Incontro con Luciano Tovoli su "Suspiria"

23 Giugno 2008

L’incontro tra il grande direttore della fotografia Luciano Tovoli ed il regista romano Dario Argento non è stato, inizialmente, per niente facile ed idilliaco.
Quando, infatti, fu chiamato da Argento per realizzare Suspiria, Tovoli non era affatto intenzionato a partecipare al film, per diversi motivi. I maggiori ostacoli erano rappresentati dal fatto che lui non amava i film dell’orrore e che, non avendo alcuna esperienza in quel campo, non si sentiva pronto per partecipare alla lavorazione di un film di quel genere.
Però accade qualcosa che lo spinse a chiamare Argento per discutere della questione: un giorno, infatti, vide centinaia di persone che si accalcavano fuori ad un cinema e che facevano un coda lunghissima per vedere un suo film (Profondo Rosso n.d.r.). Un simile enorme successo lo spinse ad andare a vedere la pellicola e, una volta capite le potenzialità del regista romano, decise che poteva valere la pena lavorare con lui.

Al primo incontro Tovoli, dimostrando una professionalità più unica che rara, non accettò comunque subito e pose la prima condizione per lavorare alla realizzazione del film: siccome non aveva esperienza in quel genere, avrebbe girato alcune scene-provino che poi avrebbe sottoposto al giudizio di Argento; solo nel caso in cui fossero piaciute la collaborazione avrebbe avuto luogo. Il regista romano non fu semplicemente contento delle immagini ma addirittura entusiasta. Secondo quanto riferito da Tovoli ebbe dei veri e propri sussulti e saltò sullo schermo in preda all’eccitazione, per toccarlo.
A questo punto pose la seconda condizione per accettare l’incarico: i trucchi dovevano essere fatti in ripresa e cioè dovevano essere realizzati in presa diretta mentre le scene venivano girate e non aggiunti successivamente. La cosa non faceva piacere ai produttori del film (i fratelli ed il padre di Argento) che consigliarono a Dario di trovarsi un altro direttore della fotografia; ma Dario, entusiasta del lavoro preliminare presentatogli da Tovoli nonché dell’idea dei trucchi da realizzare in presa diretta, impose la sua scelta e così finalmente il matrimonio si fece, con grande soddisfazione di entrambi e soprattutto di Tovoli (visto che questo è uno dei film principali, assieme a Professione reporter di Antonioni, per cui viene ricordato ancora oggi).
A tal proposito va detto che secondo lo stesso direttore della fotografia questo film rappresentò un unicum sia nella sua carriera che in quella del regista romano. Dario Argento, infatti, non ha più realizzato un film del genere dal punto di vista visivo anche quando ha cercato, come in Inferno, di bissarne i risultati. Lo stesso dicasi di Tovoli il quale, pur dando sempre grandissima importanza al colore
(si veda a tal proposito Il mistero di Oberwald di Antonioni), non ha più goduto della totale libertà concessagli da Argento che gli ha permesso di dare ampio sfogo al suo estro creativo. Non è casuale perciò che, secondo Tovoli, quello per Suspiria fu uno dei suoi lavori più divertenti e creativi. Ciò perché il genere horror non ha bisogno di quel realismo e di quel naturalismo che quasi tutti i registi hanno sempre chiesto ai direttori della fotografia.
Infine va detto che quando Dario Argento e Luciano Tovoli si rincontreranno sul set una seconda volta, per realizzare Tenebre, daranno vita, e lo faranno volontariamente, ad una pellicola completamente diversa da Suspiria. In questo caso, infatti, ci troviamo dinanzi ad una fotografia più pulita, “neutra” e tradizionale.

Quel che colpisce ancora oggi, a più di trent’anni dalla sua realizzazione, nel vedere Suspiria, è sicuramente la sua forza visiva che gli deriva oltre che dalla grandiosa bravura tecnica di Argento, soprattutto da una maestosa fotografia che punta su scelte cromatiche molto audaci che hanno contribuito non poco al successo straordinario del film.
Tali scelte non sono state fatte da Tovoli seguendo criteri precisi: pur ascoltando, infatti, i desideri di Argento, che voleva un film visivamente estremo, forte ed audace, egli si è affidato a scelte inconsce. In pratica non ha pensato ai colori che utilizzava. Inoltre, come quasi sempre è accaduto nella sua carriera, non si è ispirato a pittori ma piuttosto a fotografi del passato. Nel caso di Suspiria ad esempio è stato molto influenzato da Hernest Hass, un fotografo tedesco degli anni Quaranta che fu uno dei primi a lavorare scientemente sul colore e a capire la sua importanza per la resa artistica di un'opera.
In realtà Tovoli ha poi rivelato che una piccola citazione pittorica (seppure inconscia poiché, a suo dire, se n’è accorto solo successivamente) c'è nel film e riguarda il primo omicidio, quando la testa della povera malcapitata viene schiacciata e pressata con il vetro mostrando così il suo viso deforme. La fonte sono gli autoritratti di Francis Bacon le cui opere Tovoli ebbe occasione di conoscere bene e di persona durante la lavorazione di Professione Reporter di Antonioni, quando girò una scena nello studio del noto pittore. Fu allora che volle vedere i suoi quadri (alcuni dei quali a lui già noti) rimanendo molto colpito, inutile dirlo, anche dalle scelte cromatiche.
I risultati di queste scelte sono sotto gli occhi di tutti e forse sarebbero stati ancor più scintillanti se i produttori non avessero osteggiato un’idea molto bizzarra del maestro. Egli, infatti, inizialmente avrebbe voluto utilizzare della vernice di scena con cui imbrattare corpi e volti degli attori in modo da rendere i colori ancor più brillanti e scintillanti. I produttori però non volevano. In ogni caso Tovoli convinse uno dei suoi collaboratori a condurre alcuni esperimenti: il poverino veniva imbrattato con della vernice e pare che i risultati fossero più che lusinghieri. Tuttavia, appena il padre di Argento seppe della cosa fece interrompere tutto minacciando Tovoli di licenziarlo in tronco:gli esperimenti vennero sospesi.

