Non di facile visione perché potrebbe sembrare un mattone lanciato nel vuoto senza un obiettivo preciso, quando al contrario evidenzia come sia impossibile conciliare la cultura indiana, mistico-religiosa in ogni suo aspetto, con quella dell'avere o dell'ottenere, tipica del mondo occidentale, infarcita di paranoie e autolesionismi creati a regola d'arte. Questo giovane fotografo, pur avendo idee d'avanguardia, non potrà condividere e neanche tenersi per lui quest'esperienza proprio perché tutti, nel loro malstare di fondo, vorranno solo sapere le banalità.
MEMORABILE: Il volo di ritorno; La scena d'amore con Livia; La notizia del suicidio; Il quadro nella scena finale, davvero emblematico per il film.
Un fotografo torna a Roma dai suoi vecchi amici dopo un viaggio in India. Qui cercherà di dare un senso a ciò che ha visto e alla propria esistenza. Film impegnativo sotto ogni punto di vista che si prende molto (troppo) sul serio affrontando tematiche esistenziali complesse senza convincere. La vita nella comune viene rappresentata come noiosa e in contrasto con la disperazione della popolazione povera indiana. La recitazione però è ottima ed è ciò che salva il film da risultati ben peggiori.
Film complesso, probabilmente con contenuto autobiografico, contaminato dal godardismo imperante nell'epoca di realizzazione (luogo principale della vicenda è una "comune"). Sostanzialmente tedioso, perché cerca di prendere forza da dialoghi "normali", ma troppo normali perché essi possano essere interessanti, risultando logor[ant]i troppo presto. Buon cast, con una Valeria Moriconi che dà l'ennesima prova del suo smisurato talento. Ben fotografato, ben decorato. Boccardo brava e bellissima. Orchidea, già provocante di suo, qui deve leccare un gelato, persino con la lingua dipinta di rosso...
Tormenti esistenziali per un giovane fotografo rientrato a Roma da un viaggio in India. Nell'opera di Enzo Muzii c'è indubbiamente dell'autobiografico; probabilmente anche di compiacimento non troppo supportato dal risultato finale: un bel quadro... con pochi contenuti. La straordinaria bellezza fisica degli interpreti - che riescono anche a fornire una più che lodevole performance attoriale - mal si concilia con una vicenda che in definitiva non decolla mai. Un tedioso vuoto pneumatico che non aiuta alla comprensione del messaggio filmico.
Per la maggior parte girata in interni, l'opera di Muzii può vantare una buona estetica nella composizione delle inquadrature (sin dalle prime eteree immagini aeree) e nei molti primi piani. Peccato che, nonostante la bravura degli attori, i travagli sentimentali di Giannini non arrivino allo spettatore, che dunque non si crei un'identificazione e una comprensione con il protagonista. Simpatica la parentesi metacinematografica. Faticoso, nonostante manchino quegli intellettualismi e quei dialoghi ermetici tipici di alcune pellicole del periodo.
Reduce da un viaggio di lavoro in India, un fotografo stenta a riprendere la vita di tutti i giorni a Roma, tanto scolorita e banale. Un evento tragico lo costringerà a ripensare al significato della sua esperienza in quel paese tanto diverso dal nostro... Pur veicolata dall'espressività del bravo Giannini, è davvero difficile immedesimarsi nella crisi spirituale del protagonista, per cui l'inconcludenza delle sue giornate finisce per somigliare a quella di un film ambizioso ma poco riuscito. Da salvare la fotografia e una certa cura nel comporre le inquadrature ma per il resto la noia impera.
Filtrati da mezzo secolo di storia, i tormenti esistenziali del protagonista ci giungono ormai sbiaditi e scoloriti e anche il tragico avvenimento che verso la fine sconvolge la sua vita appare scontato e prevedibile. Ridondante di stilemi del cinema sessantottino, ma senza la sua aggressività provocatoria, si riduce a un susseguirsi di inquadrature raffinate e splendidamente fotografate ma che non vanno oltre un luccicante involucro. Giannini aderisce senza convinzione al personaggio mentre risaltano per intensità la Moriconi e la Boccardo.
MEMORABILE: La parentesi sul set con Orchidea che lecca voluttuosamente un gelato di fronte a Leopoldo Trieste incatenato.
Lento, prolisso e noiosissimo film drammatico, dal finale triste ma di difficile comprensione. Musiche ossessionanti che nella prima parte del film sono ripetute di continuo. La prova del cast è buona: ci sono un giovane Giancarlo Giannini, una brava Valeria Moriconi e un cammeo di Leopoldo Trieste e Orchidea De Santis. Belle le ambientazioni e la fotografia, ma film davvero non memorabile.
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In una scena i personaggi giocano a una sorta di puzzle che consiste nell'inserire in un tabellone quadrettato dei pezzi a incastro. Vince l'ultimo che riesce a posizionare un pezzo. Come ha scoperto Kanon, si tratta di un gioco ispirato al quadrato pentomino. Come gioco da tavola ha le caratteristiche presenti nel film.