Clown footage - Film (2018)

Clown footage
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Titolo originale: Clown footage
Anno: 2018
Genere: horror (colore)
Note: Aka "Clown Night".

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 28/06/20 DAL BENEMERITO ANTHONYVM
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Anthonyvm 28/06/20 14:56 - 5705 commenti

I gusti di Anthonyvm

Una presa in giro colossale o un elaborato progetto artistico che satirizza con particolar acume sull'horror found-footage? Il punto è che l'intero "film" è letteralmente costituito dal nulla: il protagonista vuole creare un reality show su misura per lui, ma non ha talento, idee o strumenti. Ci sarebbero altri partecipanti ma, come in Beckett, non si faranno vivi. Poi spuntano dei clown assassini. Se l'intento era quello di evocare un clima angoscioso à la Creep, il risultato è disastroso. Un'ora di dialoghi e monologhi vuoti, nessun effetto speciale, nessuna logica. Un'esperienza.
MEMORABILE: Le scene ripetute; La voce fuori campo che grida “Action!” (svista di editing o surrealismo metafilmico?); La lotta tra l'eroe e il pagliaccio killer.

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  • Discussione Anthonyvm • 28/06/20 18:50
    Scrivano - 806 interventi
    Nelle ultime settimane mi sono fiondato sull'horror clownesco, andando a pescare titoli poco noti e recuperandone altri ben più famosi. Fra autentiche chicche (Terrifier, Stitches) e prodotti di infimo livello (Grim woods, Clown), la maggior parte delle volte mi sono trovato di fronte a opere mediocri.
    C'è però un caso in particolare che sembra trascendere qualsiasi categoria di analisi e che mi ha colpito molto più di quanto mi aspettassi.

    “Clown footage” non è solo un film brutto: è il nulla. La negazione ontologica della dimensione filmica, il cinema di genere ridotto al vuoto cosmico. Nessuna trama, nessun processo creativo in evidenza, nessuna prova attoriale degna di essere definita tale. Un'ora e dieci di interminabili riprese in soggettiva, un fiume di dialoghi insopportabili, la quintessenza dell'amatorialità audiovisiva.

    Premesse classiche: una didascalia a inizio film ci preannuncia che i terribili eventi cui stiamo per assistere sono accaduti davvero, e che il girato che vedremo, assolutamente reale, è solo una minima parte di ciò che la polizia ha rinvenuto sulla scena del crimine. The Blair witch project con vent'anni di ritardo, ma pazienza.

    Siamo catapultati in medias res (la scritta REC e il cerchietto rosso lampeggiante in sovrimpressione ci fanno capire che osserveremo gli eventi attraverso l'occhio di una videocamera), all'interno di un appartamento, con un giovanotto di nome Stefan (Alen Rios) che riprende se stesso mentre cerca l'amico Andy (Manny Velazquez, lo stesso regista), misteriosamente scomparso. Ecco che, non appena Stefan posa la videocamera (senza spegnerla, ovviamente) ed esce dall'inquadratura, un tizio mascherato da clown fa capolino davanti all'obbiettivo.

    Si torna indietro di qualche ora (c'è una ragione precisa per la narrazione a flashback? Ovviamente no) e passiamo al punto di vista di Andy, il proprietario della videocamera. Sta riprendendo lo schermo di un computer, dove viene riprodotto il trailer di un horror found-footage a base di pagliacci assassini (l'inesistente “Clown Night”). Il fatto che pure nel suddetto trailer troviamo la scritta REC con puntino rosso lampeggiante in sovrimpressione crea un gioco metacinematografico di scatole cinesi che manco il finale de Il seme della follia.

    Ma passiamo oltre, ora si entra nel “vivo”.
    Andy incontra Stefan e i due si dirigono presso l'appartamento di quest'ultimo, all'interno di un fatiscente complesso edilizio abbandonato. Si dice un tempo fosse un manicomio, o forse peggio. Sia come sia, veniamo informati delle reali intenzioni di Stefan. Il nostro eroe, sfoggiando una spocchia caricaturale da giovinastro figlio di papà, ha intenzione di auto-prodursi nientemeno che un reality show fatto su misura per lui, e di ambientarlo proprio a casa sua, mentre Andy sarà relegato al ruolo passivo di operatore. Da ciò che Stefan afferma, sarà un metodo infallibile per attirare su di sé l'attenzione della gente che conta, e di garantirgli una carriera nello show business. D'altronde, sempre stando a quel che dice, è un giovane uomo di grande talento.
    Già, ma talento per cosa?
    Andy e Stefan parleranno per quasi un'ora, rispettivamente dietro e davanti all'obbiettivo, praticamente senza stacchi di montaggio, e mai una sola volta verrà rivelato in cosa consiste questo fantomatico “talento”.
    C'è chi satireggia sul mondo dello spettacolo, sottolineando la vacuità e la superficialità di chi ne fa parte, a suon di battute divertenti e gag memorabili. Velazquez, al contrario, usa un'ironia talmente tagliente e sottile che per coglierla bisognerà sottostare a sessanta minuti di niente assoluto. Il niente per ironizzare sul niente. Genio.

