Il genocidio dei bosniaci raccontato in modo realistico e penetrante ma senza mai diventare troppo morboso o inutilmente esplicito. Coinvolge tutte le parti in gioco facendo capire come paura ed umiliazione siano prezzi durissimi da pagare, non solo per le vittime dirette ma anche per chi dovrebbe proteggerle. Il colpo assestato dalla Zbanic diventa così molto forte, reso inesorabile dal progredire degli eventi e dalla ottima prova degli interpreti, Djuricic e Isakovic in primis. Lo stile narrativo è quello europeo, con un ritmo e un'aderenza ai fatti gestiti in modo esemplare.
Quando le truppe serbe invadono la sua città, un'insegnante impegnata come traduttrice presso la base del contingente olandese dei caschi blu ritiene che sia un luogo sicuro per la sua famiglia e le centinaia di bosniaci mussulmani rifugiati al suo interno... Il racconto di quel che accadde a Srebrenica, visto attraverso lo sguardo di una donna che vede franare tutte le sue certezze, è in grado di trasmettere pienamente l'angoscia, la rabbia, il raccapriccio di una strage resa possibile all'impotenza dell'ONU favorita da un colpevole disinteresse. Film bello, doloroso, necessario.
MEMORABILE: Le convulse trattative per inserire marito e figli nella lista; La stanza del riconoscimento dei resti.
Di fronte a fatti così drammatici è difficile valutare la forma della narrazione indipendentemente da quei terribili contenuti, il cui peso è così vicino nel tempo e difficile da metabolizzare. La regista riesce in questa dolorosa impresa di ricostruzione del massacro di Srebrenica senza indugiare nei particolari più atroci ma affidandosi al calvario di Aida, nello sforzo terribile e vano di mettere al riparo marito e figli dalla furia del "macellaio serbo" e dalla forzosa impotenza del contingente ONU. Una bravissima Djuricic dà corpo e anima a una figura coraggiosa e tragica.
MEMORABILE: Le false rassicurazioni di Ratko Mladi?; Il destino degli uomini; La lista di Aida; Il riconoscimento dei resti.
La Zbanic rievoca il genocidio di Srebrenica adottando il punto di vista di un'insegnante e interprete, che farà tutto il possibile per proteggere suo marito e i suoi due figli dall'esercito serbo. Dopo quasi trent'anni dal massacro giunge il primo film tratto dalla sconvolgente vicenda: dramma durissimo, che senza mai scadere nel gratuito dipinge con desolante spontaneità la disperazione dei civili coinvolti, vittime e superstiti, così come la mancanza di organizzazione dei Caschi blu olandesi che avrebbero avuto il compito di difenderli. Intensissima performance di Jasna Djuricic.
MEMORABILE: Il sadismo compiaciuto dei militari serbi; La separazione di donne e uomini; "A vedere un film"; Gli scheletri delle vittime finalmente identificati.
Bosniaca interprete per l’Onu cerca di proteggere i familiari dai serbi. Il massacro di Srebrenica è spiegato nella sua evoluzione dei fatti raggiungendo solo nel finale un vero climax di pathos emotivo. Regia piatta che narra l’attendismo Onu, le mancate promesse serbe e i civili che si avviano verso un tragico destino. Analogie col nazismo (tra cui la lista, i nascondigli, lo stanzone come la camera a gas) col mitra al posto del veleno. Chiusura piuttosto dura e penosa considerazione sui crimini che non tutti hanno pagato.
MEMORABILE: La folla fuori dai cancelli; Portati via col bus; Nello stanzone con le mani in testa; Le ossa sui lenzuoli.
Nel cuore dell'Europa (ricorda qualcosa ?) e in pieni anni 90, un ignobile eccidio perpetrato da un criminale sanguinario su popolazioni civili inermi. Questo racconta "Quo Vadis, Aida?", in cui la vicenda è vista dalla una prospettiva familiare di una coraggiosa interprete bosniaca. La violenza è poco mostrata, ma è giusto dietro l'angolo e se ne avverte l'impatto devastante. La regista non personalizza più di tanto e fa bene. L'intensità dell'interprete principale dice già tutto. Un film bello e doloroso.
Jasmila Zbanic non fa mai film banali o semplici da metabolizzare. Non fa eccezione quest'ultima opera, che racconta con estrema lucidità uno dei crimini più orrendi che siano stati perpetrati in Europa ai danni di esseri umani. Non poteva che essere una donna la protagonista di un film che non ha paura di mostrare l'orrore della guerra e allo stesso tempo l'assenza di una vera e propria giustizia nei confronti di chi ha perpetrato tanto dolore. Ci sono scene e immagini che rimangono scolpite nella mente dello spettatore e che obbligano a una riflessione sulla (dis)umanità.
MEMORABILE: Tutti a "vedere il cinema"; Il riconoscimento; Il saggio di fine anno.
Opera sentita, pesata, sofferta, come altro non poteva essere per una "fiction" che (finalmente) si poneva l'obiettivo di raccontare il massacro di Srebenica a quasi vent'anni dal suo brutale accadere. Il punto di vista della Zbanic dà conto dell'angoscia ineluttabile degli eventi per i troppi che persero la vita, della protervia barbarica dei miliziani di Mladic come dell'inanità di caschi blu lasciati soli a gestire una situazione incendiaria sfumando la violenza materiale fuoricampo, facendola sedimentare nella furia smaniosa prima e nella dolorosa ottusità dopo di Aida/Djuricic.
Un film che serve a rimettere sotto i riflettori una storia ancora non completamente chiarita (il ruolo del contingente olandese dei Caschi Blu) o accettata (il "punto di vista" serbo, Mladich), accaduta solamente qualche decina di anni fa a qualche centinaia di chilometri da noi. La regia è schietta e diretta, l'interpretazione della protagonista eccezionale, la disperazione che cresce col passare dei minuti ne è la prova. Non si scade mai nel patetico e il finale, per quanto duro, dà un punto di vista quasi ottimista. Da vedere e poi rileggere la storia del massacro di Srebrenica.
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CuriositàDaniela • 22/02/22 12:05 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Primo film incentrato direttamente sul massacro di Srebrenica, avvenuto nel luglio 1995 ad opera delle truppe serbe al comando del generale Ratko Mladic durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina, nonostante la città fosse stata dichiarata zona protetta dall'ONU e si trovasse sotto la tutela di un contingente olandese dei caschi blu. La strage ebbe il carattere di una "pulizia etnica" e le vittime furono oltre 8.000 maschi bosniaci mussulmani dai 12 ai 77 anni.