ALCUNI ESEMPI: IN AEROPORTO
Il fatto che il lavoro sul colore sia essenziale per Tovoli, soprattutto in questo film, lo si può vedere sin dall’inizio della pellicola. Nella primissima scena del film, infatti, mentre Susy (Jessica Harper) esce dall’aeroporto si vedono sul fondo strisce di colore rosso, così come pure sul tabellone degli arrivi e delle partenze sono stati messi, per volere di Tovoli stesso, dei colori. Anche nella successiva scena ambientata nel taxi il colore ha una notevole forza ed importanza. La cosa non è assolutamente casuale ma è il modo attraverso il quale Tovoli ha voluto annunciare allo spettatore, sin dai primissimi fotogrammi dell’opera, lo stile del film, fatto di colori forti e decisi.
Come molti sanno, infatti, e com’è facilmente visibile guardano la pellicola, sono tre i colori dominanti: il rosso ed il blu in maniera preponderante, ed il verde seppure in maniera minore ma non meno affascinante. Il tutto è stato realizzato utilizzando la tecnica del Technicolor (ed il film di Argento è stato uno degli ultimi ad essere realizzato con tale sistema) che veniva appunto utilizzato per ottenere colori saturi e vivaci. A conferma di ciò basti dire che la pellicola, a più di trent’anni di distanza, ha mantenuto intatta la forza dei colori.
Questi cromatismi accesi sono poi stati ancor più rafforzati (quando non esasperati) attraverso altri piccoli espedienti tecnici: per esempio, nella scena del primo omicidio, ogni volta che la ragazza riceve una coltellata assistiamo ad una fiammata di rosso. Spesso poi le luci utilizzate erano talmente forti che Tovoli, per evitare di arrecare danni agli attori (come ad esempio ustioni) usò, oltre a gelatine protettive, tende di velluto sullo sfondo della scena che avevano proprio lo scopo di attutire l’illuminazione.

LA SCENA CON FLAVIO BUCCI
L’apporto di Tovoli al film è stato poi notevole non solo per quel che riguarda la fotografia ma anche per le idee che ha dato ad Argento e che si sono rivelate utilissime per la realizzazione di alcune scene ad altissimo coefficiente di difficoltà e che dimostrano la maestria tecnica che un tempo Dario Argento possedeva.
A questo proposito si pensi alla scena di Flavio Bucci e del cane, che fu davvero molto difficile da realizzare da un punto di vista tecnico tanto che si dovettero fare moltissime prove per ottenere il risultato voluto. La scena fu girata a Monaco, nella piazza in cui Hitler era solito organizzare i suoi raduni oceanici, e trattandosi di un luogo enorme ciò complicò non poco le cose. Tovoli dovette lavorare per 4 notti di fila per ottenere l'illuminazione che aveva in mente. Per quando riguarda il girato va detto che la scena prevede numerose inquadrature dall’alto per ottenere le quali, non essendoci a quel tempo macchine che permettessero quel tipo di riprese, fu fatta scorrere (tramite un marchingegno) su un filo la macchina da presa che si muoveva dall'alto fino a scendere poi ad altezza d'uomo. Vennero fatti moltissimi tentativi durante i quali una macchina da presa finì a terra completamente distrutta poiché lo stesso Tovoli schiacciò il tasto che faceva arrestare la mdp con un attimo di ritardo.

Anche la scena in cui la Harper viene abbagliata mentre cammina per i corridoi ha richiesto non poco tempo e sforzo, tanto che si sono voluti due giorni per girarla. Alla fine, dopo vari tentativi, si è trovato il sistema. Hanno disegnato per terra il raggio di luce, lo hanno cosparso di borotalco ed infine hanno fatto cadere dall'alto, mentre giravano, del pulviscolo in modo da ottenere l'effetto voluto che è quello che si può vedere nel film.

HELENA MARKOS
Molto ingegnosa è stata anche la realizzazione della scena finale in cui si vede la silhouette di Helena Markos. L'idea della scena è tutta di Argento, che portò un disegno a Tovoli per fargli capire ciò che voleva. Per realizzarla ci sono voluti diversi tentativi. Alla fine è stata girata nel seguente modo: si sono utilizzati un prisma ed uno specchio semitrasparente che è stato messo di traverso dinanzi alla macchina da presa. Poi, per far apparire la silhouette, è stata proiettata la luce (dopo aver fatto decine di prove per trovare l'angolazione giusta) su un cristallo che aveva le fattezze di Helena Markos.

In conclusione possiamo quindi dire che quello realizzato con Suspiria è un lavoro di prima grandezza e di grande raffinatezza in cui tutto è stato scrupolosamente studiato e nulla è stato lasciato al caso. Grazie ad esso Luciano Tovoli ha potuto dimostrare, anche in un genere solitamente bistrattato come l’horror, tutto il suo valore, la sua creatività e la sua ingegnosità. Peccato sia rimasto un unicum, nel suo genere.

ARTICOLO INSERITO DAL BENEMERITO COTOLA

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