentrarsi sulla psicologia contorta dei giovani protagonisti (una vita fatta di droga, alienazione, aggregazione, alcool, festini orgiastici, pantomime sabbatiche e spietati delitti) e sulle indagini incrociate del magistrato, tirando stoccate non poco sinistre (la moglie del magistrato che, sola in casa, c'ha una strana smania addosso, i "figli di Satana" che ridono sguaiatamente sulla tomba di un loro amico apparentemente suicida, l'incubo lynchiano premonitore del magistrato con il nano in odor di zolfo e le due ancelle mascherate, la delirante confessione di Matteo Corione) e chiudendo il cerchio con un finale assolutamente malsano e angoscioso, che dispensa turbamento e inquietudine (il male è dovunque, intorno a noi) non dissimile da quello di
The Believers, che mette a disagio con pochi ma significativi paticolari destabilizzanti (il poliziotto che piange, il lavaggio delle mani in bagno), restando una chiusa conclusiva tra le più disturbanti mai realizzate (ho dovuto vederla due volte per "confermare" i miei atroci sospetti)
Alcuni scivoloni (la messa nera in stile
Fantaghirò), il sentore di un
Distretto di polizia andanto in acido, il tributo ai
Cannibal Corps, non intaccano la narrazione serrata e opprimente, dove la mancanza di tempo e di budget aguzza l'ingegno di Cerman, che evita cadute nella fiction e nel televisivo, virando sulla ruvidità della messa in scena, con immagini deformate , interni degradati (come la psiche dei "figli si Satana) e l'appoggio di un cast attoriale notevole (nonchè tecnico, dal montaggio dello stesso Cerman alla fotografia di Dario Di Mella, che và dalla fredda luce dei capannoni abbandonati-la crudele realtà- ai cromatismi accesi argentiani-gli onirismi mefistofelici-)
Sfrangiato dallo stesso Cerman da 130' a 96' (la versione uncut fu presentata al RIFF) un opera prima bizzarra, sconcertante e specchio riflesso del male che si annida ovunque (restando comunque piuttosto fedele alle gesta del gruppo di giovani satanisti/assassini di Varese)
Il finale nero polanskiano, poi, le dà valore aggiunto.
E' stato il cane, il cane le ha mangiato la faccia...