La presenza catalizzante della finta testa gigante in cartapesta che copre le fattezze di Fassbender è ciò che immediatamente attira l'attenzione, fin dalla locandina o da qualsiasi immagine tratta dal film. Frank è lui, naturalmente, e anche se il vero protagonista è Jon (Gleeson), l'anima del lavoro di Lenny Abrahamson è indubbiamente Frank, leader del gruppo musicale (inventato) chiamato Soronpfbs. Jon è solo l'occhio che osserva affascinato, sedotto dal carisma di chi ha scelto di non mostrare mai il proprio volto e di non togliersi la maschera nemmeno quando dorme. Come mangia? Come si lava i denti? Tutte domande che vengono poste da Jon nel...Leggi tutto momento in cui entra a far parte, nel ruolo di tastierista, della band. Chi gli risponde lo fa tuttavia eludendo la problematica, spiegando come non sia quello l'importante (e implicitamente allontanando gli ovvi interrogativi che chi guarda il film si fa). Perché la riflessione a monte non può certo riguardare le abitudini alimentari di Frank; si affronta piuttosto il tema del genio (musicale, in questo caso), dell'artista che si estranea del mondo per vivere in una dimensione autonoma, circondato da una sorta di "adepti" che credono in lui, disposti ad assecondarne ogni richiesta sapendo di appartenere a un cerchio privato inattaccabile.
Jon incontra i Soronpfbs durante una loro concerto nel paese in cui abita sognando di scrivere e suonare. Sulla spiaggia il tastierista del gruppo è in preda a una crisi suicida, salvato per miracolo, e dopo aver assistito attonito alla scena Jon si propone come sostituto, dal momento che proprio la tastiera è il suo strumento. Senza tanti complimenti viene reclutato e conosce Frank, arrivando presto a capire come il complesso sia una sua emanazione, persone che lui comanda senza mai doversi imporre con la forza o la determinazione di un tiranno.
Frank entra presto in confidenza con Jon e gli sprazzi di quotidiano cui assistiamo raccontano di artisti dediti a una vita lontana dalle masse, che trascorrono le giornate in una baita o nella campagna, senza mai preoccuparsi di un successo che di fatto nemmeno cercano. Sarà l'ingresso di Jon a cambiare in un certo senso le loro abitudini. Pur con la mitezza che lo contraddistingue Jon suggerisce di puntare a una musica più commerciale, a non sottovalutare i social network (sintomatica la comparsa qua e là di messaggi Twitter dei fan in sovrimpressione sullo schermo) e sembra che nemmeno Frank sia insensibile alla proposta. Chi invece si convince che Jon sia un elemento destabilizzante è Clara (Gyllenhaal), con la quale il nuovo entrato stabilisce da subito un rapporto contrastato.
Se il film ha nel soggetto intuizioni interessanti che la sceneggiatura sviluppa in modo maturo e interessante, la regia di Abrahamson è invece troppo dispersiva: fatica a uscire da una narrazione statica, priva di veri guizzi che la movimentino e a lungo andare la visione si fa sfibrante. Non che non si colgano i tanti aspetti positivi di un'opera arguta, ficcante nella sua analisi della diversità e financo di una patologia da cui Frank si difende inventandosi personaggio unico, simile ai vecchi luchadores messicani che si diceva mai si togliessero la maschera (qui lo fa però per esigenze proprie, non per furbe operazioni commerciali).
Se la regia fosse riuscita a schivare i rischi di un intimismo para-autoriale tanto penalizzante in termini di fruibilità, tuttavia, il risultato sarebbe stato molto probabilmente migliore. Eppure è talmente inquietante e ben realizzata la testa finta di Frank che sarà difficile dimenticarla. Così come l'ultima parte, in cui Fassbender si mostra con naturalezza, lontano dal voler stupire con twist pretestuosi.
La creatività ha un nome: si chiama Frank e indossa una grande maschera da umano. Le sue emozioni le possiamo solo immaginare. Non ha un volto, non ha un'identità, ma chi gli sta accanto libera se stesso. Inanellando gli eventi secondo una parabola di formazione assai riconoscibile, Abrahamson non perde mai il contatto emotivo con i suoi personaggi, e la dimensione morale - e deliziosamente ironica - del racconto prende il volo, anche quando la cruda realtà manifesta il suo carico di violenza. Fassbender continua ad ampliare il curriculum d'attore più versatile e irriverente del momento.
