Un film in bilico tra il dramma e la commedia. Gino Cervi (Paolo) è un rappresentante di dolciumi che incontra Adriana Benetti (Maria) in treno e, impietosito dalla sua situazione (Maria è incinta), l'accompagna dai genitori fingendosi suo marito. Una pellicola davvero piacevole con elementi umoristici che si sposano benissimo con la trama fondamentalmente "seriosa" (Giacinto Molteni, il nonno, è davvero spassoso). Esaltazione della vita campagnola e semplice (tipico di un certo cinema italiano dell'epoca). Cervi impeccabile come perfetto gentiluomo. Da vedere!
MEMORABILE: Il nonno gioca a dama coi cioccolatini di Paolo mangiandoli sul serio quando tocca a lui!
Commesso viaggiatore, infelicemente sposato, accetta di accompagnare una ragazza incinta dai suoi genitori, facendosi passare per il marito, per evitarle il rischio di essere cacciata da casa. Girato in piena guerra, questo film delicato - ben diverso dalle precedenti regie di Blasetti - è considerato uno di quelli che anticiparono il neorealismo. Il tono è lieve e la rappresentazione della vita campagnola idilliaca, ma affiora una vena malinconica, il rimpianto per le occasioni perdute. Buon cast con ottimi comprimari. Questi i remakes: 1 e 2.
MEMORABILE: La preparazione della colazione in città, con il latte che trabocca dal pentolino.
Un gran bel film. Scritto -tra gli altri- da Cesare Zavattini, non indulge più di tanto nel solito buonismo e si affida ad una solida narrazione; Gino Cervi è bravissimo, ma tutto il cast merita un applauso ideale, da Carlo Romano (l'autista neo-papà) a Giacinto Molteni (il nonno mangia-cioccolatini, senza dubbio il personaggio più divertente). Mi ha convinto anche il finale, aperto e per nulla scontato nonostante tutto.
Un buon uomo si presta a fingersi marito di una ragazza madre di fronte alla famiglia di lei: parabola laica o favola moderna, che ha il volto simbolico di un Cervi sempre sospeso nel dubbio, che sembra sempre rilanciare allo spettatore la domanda “che avresti fatto tu?”. La storia miscela bene spunti umoristici (l’autista del bus che diventa padre; il nonno interpretato dall’eccellente Molteni) e drammatici, retorica sociale (l’opposizione città-campagna) e intento edificante (la morale finale), tutti efficacemente orchestrati da Blasetti.
Gradevolissimo film girato in pieno conflitto. Grandissima prova di Gino Cervi, che sa toccare tutti i registri, ma che è quasi insuperabile quando deve miscelarne due, l'imbarazzato ed il burbero. Tutti il cast tiene perfettamente botta, a partire dall'eterea Benetti (l'indimenticabile Teresa Venerdì). Finale in ambiente agreste con chiusura dolcissima, forse un poco ipocrita, ma era difficile fare di meglio. Impolverato, ma spolverabilissimo.
La recitazione e l'essere quasi esclusivamente ripreso in interno dà l'impressione di trovarsi a teatro, più che al cospetto di un prodotto di celluloide. Ognuno recita bene la sua parte, compresa la sempliciotta campagnola sedotta, ingravidata e abbandonata. Certo, le sue espressioni sono due, triste e quasi piangente; ci sarà poi anche un sorriso, giusto uno, ma vista la situazione, aveva ben poco da stare allegra. Ormai inevitabilmente datato, sia come scambi verbali che come vecchie e si spera, superate regole ferree sull'onorabilità della casa, mantiene comunque un suo indiscusso fascino.
MEMORABILE: Gli scambi tra il protagonista (Cervi) e il padre combattuto tra l'amore per la figlia e l'obbligo di rispettare le regole imposte dall'onore.
