Incontro con Luciano Tovoli su "Suspiria"
23 Giugno 2008

Quando, infatti, fu chiamato da Argento per realizzare Suspiria, Tovoli non era affatto intenzionato a partecipare al film, per diversi motivi. I maggiori ostacoli erano rappresentati dal fatto che lui non amava i film dell’orrore e che, non avendo alcuna esperienza in quel campo, non si sentiva pronto per partecipare alla lavorazione di un film di quel genere.
Però accade qualcosa che lo spinse a chiamare Argento per discutere della questione: un giorno, infatti, vide centinaia di persone che si accalcavano fuori ad un cinema e che facevano un coda lunghissima per vedere un suo film (Profondo Rosso n.d.r.). Un simile enorme successo lo spinse ad andare a vedere la pellicola e, una volta capite le potenzialità del regista romano, decise che poteva valere la pena lavorare con lui.




Infine va detto che quando Dario Argento e Luciano Tovoli si rincontreranno sul set una seconda volta, per realizzare Tenebre, daranno vita, e lo faranno volontariamente, ad una pellicola completamente diversa da Suspiria. In questo caso, infatti, ci troviamo dinanzi ad una fotografia più pulita, “neutra” e tradizionale.

Tali scelte non sono state fatte da Tovoli seguendo criteri precisi: pur ascoltando, infatti, i desideri di Argento, che voleva un film visivamente estremo, forte ed audace, egli si è affidato a scelte inconsce. In pratica non ha pensato ai colori che utilizzava. Inoltre, come quasi sempre è accaduto nella sua carriera, non si è ispirato a pittori ma piuttosto a fotografi del passato. Nel caso di Suspiria ad esempio è stato molto influenzato da Hernest Hass, un fotografo tedesco degli anni Quaranta che fu uno dei primi a lavorare scientemente sul colore e a capire la sua importanza per la resa artistica di un'opera.



Il fatto che il lavoro sul colore sia essenziale per Tovoli, soprattutto in questo film, lo si può vedere sin dall’inizio della pellicola. Nella primissima scena del film, infatti, mentre Susy (Jessica Harper) esce dall’aeroporto si vedono sul fondo strisce di colore rosso, così come pure sul tabellone degli arrivi e delle partenze sono stati messi, per volere di Tovoli stesso, dei colori. Anche nella successiva scena ambientata nel taxi il colore ha una notevole forza ed importanza. La cosa non è assolutamente casuale ma è il modo attraverso il quale Tovoli ha voluto annunciare allo spettatore, sin dai primissimi fotogrammi dell’opera, lo stile del film, fatto di colori forti e decisi.

Questi cromatismi accesi sono poi stati ancor più rafforzati (quando non esasperati) attraverso altri piccoli espedienti tecnici: per esempio, nella scena del primo omicidio, ogni volta che la ragazza riceve una coltellata assistiamo ad una fiammata di rosso. Spesso poi le luci utilizzate erano talmente forti che Tovoli, per evitare di arrecare danni agli attori (come ad esempio ustioni) usò, oltre a gelatine protettive, tende di velluto sullo sfondo della scena che avevano proprio lo scopo di attutire l’illuminazione.

L’apporto di Tovoli al film è stato poi notevole non solo per quel che riguarda la fotografia ma anche per le idee che ha dato ad Argento e che si sono rivelate utilissime per la realizzazione di alcune scene ad altissimo coefficiente di difficoltà e che dimostrano la maestria tecnica che un tempo Dario Argento possedeva.
A questo proposito si pensi alla scena di Flavio Bucci e del cane, che fu davvero molto difficile da realizzare da un punto di vista tecnico tanto che si dovettero fare moltissime prove per ottenere il risultato voluto. La scena fu girata a Monaco, nella piazza in cui Hitler era solito organizzare i suoi raduni oceanici, e trattandosi di un luogo enorme ciò complicò non poco le cose. Tovoli dovette lavorare per 4 notti di fila per ottenere l'illuminazione che aveva in mente. Per quando riguarda il girato va detto che la scena prevede numerose inquadrature dall’alto per ottenere le quali, non essendoci a quel tempo macchine che permettessero quel tipo di riprese, fu fatta scorrere (tramite un marchingegno) su un filo la macchina da presa che si muoveva dall'alto fino a scendere poi ad altezza d'uomo. Vennero fatti moltissimi tentativi durante i quali una macchina da presa finì a terra completamente distrutta poiché lo stesso Tovoli schiacciò il tasto che faceva arrestare la mdp con un attimo di ritardo.
Anche la scena in cui la Harper viene abbagliata mentre cammina per i corridoi ha richiesto non poco tempo e sforzo, tanto che si sono voluti due giorni per girarla. Alla fine, dopo vari tentativi, si è trovato il sistema. Hanno disegnato per terra il raggio di luce, lo hanno cosparso di borotalco ed infine hanno fatto cadere dall'alto, mentre giravano, del pulviscolo in modo da ottenere l'effetto voluto che è quello che si può vedere nel film.

Molto ingegnosa è stata anche la realizzazione della scena finale in cui si vede la silhouette di Helena Markos. L'idea della scena è tutta di Argento, che portò un disegno a Tovoli per fargli capire ciò che voleva. Per realizzarla ci sono voluti diversi tentativi. Alla fine è stata girata nel seguente modo: si sono utilizzati un prisma ed uno specchio semitrasparente che è stato messo di traverso dinanzi alla macchina da presa. Poi, per far apparire la silhouette, è stata proiettata la luce (dopo aver fatto decine di prove per trovare l'angolazione giusta) su un cristallo che aveva le fattezze di Helena Markos.

ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO COTOLA