Non è mia figlia - Film (2018)

Kate (Busby) e Joseph (Prescott) non riescono ad avere figli e per lui sta diventando un’ossessione. Adozione? “Niente in contrario, solo che non è così che immaginavamo di creare la nostra famiglia”. Come risolvere allora il problema? Guarda un po’… Kate quando aveva sedici anni una figlia l’aveva avuta, anche se si era trovata costretta a lasciarla per la troppo giovane età… E se provassimo a ricontattarla? suggerisce Joseph. Dopo tanti anni?

Il fidanzato di Melissa (Griswold), la migliore amica di Kate, è “una specie di nerd” e riesce a scovarla, la misteriosa Danica Tyrell: sta in una casa famiglia e Kate...Leggi tutto prova a scriverle. A ricevere il messaggio non è però la vera figlia (Pond) ma la di lei coinquilina Samantha (Sweeney), una mezza psicopatica cacciata da tutte le famiglie dov’è stata. Ha rubato il pc portatile di Danica per altri motivi ed è lei a ricevere il messaggio di Kate sull’account social della coinquilina. Perché non fingersi Danica, pensa Samantha, accettare l’invito e raggiungere la donna per comporre una bella famiglia? Tanto più che Kate è ricca, bella, professionalmente realizzata (in quei giorni sta finalmente riuscendo ad aprirsi un suo ristorante)… Le si presenta come Danica ed è naturalmente amore a prima vista.

Tutti felici insomma, ma quando Melissa sembra attrarre troppo le attenzioni di Kate, ecco che Samantha comincia a rivelare le tipiche paranoie comunissime in questi thriller televisivi di fine Anni Dieci. Fatica a dominare l’irritazione, fa di tutto perché Kate e Melissa litighino ma non è facile… Il film insomma procede mostrando da una parte le difficoltà di Samantha nel nascondere la sua vera natura, dall’altra i suoi piani per annientare tutti coloro che tentano di far luce sul suo equivoco passato (il fidanzato di Melissa) o che si avvicinano troppo a Kate, per la quale ovviamente stravede.

Niente di nuovo per il genere, con una Sydney Sweeney sulla cui figura diabolica si concentrano le attenzioni di chi guarda. Perché Cindy Busby, nel ruolo della madre tutto cuore, risulta per forza di cose meno interessante. E non parliamo di Jon Prescott, il marito, la cui marginalità è sancita con chiarezza da una formula che mette regolarmente al centro le donne: lo sono la madre, la figlia vera e quella fasulla, l’amica nonché collega di lavoro, la direttrice della casa famiglia… Tutto ruota intorno a loro, con i maschi a osservare o a dimostrare il più delle volte scarsa lungimiranza (nella migliore delle ipotesi), capaci solo di prendere le decisioni sbagliate.

La sceneggiatura tuttavia presenta non poche incongruenze e buchi, tirata via per lasciar spazio soprattutto all’azione e alle macchinazioni di Samantha prima di un finale che si vorrebbe altamente drammatico e che nel suo piccolo lo è anche; ma la realizzazione è davvero poca cosa e, per quanto il film non sia poi così tanto peggio della maggioranza di quelli simili, si dimentica per la scarsissima originalità e gli sviluppi banali. Ci si consola con una recitazione decente, al solito, ben resa dal nostro doppiaggio.

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