“Me l'ha detto Dio”: è così che rispondono gli squilibrati che sparano sulla folla al detective del NYPD Peter Nicholas (Lo Bianco) quando gli chiede cosa li spinge a farlo. E siccome il caso non è unico merita una riflessione. Una cosa va detta di Larry Cohen: i suoi film non sono mai banali e questo è in assoluto il più allucinato tra tutti quelli da lui realizzati. Imbevuto in un misticismo che si fa a tratti addirittura cronenberghiano, parte come un teso poliziesco girato davvero bene ed evolve decollando per la tangente, seguendo i pensieri arzigogolati del protagonista all'interno di una storia che collega un caso verificatosi 35 anni prima a situazioni molto simili, introducendo personaggi...Leggi tutto a dir poco bizzarri (il Bernard Phillips di Richard Lynch su tutti, naturalmente) e mescolando sviluppi prettamente da poliziesco a derive religiose che vanno a toccare ambiti solitamente del tutto estranei al genere. La sensazione, a dire il vero, è che nel guazzabuglio ci si perda pure Cohen (autore unico anche di soggetto e sceneggiatura, prevedibilmente), pronto a inserire quanti più spunti possibile e scene apparentemente pretestuose (non manca nemmeno un po' della sua amata blaxploitation). Però i dialoghi son ben calibrati, gli attori magari non validissimi ma diretti con competenza e il tutto – incredibilmente – riesce quasi a funzionare. Si resta inevitabilmente soggiogati da tanta ambizione, incuriositi dallo scoprire come Cohen riuscirà a far quadrare i conti e intanto si seguono le complesse indagini di Peter, la cui personalità non sembra poi meno schizofrenica, talvolta, delle persone sulle quali indaga. Ricco di personaggi sfiziosi come d'abitudine, di incontri avvolti nel mistero, con un flashback cupo immerso in una luce giallastra che colpisce, pone in bella evidenza anche le sottovalutate capacità del Larry Cohen regista, negli anni poi un po' smarrite. Certo, a lungo andare si finisce col perdersi, tra le pieghe di una storia tanto ramificata, e non sempre si riesce a trovare il giusto grado di coinvolgimento, ma resta un'opera singolare e girata... come Dio comanda.
Assai prima di Cure, e in via più metafisica e impalpabile di esso, la pandemia omicida si è diffusa indiscriminata e inarrestabile come un raffreddore, determinata da un delirio soteriologico, mistico e metafisico. Come mitigare un'onda omicida se la scaturigine è Dio? Strambo, eccentrico, psychotronico; il grado di bizzarria rompe il termometro. Imperfetto, certo, ma una visione la vale, soprattutto per la partecipazione straordinaria (in senso sia lato che stretto) dell'hitchcockiana Sylivia Sydney. Forse l'opera più intelligente di Cohen.
Rapsodia del raptus umano più estremo; cosa fare se Abramo con gusto colpisce e dall'alto s'annuisce col "gimme five"? Lo stato confusionale ben presto cattura anche il regista, che riesce a contenere lo sbarocciamento di capa e a condurre con un certo savoir faire anche se, con lo svelamento del busillis, ci tratta un po' a pesci in faccia. Non è oro, ma luccica del miglior ottone uscito dalle officine dell'alchemico Cohen. Giacobbo & Mulder dovrebbero schiumare d'invidia, per essersi persi un'investigazione così.
Il compianto Larry Cohen è sinonimo di pochi soldi/tante idee. Qui, tra le sue opere migliori, il nostro vola altissimo, ai livelli dell'Onnipotente. Storia molto weird di divinità aliene, concepite da vergini tramite inseminazione divina, che ordinano massacri e sacrifici cruenti dei propri figli in stile abramitico. Critica al fanatismo religioso? ma c'è anche la cupola di potenti, l'abduction aliena e un po' di blackploitation; il tutto però regge, come nel Cohen migliore. Impressionante il dio transgender albino del grande Richard Lynch.
