Non bussate a quella porta - Film (2017)

Figlia problematica chiede aiuto a mamma problematica perché la protegga da un'entità maligna che non si fa problemi a rapire chi incautamente ha bussato alla porta della bicocca dove risiede... La confezione è discreta, Katee Sackhoff si impegna ed il look della diavolessa, disarticolata e secca come un chiodo, pur non essendo originale fa comunque un certo effetto, ma il film non esce dalla horror-routine del "ora vedo/ora non vedo" e, come accadeva già nella precedente opera del regista, appare confuso, a tratti incongruente e pasticciato.

Film che sembra promettere chissà cosa ma diventa un thriller dagli scarsi contenuti dove l'horror è lasciato ai colori scuri usati in generale e a qualche apparizione del cattivo che ricalca troppo fedelmente i movimenti di qualunque fantasma propinato negli ultimi 15 anni negli horror giapponesi. Festival del già visto con il solito rapporto problematico genitore/figlio, con dialoghi al limite dell'inutilità, motivo scatenante del male quasi accennato per sbaglio, qualche rumore e poco più.

La sceneggiatura fa più salti di quanti dovrebbe farne lo spettatore di fronte a un film nato appositamente per il jump scare. Inoltre la storia su cui inizialmente vengono murate le fondamenta della paura viene totalmente abbandonata, distrutta, per dare spazio alle psicologie turbate (ma non disturbanti) dei soliti patetici personaggi. Noioso, ripetitivo e prevedibile.

Bussare alla porta di case diroccate può essere pericoloso perché si rischia di incappare in una terribile maledizione, come in questo caso. Horror di bassa lega e per nulla originale con la solita maledizione e la solita strega che insegue le sue vittime a quattro zampe; se poi la vittima è un'adolescente disagiata entriamo ancora di più nella categoria del già visto. La prima parte si può salvare, ma quasi subito si scivola nella noia mortale.

Horror di maledizioni abbastanza piatto che pur con qualche momento riuscito non riesce mai a decollare del tutto. Il tentativo di virare verso il thriller mediante la figura dell'ambiguo poliziotto rivitalizza a tratti la trama e cerca di prolungare le attese, ma il finale nell'antro della belva (che fa molto "It") fa ripiombare tutto in una logica più scontata.

Esaurito in un men che non si dica lo scaltro pretesto del toc toc, la storia narrativamente si sgonfia e si slabbra muovendosi incauta come un elefante in una cristalleria. Figurarsi se aiuta l’ennesimo canovaccio di mamma e figlia che recuperano un rapporto inesistente: consoliamoci con una regia vivace e con una fotografia dai colori spesso contrastanti e creatrice di qualche suggestione. Parlando di brividi, pollice in su per l’angusta architettura verticale della casa e per lo snodato Botet ma giù per il resto (quale resto?). En passant.

Il meglio della pellicola sono il look del demone e la discreta confezione. Per il resto c'è poco da stare allegri e da spaventarsi se non per la totale mancanza di idee di un plot piatto che ha una duplice colpa: oltre a scopiazzare da film di genere ben più riusciti, inserisce in fase di sceneggiatura anche il solito rapporto problematico tra madre e figlia che annoia non poco. Sussulti zero, tensione poca, climax assente. Si arriva alla fine, anch'essa di rara banalità, arrancando e con poca voglia. Minuti finali, con colpo di scena, meno malvagi del resto.