Dal presente - in cui un uomo acquista un prezioso violino a un'asta soffiandolo a una bella signora - fino al 1968 in piena primavera di Praga, in cui la stessa incontra in un locale un uomo misterioso (Byrne) che le racconta una lunga storia riguardante il medesimo violino. Arrivati in questo modo al flashback nel flashback, ambientato negli Anni Trenta in un grande conservatorio, finalmente ci si ferma. Il protagonista è Jeno Varga (Matheson), il giovane allievo possessore del particolare violino al centro della vicenda e che non facciamo difficoltà a identificare nell'uomo misterioso che la sta raccontando. Il violino era l'unico ricordo di suo padre, poi scomparso, il quale lasciò lui e sua...Leggi tutto madre in balia di loro stessi. Allevato da Wolf (Pappalardo), Jeno si dedica anima e corpo allo strumento facendo amicizia, al conservatorio, con l'altrettanto ribelle David (Williams) e innamorandosi della splendida Sophie Levi (Thierry), pianista ebrea di successo. Ma siamo negli anni del Reich, delle prime deportazioni, e le sorprese sono dietro l'angolo. In ogni senso, perché il film lavora per tutta la seconda parte su colpi di scena in sequenza che si riverberano nel tempo facendoci scoprire le identità “vere” dei personaggi coinvolti nella narrazione dal passato fino al presente. In questo modo quella che sembrava una semplice storia d'amore e d'amicizia legata anche alla musica, alla forza d'animo e alla voglia di emergere che si concentrano nella figura di Jeno, allarga gli orizzonti andando a comporre un quadro ben più complesso che giustifica – almeno in parte – il buon successo ottenuto dal film di Ricky Tognazzi (presente nel cast come padre di David). Adattata da Simona Izzo a partire dal romanzo di Paulo Maurensig, la sceneggiatura offre poco in una prima parte che ha nella scintillante ricostruzione storica e nella bella fotografia di Fabio Cianchetti i punti di forza. I rapporti tra i protagonisti sono descritti piuttosto banalmente, l'indubbia bellezza di Mélanie Thierry e Hans Matheson è fonte di insistiti primi piani e qualche nudo, lo spirito audace di Jeno si risolve in esibizioni violinistiche da primadonna e non vi sono tra gli adulti personaggi in grado di lasciare il segno (il fascino maggiore resta quello di Byrne, confinato tuttavia al segmento di transizione relativo al 1968). Fortunatamente le sorprese che ci attendono nel finale hanno modo di svolgere il loro compito e talora persino di commuovere indulgendo alla lacrima facile. Volendo soprassedere sulla scarsa pregnanza dell'insieme – e senza considerare che la parte maggiore del film si sviluppa seguendo dinamiche elementari non valorizzate da nulla in particolare – si può apprezzare comunque la precisione della complicata struttura dei flashback a scatole cinesi, per una volta utile a dare un po' di senso al tutto. Andy Luotto è il direttore del conservatorio: si ricaverà uno spazio in cui recitare con estrema serietà dimostrando buona aderenza al ruolo.
Film discreto, ambientato nella mitteleuropa a cavallo tra gli anni '40 e '70, che non ha raccolto commenti unanimi del pubblico. Hanno probabilmente pesato alcune lungaggini e la scelta di due giovani attori non proprio dotatissimi. Ma le musiche by Morricone sono belle, Gabriel Byrne sempre magnetico e ci sono pure due ruoli minori ben interpretati da Pappalardo (non male) e Andy Luotto. Non aspettatevi momenti memorabili ma alcune spennellature toccanti, quello sì.
Discreto film di Tognazzi che ha cercato di proporre un'opera che uscisse una volta tanto dagli angusti schemi della commedia italiana per acquisire un connotato internazionale (e la scelta del cast ne appare la conferma). Piuttosto curata anche se non esente da difetti è la sceneggiatura che (pur offrendo come sottotraccia una storia d'amore) va in cerca di altri temi quali la preservazione della memoria di fronte alle tragedie come l'olocausto. Il film presenta alcune lungaggini ma è nel complesso gradevole.
