Qui si passa da una messinscena televisiva (a volte sembra di assistere a un servizio di cronaca per reti locali) a una narrazione sconclusionata. Classico prodottino underground con immersioni che sfiorano il porno e che ha pure la pretesa di spacciarsi per thriller d'autore. Il low-budget dichiarato dal regista non è altro che il pretesto per giustificare una pellicola esteticamente tanto brutta quanto anonima. Regia, sceneggiatura e suspense non pervenute.
Ortega non deve aver qualificato bastevoli a stomacare i già molesti 17’ dell’omonimo corto pregresso, e mdp-bazooka in braccio non ne tiene fuori campo una, esasperando sì che in un’ipotetica prima serata la scamperebbero si e no 25’: necrofilia, coprofagia, stupro, incesto (anche postmortem, claro) snuff, interrogatori di tanto così peggiori degli snuff, cartello, servizi segreti (“gombloddo!”, e giù risa e pernacchie), facendo il pendolare tra Peralta e Vogel via Hino sgolandosi a suon di “liberté egalité épater!”. Moguel si impegna e si fa volere bene. In fondo a un vulcano attivo il resto.
Quanta violenza serve per dare l'idea della violenza? Tempo dieci minuti e il Messico dell'illegalità diventa lo scantinato di August underground o The great american snuff film: macelleria, emoglobina e la noia di chi vuole mostrare sempre uno shock in più. Lo scheletro narrativo riemerge a fatica nel prosieguo, tra dolorose vicende personali, intrecci di malavita e ordine costituito e fantomatiche sovrastrutture paramilitari che tirano le fila del discorso, ma fiato e strada senza sevizie rimangono corti. Forte sì; innocuo pure.
MEMORABILE: Lo spietato taglione di Goyo e Daniela verso i genitori.
Ortega fa l'exploiter come si usava ai bei tempi: spiattella in faccia una vaga denuncia sociale (dal prologo con didascalie informative circa gli omicidi insoluti in Messico al twist "politico" nell'improbabile finale) per spianarsi il terreno in vista di siparietti shock talvolta disturbanti (le realistiche cervella del cadavere investito, la coprofagia), talaltra ludicamente creativi (lo scambio chirurgico di sessi). Pessimo l'uso del found-footage (i nastri rovinati sempre in concomitanza con gli effetti speciali più difficili da gestire in diretta). Deodato era un'altra cosa.
MEMORABILE: Gli efficaci dettagli sulle ferite; Le torture della polizia; L'assurda (non in bene) ripresa in POV del dildo ferrato nell'ano; L'incesto necrofilo.
Si può fare un finto snuff/foootage mantenendo comunque un certo senso estetico dell’inquadratura. Ortega non ne ha e non ne vuole nemmeno sapere. Per lui l’orrore si nasconde stancamente nei soliti e compiaciuti rigurgiti psyco-sado. Ma tutto è inevitabilmente, profondamente raffermo. Che si riveda alcuni dei Guinea giappo degli anni 80, lì sì che il marciume ha elettrici guizzi di vita.
Storia senza capo né coda, priva di tensione e di qualunque tipo di empatia per i personaggi, che si riduce a un’interminabile e vomitevole sequenza di abusi e torture. Tra mutilazioni, incesti, sesso, feci e sangue mestruale, il regista non ci risparmia niente, indugiando pornograficamente sui dettagli più morbosi e perversi, suscitando un rigetto a cui concorre l’effetto nauseante della ripresa semiamatoriale. Da evitare.
MEMORABILE: In senso negativo: la coprofagia e le violenze incestuose.
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