    In cosa consisterà, poi, questo reality show, sprovvisto di titolo e di campagna promozionale? Un altro mistero. Sembra che l'amabile Stefan non sarà l'unico partecipante: altre persone dovrebbero raggiungerlo a breve, ma nessuno alla fine si farà vivo. Velazquez si rifà persino a Beckett e trasforma l'attesa dei compagni di avventura di Stefan in un'esperienza esistenziale, la concretizzazione dell'incertezza e dell'instabilità che regnano sulla società moderna.

    E così andiamo avanti, fra tour dell'appartamento di Stefan, tour nei pressi dell'appartamento di Stefan, tour esterni degli edifici disabitati attorno all'appartamento di Stefan.
    Solo una domanda frulla nella testa dello spettatore: perché? Perché stiamo guardando due ragazzi che parlano di stupidaggini, che vagheggiano a proposito di un progetto inconsistente, che non hanno idea di ciò che stanno facendo e di come farlo.

    Poi la svolta: Andy viene assalito da un tizio vestito da clown, e il suo corpo apparentemente senza vita viene trascinato fuori dall'abitazione, mentre la videocamera, silente testimone, riprende tutto. Il realismo raggelante viene brevemente sopito da uno stacco imprevisto (e non voluto) di editing: l'inquadratura si sposta di pochi centimetri, senza nessuna ragione, probabilmente perché Velazquez ha scontrato la videocamera inavvertitamente e ha cercato con scarso successo di rimetterla nella posizione precedente. O forse è un effetto voluto, giusto per evidenziare l'inganno cui l'autore ci sta sottoponendo?

    Sia come sia, riprendiamo da dove il film era cominciato, con Stefan che ritrova la videocamera abbandonata e inizia a riprendersi da solo mentre chiama Andy a gran voce, per poi concedersi una breve (e strategica) uscita di campo.
    Ed ecco che il metacinema surrealista colpisce ancora: dopo un altro stacco di inquadratura, sentiamo distintamente la voce di Andy/Velazquez esclamare “Action!” poco prima che Stefan ritorni in scena. Una svista mostruosa in sede di montaggio, oppure un altro effetto voluto, per palesare il grado di artificiosità attorno al quale ruota il cinema horror found-footage? Inettitudine o parodia? Mancanza di attenzione o accorto espediente critico? Velazquez vuole forse farci riflettere sulle assurde pretese di verismo che i vari ESP, Paranormal activity e Creep ci propinano da decenni?

    Da qui in avanti si va sul convenzionale: Stefan si imbatte in un clown e lo mette k.o., esibendosi in una scazzottata farlocca da antologia, poi il pagliaccio scompare e ne appare un altro, ma questa volta la lotta avrà un esito diverso e molto triste per il nostro Stefan.

    Il film finisce qui.

    Settanta minuti di noia cronica, tanto esasperante e sconvolgente nella sua anti-filmicità da raggiungere lo status di esperienza.
    Una presa in giro a budget zero, arrivata incredibilmente alla commercializzazione (è stata distribuita da Prime Video!), ma (inconsapevolmente) meno banale di quanto sembri di primo acchito.
    Esempio perfetto di pessimo “cinema” (ammesso che di cinema si possa parlare), la cui ambigua bruttezza è talmente marcata da fuggire i convenzionali criteri di giudizio, il cui inesistente valore artistico è fonte di elucubrazioni profonde su un intero sottogenere cinematografico, ma anche sul concetto stesso di arte e di prodotto filmico.
    In un certo senso, questo ammasso di “niente”, girato in un pomeriggio e montato in un quarto d'ora, al pari di un video delle vacanze di famiglia, è più stimolante e mind-opening di tanti prodotti ben confezionati e blasonati.
    Insomma, la mancanza di talento di Velazquez si è paradossalmente rivelata il suo vero talento: chapeau, Manny.
  • Discussione Didda23 • 28/06/20 19:09
    Compilatore d’emergenza - 5797 interventi
    Ci stava un bel fumetto!
  • Discussione Anthonyvm • 28/06/20 21:04
    Scrivano - 806 interventi
    Didda23 ebbe a dire:
    Ci stava un bel fumetto!
    Ci ho anche pensato, ma è un film talmente vuoto in ogni senso che rappresentarlo a figure sarebbe quasi una contraddizione in termini!