La tortura della speranza - Film (1982)

Il fascino gotico e le disquisizioni teologico-filosofiche del racconto di Villiers de L'Isle-Adam svaporano nella staticissima, onusta teatralità della messa in scena di Mario Chiari e nelle interpretazioni del macilento rabbino Julian Beck e dell'irriverente strega Piera degli Esposti, enfatiche sino al carnevalesco. Buono il lavoro svolto dal direttore della fotografia sulle scenografie dei sotterranei.

Dell'apologo crudele di Villiers poco resta. Beck si segnala per i toni più stuporosi che dolenti e l'interpretazione della Esposti è prevedibile come un tiro da centrocampo. Adeguata, invece, la performance di Corazzari. Il fascino maggiore del film risiede, però, nelle location, dalla prigione al colonnato sotterraneo sino agli esterni della chiesa (o del convento) dove ha luogo la beffarda rivelazione finale.

Spagna, un rabbino è condannato ad un autodafé, ma gli viene concessa una via di fuga attraverso i recessi della prigione, dove ha modo di incontrare e riflettere. Più che un racconto insolito, un'opera teatrale in cui si discute di religione, di superstizione, di torture. Valido più per le prove attoriali che per la trama in sé per sé. Molto veritiero il trucco di Julian Beck.