Impiegato aspirante compositore viene reclutato come tastierista in una band il cui leader non mostra mai la testa, sempre nascosta all'interno di un mascherone dalle fattezze fumettose... Abrahamson conferma di saperci fare con queste storie di personaggi bordeline, in cui l'ironia, condita da sprazzi d'humor nero, non esclude la partecipazione emotiva e la compassione umana. Il film incuriosisce, diverte per l'assurdità di certe situazioni, infine commuove nel finale, dolcemente drammatico, quando dietro la maschera si rivela il bel volto intenso di Fassbender.
MEMORABILE: Lo spargimento delle ceneri nel deserto, che ricorda un'analoga scena ne "Il grande Lebowsky"
Forse non basta una bella maschera a fare un bel film. I continui tweet in sovrimpressione, i personaggi borderline, il clima tenue che alterna umorismo altalenante a momenti riflessivi (ma poi neanche più di tanto) e le strizzate l'occhio a goliardate varie un po' alla Lewboski, un po' alla Morì con un falafel in mano, mi hanno dato l'impressione di un prodotto un tantino hipster; così curato nell'essere a tutti i costi alternativo da non regalare troppi momenti in grado di lasciare un segno particolarmente memorabile. Noiosetto.
MEMORABILE: Il doppio incidente e il tastierista che cerca di denunciare la scomparsa di Frank.
Trama adatta a chi ha masticato le dinamiche di convivenza in una band dove la creatività lega mentre i singoli caratteri distruggono. Giocato all’inizio sul brio con licenze divertenti, ripiega nell’incedere su traumi gestiti così così fino a una chiusura di mestizia. Fassbender ha carisma anche solo con la voce (cantando sembra il Morrison di "The End"), Gyllenhaal insufficiente, regia che ammicca ai social senza scavo; presente copia della scena delle ceneri de Il grande Lebowski. Musiche di impatto per chi gradisce il filone indie.
Meraviglia come la fissità del mascherone che copre il vero volto di Frank cambi espressione a seconda dei contesti e renda inutili in tal senso, le spiegazioni di Frank. Film che si presta a diverse interpretazioni: ognuno ne può trarre una sua senza paura di sbagliare. Merito del mascherone? Non credo. Merito (se merito è) dei continui nonsense di cui è infarcito il film, dei continui depistaggi che però, alla fine, si rivelano falsi. La storia è più lineare di quel che sembra; basterebbe che il guardiano del faro tenesse più puliti i gabinetti...
La trovata della maschera per il protagonista, dietro la quale si nasconde un personaggio creativo ma borderline, non è sufficiente a innescare l'interesse per una storia più adatta a un corto che a un film vero e proprio. L'idea pseudo-romantica del genio e disordine mentale non è qui credibile per l'esiguità dei caratteri coinvolti nella band. Situazioni indie-hipster condite da twitter e youtube, appaiono ormai datate e la musica troppo lesinata per poterne apprezzare il valore e quindi dare spessore alla trama. Troppo abbozzato. Peccato!
MEMORABILE: Le orrende proposte musicali del giovane tastierista aggiunto.
Performer eccentrico ma con un reale disturbo mentale, Frank è il protagonista di una commedia dai molti volti. Brillante per la presentazione delle situazioni e dei personaggi ma amara nello sviluppo e nella realtà (di disagio e di solitudine) che progressivamente dispiega e quando tenta (nel personaggio del giovane tastierista) di portare normalità in un contesto che vi è anni luce distante. Il film non esisterebbe senza la fisicità di uno straordinario Fassbender che riesce nell'impresa di dare personalità ad una maschera di cartapesta.
Abrahamson dà vita a un film che sembra voler essere originale a tutti i costi, rischiando spesso di essere banale. I protagonisti della vicenda sono dei ragazzi, più o meno problematici, che fanno parte di una band il cui frontman è un ragazzo mascherato. Il protagonista vero e proprio, interpretato da Domhnall Gleeson, sembra l'unico a voler conferire un po' di normalità alla band. In un mix di solitudine e stravaganza il messaggio che sembra voler lasciare il film appare confuso: trovare un compromesso tra normalità e follia.
Chiunque abbia suonato in una band ha incontrato almeno una volta un Jon e un Frank: nerd con grandi ambizioni e risibile talento il primo (Gleeson), diamante pazzo ed emotivamente labile il secondo (Fassbender), che nasconde al mondo il suo vero volto sotto una gigantesca testa fumettosa. È una tragicommedia meno sciocca di quanto potrebbe sembrare, quella di Abrahamson, specialmente nel suo condurre ad un finale in cui la frattura fra bizzarria e pragmatismo, disequilibrio e opportunismo diviene insanabile. Molto belle le scene girate al South by Southwest, eccellente la O.S.T.
