Contorto, labirintico, capzioso, esattamente come il cervello umano, che è il vero fulcro del film: là dove risiede la memoria, persa da un ragazzo (forse assassino) rinchiuso in manicomio e indagata da due psichiatri (di cui uno morto) privi di scrupoli. La narrazione, verbosa e visionaria al tempo stesso, inquietante e beffarda, spaventosa e ironica, procede a balzi, avanza, indietreggia, sbanda di lato, crea trabocchetti, rivela e nasconde. Lo spettatore si confonde, proprio come i personaggi, ma non può non rimanere catturato.
Tortuoso e labirintico proprio come la mente umana di cui cerca di scandagliare i meandri più insondabili. E così non bisogna meravigliarsi se si fa fatica a capire completamente quanto accade sullo schermo, anche se alla fine (quasi) tutti i tasselli vanno al loro posto. A proposito dell'epilogo si può dire che è un po' banale e insoddisfacente, ma viene dopo una pellicola confusionaria sì ma anche coinvolgente e con alcune sorprese. Interessante anche l'aspetto squisitamente visivo. Pur con qualche riserva, un buon film.
Un ragazzo privo di memoria rinchiuso in un ospedale psichiatrico è affidato alle cure di un direttore forse defunto, sicuramente folle, sostenitore della teoria dell'imprint genetico criminale... Thriller in forma di rebus speculare (il protagonista vede se stesso dall'esterno, ha due "padri", è condannato a ripetere i gesti di un suo antenato) di cui sarebbe arduo cercare una spiegazione razionale: è l'incontro tra una macchina da cucire ed un ombrello sul tavolo operatorio. Surreale, illogico come un incubo, irrisolvibile come un cruciverba a cui mancano definizioni e caselle.
MEMORABILE: Il recinto con i pazzi in libertà; la lezione universitaria con le galline fra i banchi; la pergamena della corruzione della carne
Toshio sembra divertirsi un mondo a mandare nei matti lo spettatore, e non solo perché lo confina in un reparto psichiatrico, ma perché si diverte a sabotare la linearità narrativa secondo i principi stessi dell’anamnesi e del falso ricordo: lo script è un vuoto di memoria, ricordo intermittente e mutante, un identitario così (non) è se vi pare continuo. Con la logica della diegesi e del profilmico così presa a calci in bocca e dissestata, si hanno sporadiche soluzioni visive sì fascinose e accattivanti, non al punto però di far passare la complessiva voglia di dichiarare la resa.
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CuriositàDaniela • 21/03/16 06:27 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Il film è tratto da "Dogra Magra" dello scrittore giapponese Yumeno Kyksaku, pseudonimo di Sugiyama Taido. Il poderoso romanzo, scritto nell'arco di ben 10 anni, venne pubblicato nel 1935, un anno prima della morte dell'autore. Non esiste al momentno una traduzione in italiano.
DiscussioneZender • 21/03/16 07:29 Capo scrivano - 48949 interventi
Sicura che si scriva Sugiyama TaidM, Daniela? Trovo un unico link in tutto il web per questo nome, mi pare strano...
DiscussioneDaniela • 21/03/16 08:37 Gran Burattinaio - 5945 interventi
Hai ragione Zender, ma non è stato un errore di battitura, dato che ho fatto il copia e incolla dalla voce inglese di wikipedia: il nome è Sugiyama Taido, con la "o" sovrastata da un trattino. Ho fatto or ora una riprova (su diverso PC): il carattere non viene riconosciuto e, chissà per quale motivo, trasformato in "M", cosa di cui non mi ero accorta.
DiscussioneZender • 21/03/16 09:25 Capo scrivano - 48949 interventi
Ah ok, capito. In effetti quando si copiano caratteri particolari conviene sempre rileggere come vengono copiati e, nel caso, semplicizzarli togliendo i segni che dan problemi.