Alcuni personaggi attendono il treno nella sala d'aspetto della stazione: forse tra di loro c'è il serial killer che terrorizza la città. C'è chi indaga e prova a giocare al gatto col topo e non tutti sono ciò che sembrano. Thriller di chiara matrice teatrale, ambientato quasi interamente in un paio di interni, che sconta un'eccessiva staticità e la mancanza di una tensione degna di questo nome. Si ravviva un po' solo nella parte finale e ha un epilogo non così banale e scontato, più nero della media del genere. Ma il vero motivo per vederlo sono le prove di Brasseur e di Simon.
Il problema del giovanissimo Govar è sempre quello di non sapersi slegare da un linguaggio vecchio in piena rivoluzione cinematografica; e così l’insinuante storia del gruppo di persone nella sala d’attesa di una stazione, con un serial killer che impazza, procede con stanchezza, senza intuizioni innovative, ma anche (che è peggio) senza ritmo né curiosità. Peccato, perché le rivelazioni sul finale sono sfiziose (anche se poco coerenti), ma l’impressione è quella dell’occasione mancata per un regista trentenne, non a caso al suo ultimo film.
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