Un film che piacerà agli appassionati di musica, quelli che della musica fanno la propria ragione di vita. Difficile non immedesimarsi nella figura di Jeno Varga con le sue gioie, i suoi dolori, le sue illusioni e delusioni. Buona la struttura a scatole con una storia che fa da cornice all'altra attraverso tre generazioni a confronto. Belli i cambi d'epoca che avvengono all'interno della stessa inquadratura. Bravo Pappalardo nel ruolo minore di Wolf.
MEMORABILE: La musica è il nostro coltello... la spada con cui conquisteremo il mondo!
Due giovani studenti di violino e una celebre pianista a Praga poco prima dell'invasione nazista; ma su questa epoca se ne stratificano altre più vicine. Il film offre così un percorso storico intrecciato alla vicenda d'amore e amicizia per riflettere sulle eredità negative e sugli errori del passato che ipotecano il presente. Un film devoto alla musica, piuttosto ben fatto, e con un discreto cast (da segnalare come buona sorpresa Pappalardo). Pietosa, anzi scandalosa la qualità del doppiaggio italiano, assolutamente inascoltabile.
Tentativo velleitario e parzialmente fallito, da parte del rampollo di cotanta famiglia (i Tognazzi), imparentato con un'altra notissima "dinasty" (gli Izzo), di dimostrarci che ci sa fare come regista di film "colti". Alcune cose non sono male, ma altre stridono in modo micidiale. È già stato rilevato il cagnesco doppiaggio, sul resto sorvoliamo. Ah, dimenticavo l'unica cosa che si salva realmente in questo film: la bellezza davvero fuori dal comune dell'incantevole Mélanie Thierry.
Tra tutti gli sforzi profusi a piene mani per realizzare questo film, l'unico apprezzabile è quello di Ennio Morricone, sia nello studio del canone inverso, sia nell'architettura degli studi per violino e pianoforte. Alla lunga, però, si avverte un distacco tra la perfezione della musica e il grossolano sentimentalismo, la recitazione mediocre e le banalità di cui è infarcita l'opera. Insomma, un film di cui, soprattutto pensando ai molti di genere che lo hanno preceduto, si può benissimo fare a meno.
Sì, il cast è ispirato e concentrato, ma il grosso del film è Praga con la sua bellezza, in qualche caso patinata, ma sempre in grado di saturare gli occhi. La sceneggiatura è valida, ma Tognazzi realizza un film non sempre scorrevole e questo si avverte. Anche la musica ha il suo ruolo primario, ma il sentimentalismo è eccessivo e manca di quel quid che, in una pellicola come questa, è necessario per emozionare.
Una storia d'amore e d'amicizia con risvolti familiari ambientata nell'est europeo a cavallo della seconda guerra mondiale. Buone ambientazioni ed intreccio narrativo ben congegnato con qualche colpo di scena. Se i protagonisti appaiono lievemente anonimi, sono gli altri interpreti a brillare, in special modo il sorprendente Pappalardo ed il sempre intenso Byrne. Musiche appropriate.
Opera cinematograficamente dignitosa e buona, che racchiude in sé un'ottima regia di Ricky Tognazzi e buone scenografie e atmosfere musicali. Perché il punto di forza sono proprio le note che scandiscono il tempo delle scene e ci fanno sentire le vibrazioni dell'animo dei protagonisti. Dall'altra parte la mediocrità degli allora giovani attori non aiuta molto il film, in particolare gli scialbi Matheson e Thierry (per non parlare di Pappalardo padre adottivo!). Ma la presenza di attori di razza e l'avere una buona storia ha aiutato molto.
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DiscussioneZender • 7/09/11 11:52 Capo scrivano - 47804 interventi
Di solito o si guarda su sw, o su maps (meglio di earth, le vie si vedon quasi tutte) o si cerca il nome su internet collegato all'edificio. Lo so che a volte è dura, ma se fosse tutto semplice i post avrebbero molto meno valore...
Diceva Herbie: PS: di questo film rimarrebbe da cercare un'ultima location importante che sarebbe la grande fattoria dove vive Jeno da bambino con la madre. Io tuttavia non ho il film.