Un poliziotto e una giornalista sulle tracce di un inafferrabile serial killer, autonominatosi Il Giudice. Serrato poliziesco alla Fleischer per la RKO, con tanto di elegante metafora (l'inquietantissimo manichino senza volto)sull'everyman dietro cui può nascondersi il più efferato criminale. Chiaroscuri magnifici, asciuttezza hemingwayana, e più di una sequenza memorabile (tra cui una, per qanto gratuita, nell'ufficio dell'ispettore). Scritto da Anthony Mann.
Uno dei primi film incentrati sulle tecniche usate nella caccia a un serial killer, si avvale di un'estetica noir che traduce in immagini le ossessioni tanto dell'omicida quanto del poliziotto che gli dà la caccia, mentre la geniale (per quanto implausibile) trovata del manichino conferisce un sapore ancor più morboso ed ambiguo all'intreccio. Riesce a spargere delle suggestioni oniriche, pur mantenendosi asciutto e senza fronzoli. Consueto sontuoso cast tecnico che caratterizzava le produzioni a basso budget della RKO (DeGrasse, D'Agostino).
MEMORABILE: Il "manichino", ripreso di spalle mentre guarda verso la finestra, che prende vita nella stazione di polizia.
Richard Fleischer dirige un poliziesco di indubbio fascino e valore, mettendo in risalto gli strumenti e i mezzi (memorabile il manichino senza volto) investigativi della polizia. Altro fattore importante è l'anonimato in cui viene immerso il serial killer (il perfetto vicino di casa, l'uomo integerrimo), che dà alla vicenda un notevole senso d'angoscia e solitudine urbana. La sequenza finale è il fiore all'occhiello di un regista che sapeva il fatto suo.
Interessante poliziesco che vede collaborare un agente e una giornalista nella caccia di un pericoloso serial killer. Nello spazio di una sola ora di durata il film riesce a coniugare una raffinata estetica da noir con la concretezza del giallo classico. L'uso dei chiaroscuri e degli oggetti di scena (in particolare il manichino) contribuisce a creare l'atmosfera rarefatta e angosciante di una città in cui un omicida cova morbose ossessioni. L'acrofobico inseguimento finale sembra anticipare Vertigo.
Fortunatamente il tocco civettuolo della giornalista impicciona (destinata ovviamente a sedurre il poliziotto) rimane molto defilato rispetto al plot (un serial killer strozza vittime quando piove) e alla tensione da poliziesco, evitando cadute grossolane nel sentimentale e invece consentendo lo sviluppo serrato della storia, con qualche spunto interessante. Certo, l’identikit col manichino lascia perplessi, e molte piste narrative rimangono inevase (perché l’omicida si fa chiamare Giudice?). Ma si guarda con discreto piacere.
Follow me quietly sembrerebbe la conclusione della caccia al serial killer "Giudice", se non fosse per una pioggia inaspettata. Il Giudice è un serial killer da antologia, uccide sempre allo stesso modo, in certe condizioni, lascia indizi tanto è sicuro di sé e sfida la polizia (ma fa i conti senza la giornalista); è il classico uomo insospettabile, senza volto, così come il manichino inventato dal tenente. Ottimo poliziesco che unisce effetti visivi molto suggestivi ad acute riflessioni sulla società, sulla mente umana e leggerezze sentimentali.
Bel noir caratterizzato da una brevissima durata (appena sessanta minuti), da un ritmo fluido e da un andamento narrativo abbastanza prevedibile, ma forse non così tanto per l'epoca, oltre che da alcune domande inevase. L'unica bizzarìa è la trovata del manichino per l'identikit. Ad elevarlo sopra la media del semplice film di genere routinario ci pensa però la regia di Fleisher che regala due perle: una davvero notevole che è quella dell'inseguimento finale; l'altra forse più gratuita ma di sicuro effetto con il manichino nella stanza del commissario.
Serial killer d'epoca strangola sotto la pioggia. Una strana coppia di sbirro (tostissimo fuori e ossessionato dentro) + reporter bionda d'assalto si mettono in caccia. B che più B non si può: durata da double feature, cast ampiamente rivedibile, trama un po' tirata via. Ci sono tocchi interessanti, su tutti l'idea del manichino del killer, che si arricchisce di dettagli man mano che l'indagine procede e diventa quasi un alter ego dell'investigatore. Curiosa, per il tipo di film, la parte finale on location che richiama White heat.
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DiscussioneLodger • 29/05/15 14:19 Pulizia ai piani - 1563 interventi
bellissimo film. l'idea del manichino è sicuramente affascinante, però non ha senso. ha un aspetto troppo comune, non può essere un vero identikit.
poi chi è che si sostituisce al manichino nell'ufficio dell'ispettore? il vero assassino che vuole sfidare la polizia? mah...