MEMORABILE: La prima comparsa sul palco di Frank; Sesso nell'idromassaggio; Crollo nervoso al South by Southwest; Il finale.
Una sofferenza arrivare fino in fondo dovendosi sorbire tutta una serie di palleggi tra l'anima sofferta della band nascosta dietro al "faccione" e il carattere dell'ultimo arrivato che gioca a fare il timido simpaticone ma che invece suscita ben altri sentimenti. Non aiutano le situazioni vagamente alternative proposte dal racconto, le massime raccolte in tweet di dubbia ispirazione e le interazioni con gli altri componenti del gruppo con i quali il livello di empatia rimane ahimè costantemente in riserva.
Lenny Abrahamson mette in scena la stravagante avventura che un giovane tastierista vive in un gruppo musicale, il cui frontman è un uomo che indossa una maschera enorme in ogni momento e di cui nessuno conosce l'identità. Il cast è ottimo, le scene musicali sono ben girate e montate alla grande. La sceneggiatura scorre in maniera gradevole e, tolto qualche momento eccessivamente grottesco, nel complesso gli eventi narrati seguono un senso logico/narrativo corente e il messaggio è chiaro. Un film più che buono, a tratti anche emozionante.
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DiscussioneDaniela • 1/10/14 08:59 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Rebis, se non l'hai già visti, ripesca i film precedenti del regista: Garage e soprattutto Adam & Paul: il tono tenero/ironico del racconto mi sembra lo stesso di questo bel Frank. Estendo l'invito anche a Didda23, dato che è stato già tirato in ballo :o)
Grazie Daniela, lo farò senz'altro, avevo notato il tuo gradimento :)
DiscussioneBrainiac • 2/10/14 22:35 Call center Davinotti - 1464 interventi
Garage era proprio bellino ma questo Frank l'ho trovato troppo sundance-addicted, troppo indie-centrico, troppo Anderson-reverente. Ho veramente faticato durante la visione con tutto quel finto-alternativismo, quei maledettissimi continui tweet sovrapposti alla narrazione, gli accenni a tutto ciò che di "caruccetto" c'è nella musica: dai fan ciarlieri al canale Youtube-personalizzato della band. Sarà che per me la musica è una cosa troppo seria e sofferta (ah, se la mia Postepay potesse parlare...). Lo dirò apertamente: ho odiato questo film. Daniela, Rebis: non mi sarete mica diventati degli hipsters?!?
Per carità Brainiac, ma quale hipster??? Concetto, espressione e stile che detesto quasi quanto il cinema di Anderson. No, da parte mia non l'ho trovato così cool e styloso come dici, però considera che io a quel mondo ne sono completamente estraneo quindi magari non lo riconosco e mi è sembrato meno derivativo di quanto in realtà non sia... Le modalità che dici ci sono, certo, ma per me il film non è accondiscendente o ammiccante, quanto piuttosto disincantato e amaro. E morì con un falafel in mano per dire lo reputo la quint'essenza del cinema che stigmatizzi...
DiscussioneBrainiac • 3/10/14 15:11 Call center Davinotti - 1464 interventi
Rebis ebbe a dire: Per carità Brainiac, ma quale hipster??? Concetto, espressione e stile che detesto Oh ma ovviamente scherzavo, eh! Anche l'epiteto Hipster ve l'ho tirato addosso con intento affettuosamente parodistico degli ambienti "modaioli" descritti (in parte) nel film (twitter, i blog musicali, i canali you-tube delle band).
DiscussioneDaniela • 5/10/14 18:59 Gran Burattinaio - 5944 interventi
oh Brainiacchino, a me è garbato il film, non la musica della band... i miei gusti in materia sono decisamente più tradizionalisti, l'accusa di "hipsteria", per quanto affettuosa, non mi tange neppure di striscio... ;o)
Però ne approfitto per tirarti le orecchie: certo che per i commenti sono diventati davvero stitico!!! Pensi che possa bastare un guardiani della galassia ogni morte di papa? Medita, pentiti e rimedia.
DiscussioneBrainiac • 5/10/14 21:16 Call center Davinotti - 1464 interventi
Hai ragione Dany, ho perso un po' della mia "Frankite"!
;-)