Strada senza uscita - Film (1968)

Gaetano Palmieri: chi era costui? Difficile dirlo visto che anche per il bene informato "Dizionario dei registi" di Poppi non è niente più di un nome. Di sicuro, la sua carriera registica vanta solo questo sconclusionato e sconosciuto pastrocchio sessantottino emerso anni fa per una notte dal più polveroso dei magazzini di Rete 4. Trama insensata, dialoghi da ora d'aria in una clinica psichiatrica, grado zero della regia e della recitazione. Chissà che ci facevano sul set i Gora al completo? Che il Palmieri fosse un amico di famiglia?

C'è solo una scena megagalattica, ed è quel lungo dialogo fra i due ragazzi fatto al chiar di luna, perché sembra proprio di essere su un paesaggio lunare. Per il resto direi che più mediocre di così non si può, perché va bene che ci sono molti film ermetici, di poche parole e di lunghe meditazioni nei paesaggi, ma anche se lenti sono lo stesso risultati eccellenti. Qui proprio tutto è reso male, non è esplicito e neanche simbolico; pure uno che può simpatizzare per la libertà ne resta deluso, proprio perché è inesprimente e inconcludente. Un nonfilm!

Boiata pazzesca! Film girato e montato malissimo. Il cast non è certo da buttare, ma è usato in modo pessimo: Giordana è spaesato, la Galli partecipa alla sequenza peggiore del film (l'infinito sogno del protagonista) e come se non bastasse si aggiungono dialoghi pazzeschi ed il finale è pure irrisolto.

Incredibile film di ardua descrivibilità e di folle andamento. Non esiste neppure una linea che attraversi la vicenda con un minimo di coerenza. Lo si guarda perché ci si rende conto che ciò che viene dopo potrà essere sorprendente (e ingiustificato). C'è solo l'imbarazzo della scelta: il sogno con Ida Galli, l'interrogatorio ai giovani (uno è Stelvio Rosi!), con climax finale pazzesco, fra carcere, incontro col sacerdote, flashback voyeuristico, arringhe processuali e stupefacenti immagini di repertorio del caos di Valle Giulia. Inaccettabile.

La combinazione dei piani temporali è un'arma che si ritorce contro il regista, il quale confonde macchinosamente la narrazione, già penalizzata da dialoghi insignificanti, nonostante un certo impegno nella loro scrittura. Tutti i ragionamenti del protagonista riescono solamente a tediare, tanto sono inconsistenti e fumosi. Le sporadiche sperimentazioni visive sono inutili: la scena del cencio lasciato in mare viene mostrata da un'angolazione, poi in reverse e poi integralmente da un altro punto di vista. Non bastano le doti di alcuni attori di spicco a destare un qualche interesse.

Film a conduzione familiare con Andrea Giordana affiancato da papà Claudio Gora e mamma Marina Berti. Dirige e sceneggia tale Gaetano Palmieri (pseudonimo di uno dei tre o un altro parente?). Opera sessantottina, epoca di grande libertà creativa (a volte troppa), convinta, come spesso accade, che ermetico sia sinonimo di colto. Una presunzione che innesca la ruota libera dei simbolismi contro convenzioni sociali e conformismi tramite allucinazioni lisergiche e dialoghi che a volte sembrano auto-parodie. Una contorta montagna intellettualoide che partorisce un topolino.