MEMORABILE: L'abduction aliena e l'inseminazione con una specie di fessura/vagina; Il massacro della banda di neri; Il terrificante scontro finale col dio trans.
Eccellentemente anni '70, indubbiamente larrycoheniano eppur perversamente spiazzante. Proprio in questo disorientamento si cela l'essenza dinamica del film rispetto ai canoni sempre un po' catatonici del regista di Stuff. "God told me to" sugge così la propria linfa vitale da un polimorfismo cinematografico che salta di palo in frasca, procede per errori tenendo però sempre la barra dritta su un'urgenza "mistica" tanto più implausibile (il "dio" del seminterrato) quanto sentita. Convincente performance di Lo Bianco, icastiche apparizioni di Sidney e Dennis.
MEMORABILE: La scena nella sala biliardo con lo spacciatore nero che prima ammazza tre persone e poi si suicida su "induzione" del tenente.
Detective molto pio indaga su una serie di stragi i cui responsabili sostengono di aver agito per volere di Dio... Parte come un poliziesco, imbocca la via del misticismo con riflessi complottisti, svolta verso la fantascienza: un mix di generi sulla carta strampalato, eppure Cohen riesce a ottenere un'opera coesa e con poche sbavature, evitando il ridicolo involontario anche nelle sequenze più a rischio come quelle con Gesù simil-hippy luminescente. Film unico, originale, girato palesemente con pochi soldi ma con tante idee e potendo contare su presenze di pregio nel cast.
MEMORABILE: Il concepimento di una vergine; La ferita nel costato, pulsante ed oscena.
Lavoro di Cohen dalle influenze stilistiche tipicamente 70s, che per certi versi lo accomunano alle epidemie omicide di Cronenberg e alle ombre religiose apocalittiche di Omen e affini (senza contare le derive fantascientifiche), oltre ad inserire elementi polizieschi e da blaxploitation; il regista riesce comunque a imprimere la sua personalità, gestendo la moltitudine di input con una certa maestria, pur restando perennemente sull'orlo del confusionario. Ne esce un film straniante, non sempre chiaro negli sviluppi ma pregno di un'atmosfera inquietante e di validi slanci creativi.
Forse il Cohen più originale di sempre e, in generale, fra le più interessanti gemme oscure dei Seventies. Si passa dall'horror religioso (stragi promosse da presunte voci divine) al thriller metropolitano con echi vigilantisti (casualmente siamo a New York e l'anno è quello di Taxi driver), sfociando nella fantascienza viscerale (il finale dev'essere piaciuto molto a Cronenberg). Personaggi complessi, solida componente mystery, musiche eccellenti (doveva occuparsene Bernard Herrmann, ma Frank Cordell lo sostituisce alla grande). Effetti visivi un po' miseri, ma pazienza. Da vedere.
MEMORABILE: La strage iniziale tipo Bersagli; L'efficace Richard Lynch nei panni del "luminoso" villain; L'inseminazione; Scontro mentale; La vagina sul corpo.
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DiscussioneZender • 4/12/11 10:04 Capo scrivano - 48957 interventi
Mah, a quanto pare è veramente difficile classificarlo: Imdb dà come primi generi crimine e horror... In questi casi la classificazione in un genere piuttosto che in un altro conta poco direi.
assolutamente d'accordo. e personalmente non riesco ad ascriverlo alla fantascienza (come a nessun altro genere fisso, poi), men che meno ad apparentarlo a X-files. a quanto m'è dato ricordare quanto accade è dovuto a un'allucinazione mistica collettiva, il che lo relega più al dramma che alla sci-fi. ma i confini sono davvero molto labili, lambisce almeno 5 generi...
Nel cast anche Sandy Dennis, indimenticata protagonista altmaniana e qui impegnata nel ruolo della moglie di Lo Bianco in una bellissima scena a tre (con lui e la Raffin), in cui mostra il consueto palpitante sussiego.