Buiomega71 • 4/02/17 09:56
Consigliere - 27119 interventiConsolidato, ormai: la Kusama è una gran regista (e la Palma d'oro "buiesca" 2011 per
Jennifer's Body - quanto amo quel film - non le è stata data invano).
La regista di origini giapponesi riesce a creare un'atmosfera disturbante, pregna di angoscia e tensione, e non si sa mai bene dove voglia andare a parare veramente.
Anch'io, come Will, mi sentivo a disagio a quella rimpatriata, in quella villa accogliente eppure così insicura (con quelle canzoni in sottofondo), e tutta quella gentilezza e quella diplomazia dei padroni di casa mi metteva vera inquietudine.
Insomma, per tutta la visione ero irrequieto, come di rado mi capita vedendo un film.
E quando stai per mangiare la foglia (il video della setta sulla donna che spira, fatto vedere dai padroni di casa sul PC agli ospiti, il messaggio di Choi, il ragazzo della tipa coreana, Gina), Karin ti spiazza con l'arrivo del ragazzo che ha fatto tardi per questioni lavorative, ed ecco che ricomincia la subdola inquietudine che (ri)giunge ad attanagliarmi.
Il coyote investito all'inizio è funesto presagio (un po' come l'armadillo morto sulla strada arida di
Non aprite quella porta) così come lo schiaffo improvviso che Eden ammolla a Ben, in cucina, perché scherza sulle sue teorie già fa capire che c'è qualcosa che non va, e quando Karyn scopre le carte fa jackpot, e il film scende in picchiata con attimi di gran violenza inaspettati, battute da slasher più viscerale e una chiusa apocalittica (le lanterne rosse, colpo di genio assoluto, così suggestive e, allo stesso tempo, terrifiche) e "infettiva" che mi ha ricordato quella di
Dèmoni (il male si espande anche fuori, dove il kaos regna)
La cena che sta per degenerare (nella mente a pezzi di Will) in stile
Emanuelle e Françoise (Le sorelline), la pazzia ninfomane/violenta di Sadie (come il corpo di Jennifer) e quando fa le boccacce in camera sua, o la vede per la prima volta Will, davanti alla porta della stanza, nuda dalla cintola in giù, il drink finale "
Non bevete!", la paranoia di Will che sembra prenda il soppravvento (fantastica la sua sbroccata a fine cena), il gioco "Io voglio", i dialoghi penetranti e tesissimi.
Si odora complotto polanskiano e cinema "settario" nostrano (mi sono venuti in mente
La corta notte delle bambole di vetro,
Il profumo della signora in nero,
Tutti i colori del buio e
Mangiati vivi), e una morsa che attanaglia e non ti molla più.
Bellissimo anche il design della villa, così confortevole eppure, allo stesso tempo, così minacciosa.
Ottima la fotografia di Bobby Shore che regala tracce di cinema argentiano e davvero in palla tutti i protagonisti (menzione speciale per il taurino John Carroll Lynch).
Interessante, poi, come la Kusama "rompa" le convenzioni (la coppia gay, Will stà con una donna di colore) e imbratti di sangue perbenismo, borghesia e diplomazie.
Davvero intenso, kammerspiel da anticamera dell'inferno. E io ero lì, in quella cena, partecipe più che spettatore...
Ultima postilla, ma non meno importante, Sadie (guarda caso nome da Family Mansoniana, così come il suo personaggio che sembra uscito, appunto, da lì, nonchè nome-omen atavico dei primi furori craveniani-e non credo sia una casualità-) che seduce Will a bordo piscina: "
Puoi picchiarmi se vuoi..."
Metti, una sera a cena...
POI DAVINOTTATO IL GIORNO 3/10/16
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