Sebbene gli argomenti siano tutt'altro che leggeri, predominano i toni da commedia, verso cui tendono sia il narrato, ricco di vivaci scenette quotidiane, sia le interpretazioni di Cervi - burbero dal cuore tenero come il suo futuro on. Peppone - e dei caratteristi Viarisio, Molteni e Romano. Si avverte forte ma senza sdolcinatezze il senso di pietas di Blasetti e del soggettista Zavattini per gli animi semplici e buoni, asse portante del neorealismo insieme alle accurate descrizioni d'ambiente - città, campagna, treno - e di un contesto societario conflittuale.
MEMORABILE: L'autista dell'autobus (Romano), che guida a tutto sprint dopo aver appreso di essere diventato padre; il discorso di Cervi a Silvani.
Per distacco il miglior film italiano anteguerra e uno dei migliori in assoluto, dal linguaggio moderno ancora oggi dopo quasi ottant’anni. Gino Cervi eccezionale ha modo di mettere a punto gli sbuffi e le espressioni contrariate tipiche del Peppone nazionale, ma la sorpresa è la Benetti, praticamente all’esordio ma dalla presenza scenica di una veterana. Molto riconoscibile il tocco dell’irraggiungibile “Za”, autore di drammi intensi ma sempre con un barlume di speranza sullo sfondo.
MEMORABILE: Tutta la parte con “nonno” Molteni, grazie al quale anche la seconda parte, leggermente stiracchiata, acquista respiro.
Commedia dolce come i gianduiotti del campionario e amara per i tormenti della gestante. Tutto lineare, solo il titolo paradisiaco si capisce poco, anche perché la boccata d'aria che Paolo si gode per sfuggire alla routine - un Gino Cervi di gran classe - dura un'oretta scarsa. I film di Blasetti ticchettano come orologi svizzeri e anche questo, girato a metà carriera, cammina bene. Zavattini non abbandona alcun personaggio, anche quelli di contorno: l'autista novello papà, il nonno crapulone. Angelicata, fin troppo, la Benetti.
MEMORABILE: La partita a dama con i cioccolattini, col nonno che vuol golosamente mangiare le pedine.
Non pare neanche un film degli anni di guerra, così poetico e delicato nel trattare un tema allora tabù. Invece Blasetti, accompagnato dalle musiche di Alessandro Cicognini, lo fa con tatto e si affida al faccione di Gino Cervi che qui tempera i suoi bollori salvo poi sfornare un piccolo monologo da capogiro. Cast costruito davvero bene, con volti noti e meno noti nel quale spicca con una prova magistrale Aldo Silvani.
Coadiuvato da Zavattini e da un grandissimo cast, Blasetti dirige con delicatezza e precisione un racconto bucolico ed esistenziale, tra sfaldamento dei valori rurali e latenti critiche al conformismo fascista/borghese. Oltre al preliminare contrasto tra città e campagna e il conseguente disfacimento delle consuetudini familiari, anticipa anche alcune battaglie sull'emancipazione femminile che saranno successive. Una commedia preziosa - tra scacchiere, gravidanze e cioccolatini - testimone di una voglia sincera d'intenti in un periodo considerato povero per il nostro cinema.
MEMORABILE: Il nonno che gioca a scacchi da solo; La messa in moto della corriera; Cervi che beve il latte dopo una notte passata all'adiaccio.
Con il neorealismo cui è stato accostato c'entra ben poco, però il film di Blasetti racconta un'Italia diversa da quella che il regime propagandava. Si parla infatti di una ragazza madre e di un commesso viaggiatore il cui coraggio supera quello di molti maschi "per bene". Uno dei film più significativi in un'Italia che stava precipitando nella fase più dura della guerra ma che continuava a produrre buon cinema.
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Zender, il titolo che compare nei titoli di testa è 4 passi fra le nuvole (con il numero): forse andrebbe messo questo come titolo principale, e gli altri come “aka”...?
DiscussioneZender • 21/04/12 12:41 Capo scrivano - 48336 interventi
No, in realtà è una scelta di base: i titoli con il numero vanno sempre tradotti in lettere (salvo casi rarissimi), per una questione di ricerca quando tocca fare i link. Mettiamo comunque sempre il numero tra gli aka. Devono sempre esser presenti entrambi per esser certi che si trovino in entrambi i casi.