L'ESTATE FRANCESE IN NERO
L'action movie americano, quello post moderno di Walter Hill (dai
Guerrieri della notte a
Strade di fuoco), flirtando con il cinema notturno carpenteriano (su tutti
1997: Fuga da New York) e spizzichi e bocconi di certo cinema post atomico (soprattutto italico) sulla scia dei
Guerrieri del Bronx castellariani (vedasi il combattimento notturno di alcuni ragazzini, tra lande sperdute con bidoni in fiamme e carcasse di automobili).
Tutto il post moderno ottantiano, sciorinato da Bèhart in un mix tra polar, action, thriller, western, echi Madmaxiani, cavalieridella vallesolitaria, combattimenti finali che manco nei film con Van Damme (che appare pure in un piccolo ruolo cameo a inizio carriera).
Sembrano quei film prodotti dalla Cannon e diretti da un Glickenhaus o da un Winner in pre-pensionamento, con il bello e imbattibile, il cattivone, la fanciulla da salvare, la retta via da seguire e lasciarsi alle spalle cattive compagnie, ceffi da galera, punk violenti armati di katana, discoteche alla rave party puramente ottantiane, bagliori post atomici di periferie squallide e abbandonate al degrado, arti marziali e tutti i clichè dell'action movie americano.
Il merito di Bèhat e di avere anticipato certo cinema bessoniano (
Subway arriverà di lì a poco, ma forse Bèhat aveva in mente anche
Le dernier combat)e di portare il classico "noir" francofono in territori di puro cinema di genere.
Manca il coraggio di osare, la violenza (seppur presente a dosi massiccie) e contenuta, così come il sesso (truffaldina la frase di lancio del film all'epoca: "
Violenza sulle donne!". Al contrario le donne, qui, sono tostissime).
Va detto che Bèhat non gira poi tanto male (coadiuvato dalla bellissima fotografia notturna di Jean-Francois Robin) e piazza qualche buon momento ben assestato:
la prostituta "felliniana" armata di spranga che ruzzola dalle scale; l'omossessuale lanciatore di coltelli che inchioda-letteralmente-le sue vittime al muro; la bellezza androgina e autolesionistica di Corinne Dacla (che indossa pure una tuta e casco alla
Interceptor); la tosta (e bona)Christine Boisson; la prostituta bionda in zoccolette Nathalie Courval (concupita dal padre del suo uomo); cinesine rapite e fatte schiave legate nude a letto.
Pur tenendo l'attenzione, il film scivola via molto convenzionalmente, non dicendo nulla di nuovo, tra vezzi autoriali alla Alain Corneau e scivoloni senzazionalistici da b-movie alla Albert Pyun.
Di culto assoluto e monumento istantaneo al cattivo di Bernard-Pierre Donnadieu, una via di mezzo tra Enzo Salvi e Gerard Depardieu, che non sfigurerebbe in un action filippino di Ciro Santiago.
Ottima la vhs della Gvr, che nonostante gli anni sul groppone, e ben riversata con colori vividi e nessun droupot.
Esagerato a livelli massimi il vm 18.
Uno
Strade di fuoco da banlieu, però senza rock n roll.