Matalo! • 19/01/15 20:35
Call center Davinotti - 613 interventi Daniela ebbe a dire:
Beh, Matalo, io di musica non ci capisco una cippa, e di jazz o batteria men che meno, pensavo che quella mostrata nel film fosse una forma di esasperazione "didattica" legata ai soli ambienti anglosassoni... scoprire che invece ha preso campo anche in Italia non è una bella notizia.
Chissà, con metodi simili magari su cento ragazzi massacrati ne viene fuori uno che sfonda, ma gli altri 99 possono anche perdere il piacere di suonare, almeno credo.
E poi, suonare uno strumento è soprattutto/solo una performance fisica? Non potrebbe essere invece emozione, poesia, leggerezza?
J.K. Simmons è mostruosamente bravo (non è una novità), il film è ben fatto (a parte alcuni passaggi troppo forzati, come la sequenza post incidente stradale), dal punto di vista musicale lo capisce anche un ignorante che è realizzato con competenza, però ho trovato il "messaggio" proprio esecrabile.
Io faccio il musicista e la mia esperienza musicale esula da questo tipo di metodologie. Ma ho avuto modo di sfiorare questa mentalità. Innanzitutto c'è una questione. Si parla di big band jazz con arrangiamenti strutturati in maniera ferrea, dove l'improvvisazione ha un minor spazio che nelle piccole formazioni. Le big band devono essere una macchina e avere musicisti di ferro, specie quelle legate al periodo dello swing. Il batterista modello per il protagonista, Buddy Rich, è ancor oggi il vertice di una piramide che vede come massima espressione del batterismo il virtuosismo. Rich aveva tecnica, swing, energia da vendere; basta fare una ricerca a suo nome su youtube per assistere a delle performance così spettacolari che ancor oggi non han rivali. Come uomo riassumeva in toto la filsofia machista del batterismo, con bene e male. Come direttore d'orchestra era uguale al personaggio di Simmons (solo che Rich, miracolo!, non sapeva leggere una nota). Molte scuole americane devono sfornare dei mostri allevandoli con i sistemi di Full Metal Jacket; vi assicuro che non si esagera in questo film, insegnante permettendo. Non puoi sbagliare: il prezzo è anche perdere cospicui finanziamenti. Nel film fanno un concorso per il Lincoln Center, la gloriosa istituzione che è un po' il Louvre del jazz. Il concetto è: poche pippe con emozioni, poesia, sentimenti; si deve produrre soldati. Certo, èin contrasto con la musica ma qui si devono costruire macchine performanti. Anche in Italia molte scuole cominciano avederla così, specie quelle che sfornano turnisti. Il mondo del pop, che io ho sfiorato è fatto di grossi nomi che a vlte risultano essere anche delle persone squisite e strumentisti, ahinoi, scafati, incalliti, spoetizzati, vittime di competitività, specie i medi (chi suona più veloce? chi è più furbo?). Ultima osservazione ma importantissima: ancora oggi è un mondo al maschile. Troppo.
Questo film è un'occasione mancata. Poteva diventare un film sull'insegnamento e sui danni di certi sistemi. Ad un certo punto c'è una deviazione lgata allo stress da prestazione. Poteva essere un film esemplare. Invece alla fine c'è un legame ambiguo tra allievo e docente. Quest'ultimo, vincendo la partita (ma la musica non è una gara) alla fine sembra ammettere che se lui è diventato così bravo è forse grazie alle torture e ai ricatti psichici del suo docente. Certo si dovrebbe trovare un equilibrio, dirigere una formazione con 10, 15, 20 elementi o più, significa lavorare duro e non tollerare lassismi. Ma da questo a far svegliare uno alle 6 per poi farlo aspettare tre ore a vuoto o schiaffeggiarlo perché non marca un double swing a 400 bpm ce ne passa un oceano!
Ultima modifica: 19/01/15 20:41 da
Matalo!
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